L’intruso




Astrid Sodomka


Traduttore: Manuela Vidale

Editore: Edizioni Le Assassine 

Genere: Giallo

Pagine: 464

Anno edizione: 2024


Sinossi. Nel quartiere altoborghese di Josefstadt a Vienna, durante la festa di compleanno di un bambino, un giovane afghano viene ritrovato pugnalato a morte, senza che nessuno dei presenti si sia accorto del delitto. Poco dopo, una foto del cadavere compare su Facebook e viene usata da un gruppo dell’estrema destra austriaca per rinfocolare l’ostilità verso i rifugiati. L’ispettore capo Giorgos Hansmann indaga, scoprendo che il mondo progressista, ecologista e solidale, ma pur sempre borghese, rappresentato nel romanzo da un asilo infantile gestito dai genitori – dove il morto lavorava come volontario – non è come appare, e dietro la facciata politicamente corretta si nascondono verità davvero scomode.

 Recensione

di

Giusy Ranzini


Nel cuore di L’intruso, l’ultimo romanzo di Astrid Sodomka, si annida un interrogativo inquietante: quanto è solida la patina di progressismo e tolleranza di una certa borghesia intellettuale?

Ambientato nella Josefstadt, uno dei quartieri più raffinati di Vienna, il libro si apre con un evento tragico e paradossale: il ritrovamento del cadavere di un giovane afghano, pugnalato a morte nel bel mezzo di una festa per bambini. Una scena tanto surreale quanto simbolica, che sintetizza con precisione il tema centrale del romanzo: l’ipocrisia di una società che predica accoglienza e inclusione, ma nei momenti critici mostra il volto della paura e del pregiudizio.

Il protagonista della storia è l’ispettore capo Giorgos Hansmann, personaggio che si muove con acutezza e disillusione tra le contraddizioni di Vienna, città al tempo stesso elegante e attraversata da tensioni latenti. La sua indagine si trasforma presto in un viaggio nei meccanismi di una comunità che, dietro la facciata di impegno sociale e apertura multiculturale, nasconde atteggiamenti ben più ambigui.

L’asilo gestito dai genitori, che in teoria dovrebbe essere un microcosmo di valori progressisti, diventa il simbolo perfetto di questa contraddizione. Il giovane afghano assassinato lavorava proprio lì come volontario, ma ben presto si scopre che la sua presenza non era vista di buon occhio da tutti.

Il fatto che la sua morte venga strumentalizzata dall’estrema destra austriaca aggiunge un ulteriore livello di complessità alla trama: la politica, i social media e l’informazione distorta giocano un ruolo cruciale nel determinare le percezioni pubbliche, trasformando una vittima in un simbolo da sfruttare per fomentare odio.

Uno degli aspetti più riusciti del romanzo è proprio la critica feroce, ma mai didascalica, alla borghesia progressista, che ama definirsi aperta e inclusiva, ma che all’occorrenza rivela tutto il proprio conformismo. Sodomka smonta abilmente il mito della società tollerante, mostrando come, sotto la superficie, le paure ancestrali dell’“altro” e del “diverso” continuino a serpeggiare anche nei circoli che si autoproclamano paladini dell’integrazione.

I personaggi de L’intruso sono tutti profondamente umani nelle loro contraddizioni. Non ci sono eroi, solo uomini e donne alle prese con i propri pregiudizi, il proprio senso di colpa e la propria incapacità di affrontare le verità scomode. L’autrice non demonizza nessuno, ma invita il lettore a riflettere su quanto le nostre convinzioni siano davvero solide quando messe alla prova da eventi drammatici.

La prosa di Sodomka è essenziale, priva di fronzoli, quasi chirurgica nel descrivere situazioni e ambienti. Non c’è spazio per sentimentalismi o inutili divagazioni: ogni parola è scelta con cura per rendere al meglio l’atmosfera cupa e tesa del romanzo. Il ritmo è serrato, con capitoli che si susseguono incalzanti, mantenendo alta la suspense fino all’epilogo, che lascia aperte domande profonde sulla natura stessa della nostra società.

L’intruso è molto più di un semplice romanzo giallo. È una riflessione potente e disturbante sulla fragilità dei nostri ideali, sulla forza dei pregiudizi e sulla complessità dei rapporti umani in un’epoca segnata da crisi migratorie e divisioni ideologiche. Con uno sguardo lucido e implacabile, Astrid Sodomka ci costringe a interrogarci su chi siamo davvero e su quanto la nostra visione del mondo sia influenzata da paure e ipocrisie.

Un libro necessario, che lascia il lettore con una sensazione di inquietudine e una domanda difficile da ignorare: quanto siamo disposti a guardare oltre le nostre convinzioni?

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Astrid Sodomka


è nata nel 1982 a Vienna, dove tuttora vive. Ha studiato Arti Applicate e dal 2009 lavora come artista freelance: ha esposto le sue opere in più di trenta mostre. Inoltre tiene workshop di introduzione alle arti visive per bambini e insegna in un ginnasio viennese. Nel 2021 pubblica il suo primo romanzo, Josefstadt, di cui sta curando la trasposizione televisiva.