L’isola e il tempo




Claudia Lanteri


DETTAGLI:

Editore: Einaudi

Genere: narrativa/giallo

Pagine: 368

Anno edizione: 2024

Sinossi. Un giallo letterario fuori da ogni canone e con una triplice forza: una struttura insolita, un ritmo serrato e una penna rara. La chiave del mistero è nell’animo di chi racconta. Non capita spesso d’imbattersi in libri come questo, vivi, spiazzanti, per la forza della storia e della scrittura. Immaginate un’isola vulcanica dalla bellezza selvaggia a sud della Sicilia, alle soglie degli anni Sessanta. E immaginate l’arrivo di un barchino verde con a bordo un naufrago stremato e il cadavere di una donna, sua moglie. È un evento che rompe la quiete di quel mondo, poi lentamente ognuno torna alla sua vita. Ma per il protagonista dell’Isola e il tempo quei giorni, e l’indagine che ne è seguita, sono una materia da raccontare per trent’anni a chiunque si prenda la briga di ascoltarlo: donne che passano, monelli di strada, turisti che a poco a poco cambiano il volto dell’isola. Perché in quel pugno di ore si condensa un enigma irrisolto prima di tutto dentro di lui. Ci sono luoghi che sono mondi. Cosí è l’isola mai nominata, di fronte alla ‘Mpidusa, verso la fine degli anni Cinquanta: pochi abitanti che si conoscono da sempre, tre cime viste dal mare, la vegetazione secca, la terra nera. E la fatica degli uomini e delle donne per la sussistenza: la pesca, le magre coltivazioni di capperi e lenticchie, qualche bestia. A spezzare il ritmo dei giorni è l’arrivo di un barchino con a bordo due persone: un uomo vivo e una donna morta. Un incendio ha distrutto la loro barca a vela, racconta il superstite, e nel naufragio hanno perso la vita anche i coniugi Domoculta e i loro tre bambini. Mentre il maresciallo Bonomo apre un’indagine convinto di poterla archiviare presto, il tredicenne Nonò s’improvvisa detective. Ascolta i discorsi di tutti nascosto negli angoli piú improbabili, fiuta piste, mette insieme i tasselli. Ma ogni cosa è piú complicata di come sembra, e anche questa storia, proprio come l’isola all’alba, appare avvolta di fatemorgane. Per riconoscerne i confini bisogna allontanarsi, fissare l’occhio sul paesaggio, su piccoli dettagli: persino certi luoghi – la caserma, il porticciolo, la pergola di Tina – scandiscono, mutando, il tempo e il senso delle cose. Ecco perché tutta la storia dev’essere narrata, con calma e da principio, a chiunque passi, alla ricerca del filo che continua a scappare dal disegno. Anche quando l’indagine volge al termine, Nonò non smette di correre per l’isola e perlustrarne i fondali, per trovare il punto in cui la barca si è inabissata. E quando finalmente, con l’aiuto del fratello Filippo, riesce a raggiungerla, insieme ai corpi dei Domoculta scopre un altro cadavere: quello del colpevole. Ma chi può credergli, se ormai tutti dicono che ha perso la ragione? Perché, di fatto, proprio nel momento in cui il giallo si sgarbuglia, tutto comincia a ingarbugliarsi nella memoria di Nonò, che a tratti rimuove le parti di racconto piú dolorose. Un narratore ferito, piú che inattendibile. In questo romanzo che vive di una scrittura letteraria molto potente, maestosa e naturale insieme, il tempo si morde la coda, è definito ma anche mobile: un tempo in cui tutto continua ad accadere. E chi racconta, con l’illusione di approdare prima o poi a un finale diverso, rimane agganciato per sempre – con il lettore – all’enigma irrisolto.

 Recensione di Sara Zanferrari

Perché un ragazzo, anche una volta diventato uomo, non riesce a liberarsi di una storia che gli è entrata dentro? Perché cercare la verità per trent’anni anche quando nessun altro la cerca?

Il tempo si srotola avanti e indietro, senza che a volte noi che leggiamo ce ne rendiamo conto, mentre il protagonista un momento prima era un bambino e poco dopo un adulto, ferito, aggrappato alla memoria che sfugge. Una vita intera a cercare di dipanare il mistero, e a raccontarlo a chiunque lo ascolti. “È una lotta amara, restituire giustizia”, dice ad un certo punto Nonò. “Non avrei avuto questa fissazione che ininterrottamente, da allora a ora, mi rode e mi consuma; non ci sarebbe stata un’indagine, nessun bisogno di prove, nessuna scena del delitto da ritrovare giù nei fondali più bui”.

Un mistero da scoprire in fondo al mare. Il mare che “è salatissimo e mi brucia le pupille e me le fa lacrimare; senza più forze per combattere, mi lascio trasportare dalle onde che si muovono piano. Di tutto vorrei potermi dimenticare, qualche volta, di ogni dettaglio, dei morti, dei vivi, del tempo passato, dei corpi, dei segreti nascosti nel mare, del mio stesso ricordo; non sapere più niente: restare a canticchiare a bocca chiusa e basta, mentre l’acqua amplifica nei timpani il suono della risacca”. Un mare in cui non mettere piede, lo sanno bene le donne.

Mare che sta lì. Col suo odore, la sua bellezza, e i suoi pericoli. Mare che dà, ma che soprattutto prende. 

Nonò che cerca, cresce, cresce cercando, e non smette mai. Finché il tutto non diventa un’ossessione. 

L’isola lo ha cresciuto, l’isola vedrà, probabilmente, un giorno la fine dei suoi giorni.

Mentre la musica della potentissima scrittura di Claudia Lanteri ci accompagna, assieme a Nonò, in un viaggio sulla minuscola isola persa nel nostro mare, che forse non avrà mai fine. 

Un esordio che ci regala una voce unica e precisa, dentro la quale ci sono le tempeste di Conrad, l’isola di Morante, il verismo di Verga, un po’ di Joice, un po’ di Solinas, di Saramago… c’è talmente tanto che potrebbe diventare troppo, e invece al contrario è tutto cesellato così bene che non c’è un troppo, così come non c’è un tempo. Mentre l’isola potrebbe essere una qualunque di tutte le isole toccate da Ulisse, o semplicemente un pugno di sabbia e sale, dove sputare l’esistenza gettando reti che non si riempiono mai abbastanza per mangiare. E quella visione, quell’ossessione, che consuma Nonò un po’ alla volta, dove persino noi che leggiamo non siamo più sicuri di dove siamo e di come siano davvero andate le cose.

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Claudia Lanteri


vive a Palermo, dove fa la libraia. Ha pubblicato racconti su varie riviste («Snaporaz», «Malgrado le Mosche», «Micorrize »). “L’isola e il tempo” è il suo primo romanzo.

A cura di Sara Zanferrari

 poesiedisaraz.wordpress