La saga dei Florio
Recensione di Francesca Mogavero
Autore: Stefania Auci
Editore: Nord
Pagine: 688
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Hanno vinto, i Florio, i Leoni di Sicilia. Lontani sono i tempi della misera putìa al centro di Palermo, dei sacchi di spezie, di Paolo e di Ignazio, arrivati lì per sfuggire alla miseria, ricchi solo di determinazione. Adesso hanno palazzi e fabbriche, navi e tonnare, sete e gioielli. Adesso tutta la città li ammira, li onora e li teme.
E il giovane Ignazio non teme nessuno. Il destino di Casa Florio è stato il suo destino fin dalla nascita, gli scorre nelle vene, lo spinge ad andare oltre la Sicilia, verso Roma e gli intrighi della politica, verso l’Europa e le sue corti, verso il dominio navale del Mediterraneo, verso l’acquisto dell’intero arcipelago delle Egadi. È un impero sfolgorante, quello di Ignazio, che però ha un cuore di ghiaccio. Perché per la gloria di Casa Florio lui ha dovuto rinunciare all’amore che avrebbe rovesciato il suo destino. E l’ombra di quell’amore non lo lascia mai, fino all’ultimo…
Ha paura, invece, suo figlio Ignazziddu, che a poco più di vent’anni riceve in eredità tutto ciò suo padre ha costruito. Ha paura perché lui non vuole essere schiavo di un nome, sacrificare se stesso sull’altare della famiglia. Eppure ci prova, affrontando un mondo che cambia troppo rapidamente, agitato da forze nuove, violente e incontrollabili. Ci prova, ma capisce che non basta avere il sangue dei Florio per imporsi. Ci vuole qualcos’altro, qualcosa che avevano suo nonno e suo padre e che a lui manca. Ma dove, cosa, ha sbagliato?
Vincono tutto e poi perdono tutto, i Florio. Eppure questa non è che una parte della loro incredibile storia. Perché questo padre e questo figlio, così diversi, così lontani, hanno accanto due donne anche loro molto diverse, eppure entrambe straordinarie: Giovanna, la moglie di Ignazio, dura e fragile come cristallo, piena di passione ma affamata d’amore, e Franca, la moglie di Ignazziddu, la donna più bella d’Europa, la cui esistenza dorata va in frantumi sotto i colpi di un destino crudele.
Sono loro, sono queste due donne, a compiere la vera parabola – esaltante e terribile, gloriosa e tragica – di una famiglia che, per un lungo istante, ha illuminato il mondo. E a farci capire perché, dopo tanti anni, i Florio continuano a vivere, a far battere il cuore di un’isola e di una città. Unici e indimenticabili.
Recensione
Dopo una primavera in cui tutto è possibile, tutto è nuovo e in boccio, dopo un’estate di frutti succosi da mordere, spizzicando qua e là, dopo un autunno ancora mite e dorato come un quadro di Klimt, arriva l’inverno. Gli alberi si spogliano, la terra si fa dura come un corpo senza vita, il vento schiaffeggia e rende ciascuno uguale all’altro, adulti e bambini, meritevole di un castigo. È inevitabile, è nella natura delle cose. Ma non nella natura dei Florio, abituati, assuefatti, al controllo, al potere, a una ricchezza che pare sgorgare da una fonte inesauribile: perdere tutto, una fattura dopo l’altra, un’impresa ardita e fallimentare dopo l’altra, è semplicemente inconcepibile.
Se le generazioni precedenti – Paolo, Ignazio, Vincenzo – hanno sgomitato e lottato per cambiare le regole del gioco e dimostrare che il sangue rosso di passione, intraprendenza e fatica può competere e travolgere il sangue blu, Ignazziddu e il giovane Vincenzo nascono e crescono nella convinzione che il senso degli affari, il carisma, l’autorevolezza passino di padre in figlio, si trasmettano come il colore degli occhi o una malattia ereditaria. Dunque a che pro rafforzare la sorgente, amare Casa Florio di un amore monogamo, fedelissimo, totale e logorante, se basta il nome a far tremare la città (e non solo lei) di soggezione e di piacere?
Perché mantenere, preservare, innovare, quando l’Europa, l’America e il mondo intero sembrano così vicini, tangibili e allettanti?
È la storia di un declino annunciato – sappiamo già quale sorte toccherà ai Leoni, alle loro dimore, alle imprese, ai gioielli – eppure fino all’ultimo speriamo che la camurria cambi faccia, che la strada svolti all’improvviso e si apra di nuovo sul mare, che dal Nord arrivino aiuti e sovvenzioni, che il giovane capofamiglia inesperto e fimminaro rimetta in carreggiata la sua “testa persa”, che Franca apra gli occhi e la Sicilia li chiuda anche solo per un attimo e la smetta di sputare pettegolezzi e fiotti acidi di invidia.
Ecco uno dei talenti di Stefania Auci: non dare nulla per scontato, farci provare i panni – di lusso, alla moda, bellissimi ma talvolta ingombranti – dei Florio e illuderci, assieme a loro, che la crisi possa passare come un temporale, una nuvola nera di passeggio che il sole del Sud scioglierà senza sforzo.
Del resto, anche l’inverno passa e cede il passo a un’altra, più dolce stagione… No, con i Florio persino i ritmi della natura sono messi in discussione e le consuetudini si perdono come fiches al casinò; e se gli scricchiolii, le scosse aumentano a mano a mano di intensità fino al crollo, state pur certi che sarà uno spettacolo: colossale, terribile, ma ipnotico, splendido nella sua tragedia.
Il disastro, per questa famiglia incredibile, che ha conosciuto ascese vertiginose e cadute, pubbliche e private, altrettanto febbrili, ha qualcosa di titanico e ultraterreno, è il passaggio di testimone di una genia di antichi dei, ctoni, impastati di fuoco, di sale e di onde, a una nuova generazione, più distante, calcolatrice, algida. Le divinità, per quanto incomprensibili, fino al limite della crudeltà, non si giudicano, non ci è concesso.
Noi non possiamo che sentirci partecipi, invitati privilegiati a un ballo o a un rito per pochi eletti, e, se ci capita di passeggiare per le vie moresche e barocche di Palermo, sospirare al cospetto delle vestigia di un tempo che fu, iridescente come perle, sfavillante di platino e rubini, profumato di “La Marescialla” e di marsala, accecante nelle sue chimere, nelle lusinghe, nelle opportunità… Ma come svanisce in fretta il miraggio, se la mano che si tende non si accompagna a uno sguardo lucido e a una mente salda, coraggiosa al punto da sacrificare ogni cosa.
Il “mare nelle vene” non basta, curò, ma come fartene una colpa?
Con grazia, profondità, eleganza e umanità, con L’inverno dei Leoni la scrittrice chiude la saga dei Florio e non delude: allora in alto i calici a chi resta, alle stelle di carta e alla porcellana sbreccata, recamatierna ai cari fantasmi, sempre presenti, sempre in attesa, al di là delle gelosie, delle colpe e di ogni miseria.
A cura di Francesca Mogavero
Stefania Auci
Stefania Auci è nata a Trapani, ma vive da tempo a Palermo, dove lavora come insegnante di sostegno. Con I Leoni di Sicilia, che ha avuto uno straordinario successo – più di cento settimane in classifica, in corso di traduzione in 32 Paesi –, ha narrato le vicende dei Florio fino alla metà dell’Ottocento, conquistando i lettori per la passione con cui ha saputo rivelare la contraddittoria, trascinante vitalità di questa famiglia. Una passione che attraversa anche L’inverno dei Leoni, seconda e conclusiva parte della saga, e che ci spalanca le porte del mito dei Florio, facendoci rivivere un’epoca, un mondo e un destino senza pari.
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