Recensione di Sara Pisaneschi
Autore: Emma Donoghue
Traduzione: Maria Baiocchi e Anna Tagliavini
Editore: SEM
Genere: Narrativa
Pagine: 315
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Dublino, 1918. In una città devastata dalla guerra e dalla pandemia, l’infermiera Julia Power gestisce, da sola, un minuscolo reparto di ospedale dove sono ricoverate donne incinte e in quarantena, affette dai sintomi dell’influenza spagnola. L’arrivo di un’aiutante, una giovane orfana che non conosce nemmeno la propria età, e di una dottoressa ricercata dalla polizia per la sua attività nel movimento indipendentista irlandese – un personaggio che si ispira all’omonima attivista Kathleen Lynn – cambierà completamente la vita di Julia. Nell’arco di tre giorni e nello spazio angusto e claustrofobico del piccolo reparto d’ospedale, le tre donne vedono morire molte delle loro pazienti, uccise dal virus, terribile e sconosciuto, ma allo stesso tempo lottano per far nascere – in un mondo che spaventa – nuove vite. Con una dolcezza costante e una grandissima umanità, dottoresse, infermiere e madri instaurano un rapporto di affetto e solidarietà che rappresenta una luce nell’oscurità della sofferenza, aggravata dalla condizione della donna e dall’irrilevanza del corpo femminile. Straziante e incoraggiante, ambientato in una dimensione temporale al tempo stesso breve e lunghissima, “L’influenza delle stelle” è una lettura perfetta per questi tempi difficili. Emma Donoghue intreccia abilmente una situazione medica alquanto primitiva, in una realtà sociale ancora improntata al pregiudizio, con la storia di tre donne e la loro grande capacità di amare. Un romanzo commovente sulla vita, sulla morte e sulla speranza, ma anche sulle indecifrabili trame del destino.
Recensione
Rosso, marrone, blu e nero. Non sono solo i titoli dei vari capitoli che troviamo all’interno del libro. Sono i colori che scandiscono il tempo e la sopravvivenza, sono i colori che distinguono la malattia e il virus, la speranza e la disperazione. L’arco di tempo è davvero breve.
Tre giorni in cui succedono tante cose e che segnano in modo indelebile la vita della protagonista. Siamo nel 1918 e in una Dublino devastata dalla guerra e dalle ripercussioni politiche, l’infermiera specializzata in Ostetricia Julia Power si vede costretta, causa la pandemia, a gestire completamente da sola un reparto improvvisato di donne incinte affette dall’influenza spagnola che imperversa e che miete così tante vittime. Sarà all’altezza del compito? Proprio lei che prende così a cuore la sue pazienti tanto da “portarle a casa” con sé anche fuori dall’orario di servizio.
Lei che incide dietro il suo orologio da taschino un piccolo simbolo per ricordare quelle che ha perso durante i vari turni in ospedale. Non è un compito facile, ma indossa la sua divisa immacolata e il suo miglior sorriso ed entra nell’angusta stanza che sa di malattia e di disinfettante per affrontare una nuova giornata di lavoro. Grandi le difficoltà e pochi i mezzi.
Nascita e morte che quasi si inseguono. Le sono di aiuto e conforto la giovane volontaria Bridie Sweeney e la dottoressa K. Lynn, bellissimi personaggi che ho cercato di approfondire in rete (in modo particolare la dott.ssa Lynn che è veramente esistita). Tre donne straordinarie, dotate di una generosità e una forza incredibili.
È stata una scrittura incalzante e appassionante che mi ha tenuto attaccata alle pagine come un ottimo thriller. In fondo il killer c’è anche qui, per quanto invisibile e silenzioso. L’umanità la fa da padrona, sviando un po’ dalla pandemia e dalle sue terribili conseguenze.
Sono i personaggi che spiccano, con le loro caratteristiche e le loro sofferenze, con le loro piccole e grandi vittorie. Ho trovato curiosa la scelta di parlare di una pandemia passata da un secolo e avevo un po’ il timore di trovarmi nella situazione di vivere sensazioni e pensieri spiacevoli che potessi raffrontare alla nostra attuale situazione.
Per me la lettura è principalmente evasione, e perché leggere di qualcosa che evadere non fà?
Perché conoscevo già l’autrice e la delicatezza con cui affronta certi temi. Mi sono fidata e lasciata prendere per mano. Non sono stata delusa.
A volte ci sembra che le stelle stiano solo lì a guardarci, fredde e impassibili, ma se invece fossero lì anche per influenzare le nostre scelte o favorire l’incontro con chi ci cambierà la vita per sempre?
Emma Donoghue
Emma Donoghue è una scrittrice, drammaturga e sceneggiatrice irlandese naturalizzata canadese. Scrive il suo primo romanzo, Stir Fry, nel 1994. Segue l’anno dopo Hood, con in quale nel 1997 vince lo Stonewall Book Award per la migliore opera letteraria. Nel 2002 ottiene il premio come miglior romanzo per la letteratura lesbica al Ferro-Grumley Award con Slammerkin, scritto nel 2000. Grazie al suo romanzo Stanza, letto, armadio, specchio (Room) è stata finalista al Booker Prize del 2010, e una delle dieci vincitrici del Premio Alex nel 2011. Dalla sua opera è stato tratto il film del 2015 Room, diretto dall’irlandese Lenny Abrahamson e sceneggiato dalla stessa Donoghue, la quale ha ricevuto la sua prima nomination agli Oscar come migliore sceneggiatura non originale, senza però vincere il premio. È del 2016 il romanzo Il prodigio.
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