L’isola della memoria




 L’ISOLA DELLA MEMORIA

di Dido Michielsen

Nord 2023

Alessandro Storti (Traduttore )

narrativa, pag.352

Sinossi. Serve, governanti, concubine, le nyai sono votate all’obbedienza e al silenzio. Isah è una di loro, ma farà sentire la sua voce Isah guarda le sue bambine, la sua gioia più grande, e si chiede cosa ne sarà di loro. Per anni ha sperato che il padre le riconoscesse. Invece lui sta per tornare in Olanda, dove lo attende la sua futura sposa e una vita in cui non c’è posto né per Isah né per le loro figlie mezzosangue… Isola di Giava, 1866. Isah ha solo sedici anni quando si ribella alla tradizione secolare che obbliga le donne al matrimonio combinato e s’innamora di Gey, un ufficiale dell’esercito coloniale olandese, anche se ciò significa essere bandita per sempre dalla famiglia. Ben presto, però, Isah si rende conto che Gey non intende affatto farne sua moglie, bensì la suanyai. In un’epoca in cui la distanza impedisce alle donne olandesi di raggiungere le colonie, è normale per un uomo prendere a servizio una giovane del posto, che di giorno lavori come governante, mentre di notte sia la sua concubina. Unanyai deve essere bella, educata e invisibile. Per anni, Isah obbedisce, racimolando briciole di felicità dalle poche attenzioni che riceve e dalla speranza di riuscire a dare un futuro migliore alle sue bambine. Ma ora che si ritrova sola e disonorata, Isah è costretta a compiere una scelta straziante per evitare che le sue figlie vengano discriminate sia dai bianchi sia dai giavanesi. Tuttavia lei non si rassegnerà a svanire nel silenzio, e troverà il modo di essere ricordata… Coraggiosa e determinata, Isah è una donna unica, eppure nella sua storia riecheggia la sofferenza delle migliaia dinyai che nei centocinquant’anni di dominazione olandese hanno subito la sua stessa sorte. Madri dimenticate che, grazie alle sue parole, hanno finalmente trovato una voce.

 Recensione di Laura Bambini

Sarei sempre stata la figlia di mia madre, ma non sarei più stata la madre delle mie figlie.”

Una donna, Canting, ci inizia a raccontare la storia di un’altra donna, Isah, spiegando di essere solo la sua penna. Isah ha bisogno di qualcuno che conosca la lingua dei colonizzatori, l’olandese, affinché la sua storia giunga a più persone possibili e forse anche alle sue figlie.

Siamo nell’isola di Giava del 1866.
Isah è la figlia di una ragazza madre di un villaggio ricco, gioca con le figlie illegittime del sultano, sue sorellastre; solo che loro sono state riconosciute, lei no, ma in qualche modo quella gerarchia di sangue le fa avere più privilegi di altre e meno delle sorellastre. L’isola va avanti da secoli secondo i ritmi delle tradizioni che i dominatori olandesi non capiscono e disprezzano, nella convinzione che senza di loro quell’isola e gli isolani sarebbero morti senza scampo.

Da adolescente, la madre di Isah e una sensale dei matrimoni le combinano un matrimonio con un uomo molto più vecchio che non riesce ad avere figli dalle mogli precedenti e, lei che è fresca, potrà sicuramente dargli un maschio e vivere serena sotto la sua protezione.

Isah non ci sta e scappa con un ufficiale olandese, Gey, convinta che sarà lui a sposarla e a riscattarla. Invece no: Gey, come tutti i colonizzatori e come vuole una società patriarcale, non intende affatto sposarla, ma solo farne la sua concubina: una nyai.

La rende madre di due bambine e dopo qualche anno riparte per l’Olanda, annunciando senza troppi sensi di colpa che a casa lo aspetta una fidanzata e che riconoscerà solo i figli avuti da lei.

È una storia vecchia come il mondo che ci raccontiamo da generazioni e che ormai non stupisce più; tentiamo ogni vota di giustificarla, ma, se è vero che la lettura aiuta a sviluppare un senso critico, guardiamoci intorno: non è ancora così che funziona, lontano dal nostro Occidente perfetto e anche al suo interno, a volte?

Isah diventa quindi la bambinaia delle sue stesse figlie, che vengono adottate da un altro ufficiale e dalla moglie, un’arpia “mezzosangue” che, non avendo di meglio di fare, impiega le sue giornate a rendere la vita impossibile a Isah.

E anche questa è una storia vissuta ampiamente.

Quanto al romanzo, non voglio rischiare di spoilerare altro; per quanto possa sembrare una storia scontata, erano anni che non leggevo un romanzo storico così bello, in cui ogni elemento va al proprio posto e nulla è lasciato al caso.

La protagonista ci parla in prima persona e non è un’eroina atipica come molte sue contemporanee, fuoriuscite dalla penna di autori che si sforzano di regalarci l’ennesima donna che va controcorrente e che, non si sa bene perché, alla fine ha sempre un riscatto.

Isah è una di noi, ha dei difetti umani e non si cela, dice le cose come stanno e non ha una vita regalata dalla sua autrice.

Le descrizioni dell’ambiente e dello stile di vita dell’epoca sono rafforzate da immagini vivide che proiettano il lettore sulla scena e non lo relegano a spettatore.

La fine è inaspettata e vera, e forse è questo che rende il romanzo perfetto.

(Leggetelo.)

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Dido Michielsen


Dido Michielsen è nata ad Amersfoort, Paesi Bassi, nel 1957. L’isola della memoria, ispirato alla storia della sua trisavola, è il suo primo romanzo pubblicato in Italia.

A cura di Laura Bambini

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