Le sigarette del manager




Recensione di Salvatore Argiolas


Autore: Bruno Morchio

Editore: Garzanti

Genere: Noir

Pagine: 204

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Un ingegnere che non è ingegnere, un manager che non è manager: chi è in realtà Oreste Mari, l’uomo sulle cui tracce si muove Bacci Pagano, inseguendo un vago odore di fumo e spinto da un’ossessione che lo induce a indagare senza la garanzia d’essere pagato? In una primavera piovosa, otto mesi dopo il crollo del ponte Morandi, il detective dei carruggi ripercorre avanti e indietro la valle del Polcevera e ne osserva le ferite, la bellezza e i gusci fossili d’un illustre passato che non c’è più. Nelle strade di quella periferia irriconoscibile sembra cercare il senso di quanto è accaduto negli ultimi trent’anni e l’uomo che sta cercando potrebbe forse fornire qualche risposta alle domande che lo assillano: Oreste Mari è nato in una famiglia operaia, ha rinnegato le sue origini facendo proprio il mito dei soldi facili degli anni Ottanta e ha finito per mettere la propria genialità al servizio della speculazione finanziaria e della criminalità. Distruttore e saccheggiatore di destini, lo definisce Bacci, che però intravvede il legame profondo che lo lega alla valle e alla sua gente, una sorta di anticorpo che potrebbe forse salvargli l’anima. E mentre si dibatte nel dilemma se associare o meno all’agenzia investigativa il fidanzato della figlia Aglaja, Bacci troverà nel luogo più disastrato della valle, la diga del quartiere Diamante, un nuovo amore di nome Giulia, maestra elementare che ha l’aspetto e i modi d’una guerrigliera coraggiosa. Con Le sigarette del manager Bruno Morchio dà voce a uno dei luoghi più tormentati della sua terra, a una generazione ferita ma orgogliosa, che non si rassegna a guardare indietro e non si abbandona alla nostalgia, convinta che della scomparsa del passato ci si può consolare, ma dalla sparizione del futuro non ci si riprende più.

Recensione


Il giallo italiano è stato caratterizzato sin dalla nascita dalla ricerca della specificità locale e diversamente dai gialli classici all’inglese ambientati in ville sperdute, in dimore avite o in manieri, ha avuto come scenari privilegiati località ben conosciute e peculiari, come del resto accade anche oggi dove i più rinomati giallisti italiani prediligono ambientazioni ben riconoscibili e automaticamente esplicative.

Bacci Pagano, detective privato creato da Bruno Morchio non è perciò un’eccezione nell’ambito della produzione giallistica nostrana.

Anche se le sue inchieste l’hanno portato in giro per il mondo Bacci Pagano è profondamente e irrimediabilmente genovese e in questa sua ultima avventura “Le sigarette del manager” è ancora più ancorato alla “Superba” e in particolare alla Val Polcevera ferita dal crollo del ponte Morandi.

In questo suo noir Bruno Morchio compie un’attenta cartografia sia dell’ambiente geografico che della situazione sociale e politica contemporanea.

L’indagine nasce dalla scomparsa di un manager informatico che lascia la famiglia e l’azienda per sparire nel nulla. La moglie preoccupata si rivolge a Bacci Pagano per ritrovarlo e che in questa ricerca perlustra la Val Polcevera, luogo di origine di Oreste Mari, l’imprenditore scomparso, scoprendo che la sua attività ha favorito la criminalità organizzata e anche il declino economico della valle.

Bacci vuole capire la personalità ambigua dello scomparso ma in questa ricerca si trova a conoscere meglio la valle che “per oltre un secolo è stata un distretto industriale di prim’ordine; le fabbriche si contavano a decine e i suoi operai hanno costituito una spina dorsale dell’identità della città.” e dove “non c’è stata alcuna gentrificazione, non sono arrivati gli architetti a rimodellare l’archeologia industriale per trasformarla in qualcos’altro.”

In questo suo caso viene affiancato da un personaggio molto riuscito, suo genero Essam, bravissimo chef di origini nubiane che ha il sogno di diventare investigatore privato come Bacci.

Sono tanti i temi toccati da Morchio nell’indagine del suo detective, dalla grande speculazione favorita dagli algoritmi informatici, al declino industriale e artigiano dell’hinterland genovese, alle amare riflessioni su una “generazione che ha fallito, una combriccola di pasticcioni che voleva fare la rivoluzione e ha lasciato in eredità ai figli sull’orlo del collasso”.

E’ Genova la vera protagonista di questo noir intrigante, Genova che “dopo le Colombiane del ’92 si è decisa a cambiare stile di vita e look, dopo essersi risvegliata dai fasti della modernità industriale con l’angoscia di sprofondare in un’irresistibile agonia segnata da spopolamento, senescenza e dilagante disoccupazione. Nel tentativo, in parte riuscito di attrarre visitatori dall’Italia e dal mondo e sviluppare nuove attività commerciali, la città che ha sempre nascosto le proprie bellezze, quasi gelosa che qualcuno le violasse, ha provato a inventarsi un’inedita e imprevedibile vocazione turistica.”

Bacci però non idealizza il passato ma scruta il futuro con disillusione ma con voglia di cambiarlo: “Sono giorni che percorro questa valle in lungo e in largo, e mi sto stufando di incontrare maldestri cultori della nostalgia che rimpiangono il tempo in cui si moriva di asbestosi e tumori polmonari. E’ vero, c’era il popolo, la classe operaia che riempiva le fabbriche e le piazze, consapevole dei propri diritti e determinata a farli valere. Ma ormai non c’è più, e dobbiamo farcene una ragione.”

In definitiva il romanzo è anche un’accorata lettera d’amore per la città ligure e affascina anche chi, come me, non l’ha ancora visitata, fornendone un’immagine allo stesso tempo nitida e profetica, visti anche i problemi di stretta attualità.

Il titolo ricorda uno dei migliori gialli di Manuel Vázquez Montalbán  “La solitudine del manager” e già nelle prime pagine viene citato un altro libro con Pepe Carvalho” I mari del sud” che è un’altra perla nella bibliografia dello scrittore catalano.

I romanzi di Montalbán raccontano la transizione tra franchismo e democrazia e la storia recente della Spagna come e meglio di un saggio e lo stesso accade con i libri di Morchio con la sostanziale differenza in questi ultimi ci si diverte molto di più.

Bruno Morchio


Laureato in Lettere, psicologo e psicoterapeuta. Ha pubblicato articoli su riviste di letteratura, psicologia e psicoanalisi ed è autore di numerosi romanzi (definiti di genere «noir mediterraneo»), che hanno due protagonisti: l’investigatore privato Bacci Pagano (il «detective dei carruggi») e Genova, l’amata città d’origine di Morchio. Tra gli scritti apparsi in edizione Garzanti ricordiamo: Con la morte non si tratta (2006), Le cose che non ti ho detto (2007), Rossoamaro (2008), Colpi di coda (2010), Il profumo delle bugie (2012, finalista del Premio Bancarella 2013), Lo spaventapasseri (2013, con il quale vince il Premio Lomellina in Giallo del 2014), Un conto aperto con la morte (2014), Il profumo delle bugie (2015), Fragili verità. Il ritorno di Bacci Pagano (2016), Con la morte non si tratta (2018), Uno sporco lavoro (2018) e Le sigarette del manager (2019). Del 2014 è anche I semi del male (Rizzoli), raccolta di cinque racconti a cura dello stesso Morchio, di Carlo Bonini, Sandrone Dazieri, Giancarlo De Cataldo, Marcello Fois ed Enrico Pandiani. Nel 2015 è uscito, sempre per Rizzoli, Il testamento del Greco, e nel 2017 il noir Un piede in due scarpe.

 

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