Recensione di Sara Zanferrari
Autore: Maddalena Fingerle
Editore: Italo Svevo
Genere: narrativa
Pagine: 200
Pubblicazione: 18 marzo 2021
Sinossi. Paolo Prescher odia le «parole sporche», quelle parole che secondo lui non dicono ciò che dovrebbero dire, e le persone ipocrite che le pronunciano. Per questo odia la città in cui è nato, Bolzano, con la sua retorica sul bilinguismo e l’apparente armonia identitaria. Da qui l’idea di abbandonare l’italiano, il desiderio di parlare una lingua incontaminata e la fuga a Berlino, dove incontra Mira, l’unica che riesce finalmente a pulirgli le parole, tanto che persino tornare a casa gli appare possibile. Si consuma così un’ossessione in tre atti, in cui Maddalena Fingerle riflette sul valore delle parole e sul loro potere e, attraverso uno stile fulmineo e raffinato, rivela il senso più profondo del linguaggio. Fremdschämen è una parola che non c’è in italiano, ma con cui riesco a capire tanto di quello che provo per mia madre: significa vergognarsi per qualcun altro. E poi c’è anche la Schadenfreude, che mi fa pensare a mia sorella, che è felice quando agli altri succedono cose brutte. In italiano si traduce con stronza. La mia parola preferita, al momento ancora pulita, è Sollbruchstelle. Indica un punto di rottura prestabilito che può essere quello delle tavolette di cioccolata e per me significa confine.
Recensione
Vincitore della XXXIII edizione del Premio Calvino, Lingua madre è un libro dall’identità molto spiccata e particolare, solo sua: la prima parte è divertente, quasi comica, ma a metà arriva la cesura, drammatica, eppure torna il sereno, o l’illusione dell’averlo trovato, per terminare infine in maniera decisamente originale, senza “fornire soluzioni”, in un crescendo di emozioni e sensazioni.
Paolo Prescher pensa che le parole siano sporche. Paolo Prescher, anagramma vivente delle parole sporche, è ossessionato dalle parole.
“Io quasi non la riconosco più e sono davvero sollevato che ci sia lei ad aiutarci. Forse è sempre stata così e io ero talmente ossessionato dalle parole che mi sporcavano, che credevo mi sporcasse, che non riuscivo a vedere.”, dice ad un certo punto Paolo di sua madre.
Le parole sono sporche, sono inutili, sono ipocrite, sono false, ci sono parole difficili da dire, che non si possono dire. E ci sono parole pulite, poche forse, non ipocrite, sincere, belle, come quelle di suo padre, che però non parla più, è stato colpito da afasia, dopo un incidente, mentre la madre e la sorella gli sporcano tutte le parole.
L’ossessione è tale che quando il padre ad un certo punto muore, Paolo deciderà di non parlare più l’italiano e trasferirsi a Berlino.
“Sento le parole in testa come urla lontane e brusio e conversazioni già sentite. Non sono pazzo, non sento le voci, sono solo le parole che nel silenzio della stanza cercano di parlarmi e farsi leggere e farsi scomporre, si rincorrono. Basta, mi alzo, bevo un caffè e so che devo ammetterlo. […] non posso più parlare italiano, devo usare altre lingue meno sporche.”
Parte così solo con uno zaino, troverà una stanza e un lavoro in biblioteca. Incontrerà anche l’amore: Mira di Pienaglossa, anagramma di Sapone di Marsiglia, Mira che sa pulire le parole, che le pulisce a Paolo, a tal punto che a Paolo torna l’italiano, ricomincia a parlare italiano, e si fa strada il pensiero di poter tornare a Bolzano. E tornerà, assieme a Mira, e inizialmente sembrerà tutto diverso, finalmente pulito,
“Camminiamo a lungo e io non le faccio vedere nulla, in realtà, perché è Mira che mi fa vedere tutto e mi spiega le cose che non sapevo potesse sapere e mi dice che le ha lette, che si è documentata e che qualcosa se la ricorda dall’ultima volta che è venuta. Mi piace, ora, quello che vedo. [….] La città è così nuova per me, è proprio una bella città, devo dire.”
ma non sarà così…
“Guardo l’acqua, le montagne, il castello, il prato e le passeggiate, ma non si trova un senso alle cose guardando il paesaggio, guardare il paesaggio è una cosa da libri, è un’inutile finzione. Le parole del pazzo mi hanno messo angoscia e non va più via.”
Le parole sono nuovamente sporche, Mira non riesce più a pulirle e Paolo torna preda dell’ossessione fino a che…
Un romanzo semplice e complesso allo stesso tempo, divertente e tragico, completo, maturo, profondo, perfetto, interamente costruito attorno alle parole, che vengono analizzate in profondità:il loro significato, la struttura, il suono, il colore, fin quasi l’odore, la potenza, la verità, la falsità, l’ipocrisia, il dire per non dire e il non dire per dire, l’italiano, il tedesco, anzi no, il dialetto tedesco, il bilinguismo, ma quale bilinguismo, Bolzano, Berlino, Italia, Germania, Paolo, sua madre, suo padre, Mira.
“Se scomponi le parole e guardi le lettere loro ti dicono la verità. Le lettere, se le guardi, sono sincere e ti dicono i segreti.”
A cura di Sara Zanferrari
Maddalena Fingerle
è nata a Bolzano nel 1993, vive a Monaco di Baviera, dove ha studiato germanistica e sta svolgendo un dottorato di ricerca in italianistica. Alcuni suoi racconti sono usciti su «Nazione Indiana», «CrapulaClub» e «Narrandom». Lingua madre ha vinto la XXXIII edizione del Premio Italo Calvino.
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