Libera uscita




Recensione di Elvio Mac


Autore: Debora Omassi

Editore: Rizzoli

Genere: Narrativa

Pagine: 320

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Barbara vorrebbe guardarsi allo specchio e riconoscersi. Mentre cerca di pagare l’affitto con qualche servizio fotografico e prova a esercitare il suo fascino, non smette di domandarsi: “Chi sono? Cosa vede la gente in me?”. Perché lei, ventiquattro anni, in quel corpo magnetico di cui si serve come fosse una bacchetta magica dal potere sconosciuto, non ci si sente. O meglio: Barbara, in quel corpo, si sente un ragazzo. Nell’esercito vede l’occasione per riscoprirsi e andare altrove, lontana, spingersi oltre ogni limite per ritrovarsi e nascondersi sotto una divisa. Ma una volta dentro, tornare indietro sembra impossibile: allenamenti estenuanti, lenzuola ripiegate al millimetro, caporali senza scrupoli. Non bastano Luna, la minuta ragazzina con la forza di un leone e fedele alleata, e Salvatore, il suo punto di riferimento tra quelle mura grigie, ad alleviare il ricordo della famiglia e del fidanzato di una vita che la aspetta a casa. E così, dentro e fuori si mischiano in un caos, e Barbara comprende la portata di quella sfida solo quando ormai ha messo in gioco tutta se stessa. Il soldato Barbara ha giurato, ma si troverà di fronte a un’altra scelta: rimanere o andarsene? Debora Omassi con una scrittura che arriva diretta al cuore, cruda ma traboccante della freschezza di una giovane autrice, senza lasciare spazio all’immaginazione ci mette a parte di un mondo impenetrabile, attraverso gli occhi di una ragazza che prova e riprova in cerca della propria strada. In fondo, solo sbagliando possiamo capire chi siamo, e iniziare a vivere.

Recensione

‘Libera uscita’ è un romanzo di ispirazione autobiografica, dove la crisi di identità di Barbara, la spingerà a prendere una decisione drastica. Lasciare il lavoro e la vita condotta fino a quel momento per tentare una strada diversa nell’Esercito Italiano. Forse dentro una divisa non sarà né un uomo né una donna, ma solo un soldato.

E’ stato piacevole scoprire che la protagonista non trova opposizione negli affetti famigliari, anzi la sostengono e la aiutano, compreso il suo fidanzato. Questo è un bel modo per un giovane di provare le esperienze decise, peccato che nella realtà sia raro trovare pieno appoggio.

L’ambiente considerato come esaltazione maschile per eccellenza, sembra essere il posto migliore per Barbara e per il suo sentirsi in prevalenza maschio. E’ così stranita, che arriva a credere di essere malata, tanto che cerca informazioni su Google; quello che trova è una definizione del suo malessere: il disturbo dell’identità di genere: una condizione in cui una persona ha una forte e persistente identificazione nel sesso opposto a quello biologico.

Barbara inizia a credere di poter trovare in un luogo dove tutto è ordinato e regolato, la sua dimensione e le risposte alle sue domande. Una divisa forse può cambiare una persona, il suo modo di pensare e di agire, per regalarsi una vera identità.

Quello che si nota percorrendo le pagine del romanzo, è che sicuramente la divisa esercita il suo effetto, ma il risultato non è lusinghiero, perché proprio da chi ci si aspetta rettitudine ed esempio, ovvero da chi ha i gradi sulle spalline, arrivano solo ordini irragionevoli.

Sembra che il servizio militare debba essere svolto da chi è approntato a subire, lo stato d’animo è avvilente, si prova vergogna e disagio, si viene sgridati indipendentemente dalla buona riuscita del gesto che si compie, è uno sminuire ininterrotto della persona.

Eppure durante la storia, sembra che chiunque urli ordini, sia convinto di essere nel giusto, non creda di poter sbagliare, non metta mai in dubbio il proprio lavoro. Spesso l’esibizione della supponenza nasconde insicurezze ancora più grandi. Queste persone recitano una parte o sono davvero così? Sarebbe interessante poter conoscere questi personaggi al di fuori dell’ambito lavorativo e magari scoprire che indossano un’altra divisa, quella della comprensione e del senso di un’umanità ritrovata.

L’ambiente militare ne esce con le ossa rotte, è un posto dove l’imposizione parziale e personale, assume contorni grotteschi, le richieste sono sfide meschine per scopi banali. Ancora oggi, a distanza di molti anni, ho ritrovato le assurdità che ho vissuto durante il mio anno di leva, i gesti, le marce infinite, gli orari punitivi, i piantoni, i sottoufficiali frustrati, le adunate, i gruppi non eterogenei che si formavano a seconda delle regioni di provenienza, atmosfere surreali.

Siccome l’autrice ha effettivamente svolto l’addestramento RAV nel 2017, parla con cognizione di causa, riportando situazioni vissute e lasciando il lettore interdetto di fronte a compiti farsa.

Il racconto è alternato in tre tempi, prima durante e dopo l’arruolamento, per comprendere appieno i vari stati d’animo di Barbara Gasser. Il rimpianto per quello che si è lasciato, le difficoltà dell’addestramento e infine la consapevolezza di quello che è stato fatto.

La caserma è un microcosmo, anche l’aria che si respira sembra diversa, è un luogo di solitudine e di scoperte, molte infelici, alcune bellissime, come le amicizie che sbocciano con i camerati di pari grado, con i quali ogni gesto di affetto è percepito in maniera amplificata.

Barbara ad un certo punto si chiede: ”Ma cosa ho imparato, esattamente?

Che per quanto possa cambiare lavoro, metodo, modello, è sempre la stessa continua ricerca? Che una mimetica è fatta di cotone e un solo sguardo cattivo la può lacerare?”

La risposta mi arriva direttamente da Debora Omassi, che è stata molto gentile ed ha chiarito come i due periodi vissuti da Barbara, tra anfibi e rossetto, le giornate tra set fotografici prima e in caserma dopo, sono state il viatico per imparare ad accettarsi cosi com’è.

Indipendentemente dal suo grado d’identità, più vicino al maschile che al femminile, la vittoria più grande, non è stata tanto cambiare, ma accettarsi totalmente. Si dice infatti che quando lottiamo contro una barriera, non riusciamo a indebolirla, al contrario la rendiamo più forte.

A cura di Elvio Mac

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Debora Omassi


É nata a Brescia nel 1993. Vive a Milano, dove lavora come libraia. Ha esordito nel 2015 sulla rivista «Nuovi Argomenti» e ha pubblicato la raccolta di racconti Fuori si gela (2016). Questo è il suo primo romanzo.

 

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