Sinossi. Un ricchissimo banchiere parigino viene ucciso. La polizia, il procuratore del re, il giudice istruttore accusano senza esitare un poveraccio, Guérin, servitore del banchiere. Avrebbe ucciso il padrone per un pugno di denaro, usando l’arsenico, il classico veleno per topi. La fortuna di Guérin è di essere il vicino di casa, o meglio: di soffitta, di Maximilien Heller, un giovane avvocato che ha lasciato anzitempo la professione, misantropo e geniale. Sospetta subito che il servitore sia accusato ingiustamente, perché i segni che ha potuto osservare sul cadavere non confermano la presenza della sostanza tossica. Così, con il suo attivismo, un po’ alacre un po’ pigro, che scopre tracce, ricostruisce fatti e deduce conclusioni, trova la verità. E, grazie ad astute dissimulazioni, sventa un complotto. Colpisce quante cose in comune con Sherlock Holmes (nato nel 1887) abbia Maximilien Heller che lo precede di sedici anni (1871). Compreso il medico narratore e amico protettivo, e tranne il fatto che l’investigatore di Cauvain vanta una cultura pressoché illimitata, mentre Sherlock cancella sistematicamente tutte le nozioni che non gli sono utili. Tanto che si può sospettare che sia lui il modello per l’allampanato eroe di Conan Doyle. Il francese ha forse una maggiore sensibilità sociale. Comunque sia, Maximilien Heller è evidentemente uno dei prototipi originari di tutti gli investigatori deduttivi. Ama i gatti come Baudelaire, conduce vita bohémienne e si muove tra languori decadenti e orgoglio positivista.
L’INVESTIGATORE MAXIMILIEN HELLER
di Henry Cauvain
Sellerio 2023
Viviana Carpifave ( Traduttore )
Giallo, pag.240
Recensione di Salvatore Argiolas
Nel 1871 Henry Cauvin pubblicò un romanzo molto particolare intitolato “Maximilien Heller” presentato ora da Sellerio con il titolo “L’investigatore Maximilien Heller”.
Il protagonista è un giovane avvocato di non più di trent’anni “ma i suoi occhi erano cerchiati di nero. Le labbra pallide, i capelli brizzolati e il tremolio delle membra lo facevano sembrare quasi un vecchio.”
Un medico lo va a visitare in quanto sollecitato da un amico preoccupato dalla salute del legale, noto come una “persona sgradevolmente eccentrica e molto sgarbata”
Durante la visita la polizia irrompe nel povero alloggio e trascina medico e paziente in una mansarda vicina per poter rendere testimonianza nel caso dell’omicidio del signor Brehat-Lenoir e mosso da sincera pena per il presunto colpevole, tale Jean-Louis Guerin, Maximilien Haller decide di impegnarsi a dimostrare la sua innocenza, motivando così il suo interesse: “Che ne direste se riuscissi a evitare il patibolo a quel pover’uomo? Sarebbe strano, non vi pare? Passerei per un filantropo! In realtà non lo faccio per amore del prossimo, ma solo per dimostrare alla società i difetti della sua organizzazione. Se lasciassi seguire alle cose il loro corso naturale, un innocente morirebbe condannato alla spietata sentenza degli uomini.”
Maximilien Heller viene spesso considerato un possibile precursore di Sherlock Holmes è in effetti esistono caratteristiche che condivide con il segugio londinese in quanto anche l’avvocato francese ha una totale culto per la logica.
“In me il cervello domina ogni cosa e riempie ogni spazio. E’ in continua ebollizione e il fuoco che mi divora non mi concede un istante di tregua… II pensiero…Il pensiero…Ah, signore, è un avvoltoio che mi rosicchia senza sosta!” dice al medico che lo visita e che ne racconterà le gesta.” e anche il suo metodo deduttivo ricorda quello di Sherlock Holmes perché come spiega chiaramente: “Il metodo attraverso cui speravo di riuscire a svelare questo delittuoso mistero sarebbe stato del tutto diverso da quello che sono soliti adottare i rappresentanti della legge. Loro cercano l’interesse che ha guidato il criminale e in questo modo si sforzano di risalire dall’ignoto al noto. Questo procedimento, tuttavia, è sostanzialmente difettoso e l’arresto di Guerin lo dimostra. Io percorro la strada inversa e procedo dal noto all’ignoto. Cerco i fatti, nient’altro che i fatti, senza preoccuparmi del movente che ha determinato l’atto o della mano che ha colpito. Metto insieme i dati, per quanto contraddittori possano apparire, e a tempo debito la luce appare.”
Queste grandi affinità vengono messe in evidenza da Marco Malvaldi nell’interessante prefazione dove lega strettamente Auguste Dupin, il detective archetipo forgiato da Edgar Allan Poe, Maximilen Heller e Sherlock Holmes ma riconosce all’avvocato francese maggiore plausibilità.” Anche se Holmes ha avuto molto più successo. Heller è un personaggio molto più credibile, molto più umano. Insomma, credo sia innegabile che Conan Doyle debba il suo successo a Maximilien Heller.”
L’investigatore creato da Cauvin ha delle caratteristiche simili al detective per antonomasia ideato da Conan Doyle ma anche un altro scrittore francese, Émile Gaboriau può essere ritenuto una fonte d’ispirazione per l’autore scozzese.
Émile Gaboriau infatti portò a maturazione quell’innovazione che Poe aveva determinato. Non c’è da stupirsi se il testimone passò ad un francese in quanto fu Charles Baudelaire con le sue traduzioni dell’opera di Poe che fece conoscere il genio dello scrittore americano in tutta Europa. Inoltre Gaboriau nel suo personaggio principale Monsieur Lecocq, già nel nome rende omaggio ad uno degli avventurieri più straordinari del suo tempo, Eugène-François Vidocq che fu disertore, falsario, ladro, galeotto, spia per poi diventare il primo capo della Sûreté , la prima grande polizia moderna (a cui appartiene anche il signor Lecocq).
Émile Gaboriau fonde nei suoi romanzi, tra i quali ricordo “L’affare Lerouge” del 1863, “Il dramma d’Orcival” del 1867 e “Il signor Lecocq” del 1869, la narrativa popolare di cui il tipico esponente è Eugène Sue autore de “I misteri di Parigi” e la narrativa poliziesca ispiratagli da Poe. Monsieur
Lecocq a differenza di Auguste Dupin, non si isola nell’astrazione perché per lui l’indagine non è un gioco intellettuale ma un percorso di identificazione con il criminale e in questo prefigura il commissario Maigret. Lecocq infine ispirò direttamente Conan Doyle per il personaggio di Sherlock Holmes. “Ho letto “Lecocq il poliziotto” di Gaboriau”, annotò nel marzo del 1886 lo scrittore scozzese, “e un racconto che parla dell’assassinio di una vecchia di cui non ricordo il nome. Tutti ottimi. Ricordano Wilkie Collins ma in meglio.”
Il seme era stato gettato e l’anno successivo sul Beeton’s Christmas Annual fu pubblicato “Uno studio in rosso”.
Come Vidocq, e anche Sherlock Holmes in seguito, Maximilien Heller ama trasversi da delinquente o da servitore per carpire segreti e dialoghi compromettenti che lo porteranno a capire l’intrigo sotteso all’omicidio di cui è stato accusato Guerin.
“L’investigatore Heller” non è un vero e proprio giallo ma fonde diversi generi tipici dell’Ottocento come il gotico, il romanzo d’appendice ed il romanticismo così legato al culto dell’eroe solitario ma del giallo ha l’elemento più caratteristico, l’indagine, che Heller compie in maniera dinamica travestendosi e proponendosi come domestico di un signorotto bretone per provare le sue acute deduzioni.
Da buon eroe romantico Maximilien Heller, dopo aver compiuto il suo compito provvidenziale, ritorna nel suo rifugio interiore e di lui non si sentirà più parlare, lasciando però un’impronta decisa nella lunga storia del giallo francese.
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Henry Cauvain
(Parigi, 1 febbraio 1847-Losanna, 13 ottobre 1899) ha scritto una dozzina di romanzi, storici e polizieschi, tra cui, oltre Maximilien Heller (1871), La Main sanglante (1885).