Recensione di Mirella Facchetti
Autore: Giorgio Scerbanenco
Editore: La nave di Teseo
Genere: Giallo
Pagine: 218 nella versione a stampa
Anno di pubblicazione: 2018
Sinossi. Sull’isola della Ginestra, un piccolo scoglio verde al centro di un lago, la villa della famiglia Reffi è il rifugio sicuro per il vecchio Antonio, medico otorino dall’ironia affilata, e i suoi due figli. Carla, la maggiore, si dedica alla scrittura tra le frecciatine del genitore. Celestino, il fratello minore, è diventato medico per esaudire le preghiere del padre ma preferisce rivolgere il suo intuito alla matematica. Con i cugini spiantati Vittorio e Jole e le due domestiche, gli abitanti del Ginestrin sono al completo. La vita sull’isola scorre tranquilla fino a quando sulle sue rive non approdano due ladri d’albergo in fuga dalla polizia: Guido, giocatore d’azzardo con la passione per la pittura e Beatrice, bella, sfacciata e fatale. L’arrivo dei due latitanti e le loro rivelazioni incrinano il mondo perfetto dei Reffi, che si ritrovano l’uno contro l’altro di fronte a un dubbio morale: denunciare i due ospiti o dare loro una possibilità di riscatto? È l’inizio di un vortice di tensione che sconvolge la quiete dell’isola e gli animi dei suoi abitanti, che tra amori impossibili, fughe, bugie e invidie dovranno fare i conti con la loro più vera natura. Un libro perduto durante la Seconda guerra mondiale e ritrovato nell’archivio di famiglia, un romanzo inedito nello stile del migliore Scerbanenco: tagliente, ironico, sensuale. Il ritorno del maestro del noir all’italiana.
RECENSIONE
Ci sono autori che ispirano, incuriosiscono, ma che rimangono lì, depositati, anche a lungo, nella lista degli autori “da provare”. Questo è quello che per molto tempo è accaduto, a me, con Scerbanenco. Poi, ecco che un giorno esce un nuovo romanzo e ti dici “Ora basta, devo leggerlo!” e accade così che te ne innamori.
Nella presentazione del romanzo si dice che è “tagliente, ironico, sensuale”, direi che mai presentazione è stata più corretta. C’è ironia, c’è sensualità (quella sensualità nella descrizione dei rapporti che è tutto un lasciar intendere e che sa cogliere il punto senza troppe parole, senza eccedere), e c’è una storia che sa di racconti antichi, una storia fatta di tentativi di redenzione, fatta di tradimenti inaspettati, addii e ritorni, buoni e cattivi che a volte si confondono.
C’è un ragazzo – Celestino, matematico razionale –, che tenta una sorta di esperimento sociale, diretto alla redenzione di due ladri d’albergo che si sono rifugiati sull’isola del Ginestrin, c’è un padre che osserva tutto quello che avviene sulla sua isola e che con ironia pungente commenta ciò che lo circonda (a proposito dell’esperimento del figlio, ad esempio, chiosa
“Non volevo pasticci, ma poi ho pensato che non era giusto toglierti la possibilità di sbattere la testa contro il muro. E vedo che la sbatterai con molto slancio”)
e una sorella, che al contrario di Celestino, vede tutto con gli occhi del sentimento. C’è una donna che non vuole essere salvata, che con asprezza si oppone ai tentativi che vengono fatti per aiutarla, ma che poi troverà sull’isola del Ginestrin qualcosa che mai aveva provato. Ci sono, infine, tanti personaggi che portano con sé buoni sentimenti, ipocrisia, ma anche invidia e rancore, da cui possono scaturire comportamenti sleali.
Scerbanenco colpisce, innanzitutto, per la sua scrittura asciutta, senza tanti fronzoli, ma che fa entrare prepotentemente il lettore nel romanzo, – leggi e ti sembra di essere lì sull’isola del Ginestrin, ti sembra di osservare da vicino tutti i movimenti e le sensazioni di questa famiglia allargata; senti lo sciabordio delle onde, senti la brezza calda che avvolge i personaggi –; colpisce, inoltre, per il suo stile ironico: il personaggio di Antonio, il pater familias, è l’ironia fatta persona.
Nulla gli sfugge e tutto viene rivisitato dalla sua lingua tagliente, (con buona pace di chi, volente o nolente, finisce “vittima” dei suoi commenti). Se Celestino è il “leader” del romanzo, Antonio è il personaggio che spicca e lascia il segno, per la sua capacità di riassumere in modo lucido e ironico gli avvenimenti e per la sua celata, ma profonda, umanità.
È un romanzo che avvolge, morbido e delicato come una giornata di sole. È un romanzo che incuriosisce, stupisce e lascia il lettore con un senso di appagamento e la sensazione di aver letto qualcosa di veramente Bello.
Consigliatissimo!
Giorgio Scerbanenco
Giorgio Scerbanenco. Scrittore italiano di origine russa. Di madre italiana e padre ucraino, a sedici anni si stabilì a Milano. Fu collaboratore, redattore e direttore di periodici femminili ad alta tiratura, per i quali scrisse racconti e romanzi «rosa», per lo più ambientati nell’America degli anni Quaranta.
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