Recensione di Sara Pisaneschi
Autore: Paola Cereda
Editore: Perrone
Genere: Narrativa
Pagine: 210
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Fosco è un paese arroccato su uno scoglio a picco sul mare. Per arrivare alla spiaggia, bisogna avventurarsi lungo una scala di legno e pietra che nessuno si è mai preso la briga di aggiustare. Perché il mare è maledetto e gli abitanti non lo possono avvicinare. La Calabria di Fosco è una terra aspra dove il tempo scorre lento, dove tutti corrispondono ai propri ruoli e ai propri cognomi e, fin dalla nascita, hanno il loro posto nel mondo. Le regole, dettate dalla malavita locale, sono legge per coloro che lì nascono. Per tutti, ma non per Irene.
Recensione
Se c’è abbondanza in questo libro, non si tratta solo di tre notti. Ce n’è di amore, di tenerezza, di rabbia, di paura, di ferocia, di ingiustizia e di speranza. Di forza soprattutto. La forza di riuscire a ricominciare da capo, di reinventarsi e reinventare, di lasciarsi il brutto alle spalle e di rialzare la testa e andare avanti, malgrado tutto.
Irene Rusco, quindici anni in un corpo già da donna, non è molto portata per lo studio, preferisce lavorare nella pizzeria del padre e disegnare nel suo quaderno arancione. Disegna la vita come la vede, e questo non coincide quasi mai con quello che è veramente. Dai genitori è considerata strana, come fosse nata storta, perché a Fosco nessuno sogna, tutti sono nati con il loro cognome e hanno il loro destino già segnato.
Non c’è posto per i se e per i ma. Tutti hanno un’unica strada da seguire, altre non sono possibili, come quella scala impraticabile e pericolosa che priva gli abitanti di Fosco del mare, come fosse presagio di grande sventura. Irene non conosce niente del mondo fino a quando non arriva Rocco e le fa scoprire cosa è l’amore, la gentilezza e la dedizione. In un paese in cui tutto è appeso al giudizio di zi’Totonnu, è lui che da il ritmo alle giornate, è lui che decide la vita e la morte, le tradizioni, cosa è o non è importante, Rocco e Irene sono gli unici raggi di sole.
Ed è proprio durante uno dei loro incontri che vengono a sapere dei loschi affari di Totonnu e degli gnuri del paese: è stata rapita una donna incinta, la prena, e deve essere tenuta nascosta fino al momento del riscatto. Sono i Lorida, famiglia importante e concorrente di zi’ Totonnu nel paese vicino, che l’hanno rapita e tengono quest’ultimo in scacco pretendendo da lui una sorta di aiuto. Che fare? Il Capo stesso non lo sa e si chiude in casa per prendere una decisione mentre il resto del paese senza di lui non sa neanche cosa pensare o muoversi.
Una decisione viene presa, alla fine, ed è quella di andare tutti insieme in montagna ad ammazzare il maiale e a festeggiare le tre notti dell’abbondanza come è consuetudine alla fine dell’anno. Solo che è estate. Il periodo è sbagliato, il paesaggio è sbagliato, senza freddo e senza neve, il maiale non è ancora pronto. Tutti sono sconcertati, nessuno dice niente. Lo ha deciso zi’ Totonnu e così deve essere. Sono questi i tre giorni che cambieranno tutto, spezzando i sogni di Irene e cambiando le carte in tavola per ogni singolo abitante di Fosco. La vita si mescola con la morte, lo gioia con la disperazione, il futuro con il passato.
Un libro, questo, molto potente e delicato insieme. Paola Cereda riesce a dare spazio a tanti personaggi contemporaneamente senza tralasciarne neanche uno. Sono tutti tratteggiati in modo impeccabile e preciso, dalla più piccola imperfezione fisica alla più grande nota caratteriale. Non sono solo Irene e Rocco i grandi protagonisti. Irene che, nonostante tutto, non perde mai la fantasia e la voglia di vivere. Ci sono Lorenza e Lino, dalla forza quasi sovrumana di affermare se stessi. Ci sono Gianna, Nuzza e Sebastiano persi nelle loro debolezze e affanni. Ci sono zi’ Totonnu, Bruna, Rosario, Giovanna e Marcello. Tutti con la loro storia da raccontare, tutti in qualche modo degni di nota.
“Le tre notti dell’abbondanza” ci lascia un grande insegnamento, secondo me. Cambiare si può, si deve. Soprattutto se scopriamo che qualcosa non va, se sentiamo le nostre ali tarpate da qualcuno che non siamo noi. Perché proprio sotto il nostro naso c’è un mare immenso da scoprire che vale la pena affrontare.
Paola Cereda
Nata e cresciuta in Brianza, si è laureata in Psicologia a Torino con una tesi sull’umorismo ebraico. Si è specializzata in diritti umani e cooperazione internazionale, in particolare in progetti artistici e teatrali nel sociale. Ha viaggiato e lavorato in molti paesi del mondo. Attualmente vive a Torino e collabora con ASAI, Associazione di Animazione Interculturale, dove si occupa di progetti artistici con minori italiani e stranieri. Cura la regia e la drammaturgia della compagnia teatrale integrata assaiASAI, nella quale recitano ragazzi di età, provenienze e abilità differenti.
Vincitrice di numerosi concorsi letterari, è stata finalista al Premio Calvino 2009 con il romanzo Della vita di Alfredo (Bellavite). Le tre notti dell’abbondanza era stato pubblicato già nel 2015 per Piemme.
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