Sinossi. Göteborg, agosto 1925. Sono le sei di sera e il sovrintendente Nils Gunnarsson sta battendo a macchina i rapporti della giornata: due casi di vagabondaggio, un furto di tre lenzuola stese ad asciugare e la sparizione di un cane di razza. All’improvviso irrompe nel commissariato un ragazzino sporco e vestito di stracci, che lo informa di aver trovato un cadavere e gli chiede di seguirlo. I due risalgono il fiume in barca e raggiungono il cosiddetto Villaggio dei Rottamai, un insieme di baracche ai margini della città, abitate da gente che vive di quello che riesce a recuperare dall’acqua. Stavolta, però, il fiume ha restituito il corpo di un uomo, per di più ammazzato con una tecnica particolarmente brutale e insolita. Grazie anche alle intuizioni della brillante giornalista – nonché ex fidanzata – Ellen Grönblad, le indagini condurranno Gunnarsson alla famigerata Isola della Peste. Lì, dove un tempo venivano condotti i malati infettivi in quarantena, oggi non dovrebbe esserci più nessuno, ma in realtà la struttura è stata riconvertita a prigione e ospita un unico detenuto, che ha bisogno di una sorveglianza speciale… Chi è questa persona e in che modo può essere coinvolta nell’omicidio, se è rinchiusa da anni dietro le sbarre?
L’ISOLA DELLA PESTE
di Marie Hermanson
Guanda 2023
Carmen Giorgetti Cima ( Traduttore )
thriller, pag.352
L’isola della peste
A cura di Marina Toniolo
Recensione di Marina Toniolo
‘Era il mese d’agosto del 1925. Dietro il bancone all’ingresso della stazione della polizia investigativa di Spannmålsgaten, la signorina Brickman sedeva al suo solito posto, immersa nella lettura di un romanzo giallo con in copertina un’illustrazione a tinte forti’.
In quei mesi un autore si è imposto all’attenzione del pubblico: Leo Brander che confeziona due gialli all’anno le cui copertine alludono a donne morte o in procinto di soccombere. I contenuti sono altrettanto scabrosi e ricchi di particolari. In special modo l’ultimo, ‘Omicidi al chiaro di luna’, evoca la morte tramite uno strumento di tortura pressoché sconosciuto in Svezia. Può essere un caso che l’uomo ritrovato nel Villaggio dei Rottamai sia stato ucciso con lo stesso metodo?
Il sovrintendente Nils Gunnarson, tratteggiato dall’autrice come un ragazzone di trent’anni pronto a nuove tecniche investigative, insieme al commissario Nordfeldt, uomo che invece rimane ancorato al passato secondo l’uso che quel che funziona non va modificato, indaga sull’uomo misterioso. Tutte le tracce portano a un’isola speciale appena fuori del porto, l’Isola della Peste; una stazione che serviva per porre passeggeri e mercanzia in quarantena prima dello sbarco e dove i malati potevano ricevere assistenza senza che le malattie entrassero in città. Tuttavia il luogo non è più adibito a quello scopo poiché ha solo un ospite molto speciale, un detenuto così pericoloso che non può trovare alloggiamento né in un ospedale psichiatrico né in una prigione.
Nils viene aiutato dall’amica Ellen che ha frequentato per un periodo e di cui è sempre innamorato. La donna invece, rispecchiando i canoni del nuovo secolo, pretende l’emancipazione e la libertà di disporre del suo tempo e del suo corpo. C’è una bella amicizia tra di loro ed è lei che prende l’iniziativa destinata a condurre il lettore su una storia parallela che la vede protagonista indiscussa.
Thriller nordico affascinante per l’ambientazione in una Göteborg reduce dalla Grande Esposizione del 1923, ideale proseguo del libro omonimo edito nel 2019. Ci sono stati rinnovamenti nella città, carichi di prospettive per il nuovo secolo. Certe peculiarità invece ancora faticano a svecchiarsi. Come gli abitanti del villaggio dei Rottamai, persone disadattate che abitano in catapecchie a monte del fiume. Taciturni, orgogliosi e miseri. C’è molta meschinità morale, manca ancora la concezione di persona moderna. E abbiamo un Grande Malvagio all’opera, una persona che non ha alcuno scrupolo nell’infliggere sofferenza al prossimo.
Una traduzione spaventosamente accurata cala il lettore nel centro della storia rendendolo protagonista. Si può rabbrividire e piangere per ciò che viene narrato e si può sussultare di gioia quando si incontrano vocaboli insueti perfettamente inseriti nel contesto. Trama avvincente e incalzante dona a ‘L’isola della peste’ una fluidità rara: tutto è importante, ogni movimento deve essere registrato. Un quesito sorge spontaneo: a cosa può arrivare un uomo per salvarsi? E soprattutto, a che compromessi può arrivare una donna per gli stessi motivi?
Consigliato?
Sì, per il gusto retrò e per l’accurata descrizione del modus vivendi in Svezia a inizio secolo.
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Marie Hermanson
(1956) è una scrittrice e giornalista svedese. Molti dei suoi romanzi evocano fiabe e miti, caratterizzati dal suo stile sensualmente realista. ‘The Devil’s Sanctuary’, il suo primo romanzo tradotto in inglese, è uscito nel 2013. Nata a Sävedalen, un sobborgo di Göteborg, Hermanson ha frequentato la Scuola di giornalismo di Göteborg (Journalisthögskolan) prima di studiare sociologia e letteratura all’Università di Göteborg. Ha poi lavorato per vari giornali fino al 1986 quando ha pubblicato ‘Det finns ett hål i verkligheten’ (C’è un buco nella realtà), evocando fiabe e miti. Il suo romanzo ‘Snövit’ (1990) fornisce la sua interpretazione di Biancaneve mentre in ‘Tvillingsystrana’ (The Twin Sisters, 1993), ‘Värddjuret’ (The Parasite’s Host, 1995) e ‘Musselstranden’ (The Mussel Shore, 1998), aggiunge sensualità al genere fiabesco, attingendo al rinnovato interesse per il realismo che caratterizza la letteratura nordica alla fine del XX secolo. ‘Himmelsdalen’ (2011), il suo primo romanzo tradotto in inglese, è apparso come ‘The Devil’s Sanctuary’ nel 2013. Il thriller racconta la storia di fratelli gemelli separati che si incontrano in una clinica alpina.
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