L’orsacchiotto
di George Simenon
Adelphi 2023
Laura Frausin Guerino (Traduttore)
Noir, pag.147
Sinossi. Un uomo appagato, il professor Jean Chabot: ginecologo di fama, comproprietario di una clinica e responsabile della Maternità di Port-Royal, un appartamento di dodici stanze al Bois de Boulogne, una moglie, tre fgli e una segretaria amante che si è assunta il compito di «evitargli ogni minima seccatura». Tra le seccature da cui lo ha sbarazzato c’è stata anche la giovanissima inserviente della clinica che lui aveva preso una notte, mentre era semiaddormentata, e che gli era parsa «qualcosa di tenero e commovente come un orsacchiotto nel letto di un bambino». Nell’apprendere che era stata licenziata, però, Chabot non aveva reagito: in fondo, con lei aveva passato solo poche ore. Né era sembrato particolarmente scosso dalla notizia che l’avevano ripescata nella Senna. E che era incinta. Eppure, nella liscia, smaltata superfcie della sua sicurezza cominciano ad aprirsi delle crepe, e lui ha come l’impressione che al centro della sua vita si sia spalancato un vuoto. Per di più, da qualche settimana vede un giovane – il fdanzato del suo «orsacchiotto»? Un fratello? – lasciargli sotto il tergicristallo della macchina, senza nascondersi, quasi a sfdarlo, dei biglietti in cui gli annuncia: «Ti ucciderò». Ma lui non ha paura di morire, anzi. Gli è perfno capitato diverse volte di «sforare sorridendo il calcio della pistola» che teneva in un cassetto della scrivania e che da un certo momento in poi si è messo in tasca… Ancora una volta Simenon segue, come lui solo sa fare, il percorso di un uomo alla ricerca di una verità nascosta sotto le maschere che si è imposto – di quello, insomma, che Simenon stesso chiama «l’uomo nudo».
Recensione di Laura Salvadori
L’attualità di questo romanzo mi ha lasciata senza parole. Il protagonista, Jean Chabot, è un uomo affermato, che si è fatto da solo. Di modeste origini, si è laureto in medicina e ha raggiunto una posizione invidiabile, prestigio professionale, donne e soldi.
Eppure il dottor Chabot, ginecologo, è alienato dagli innumerevoli impegni, non riesce a gestire il proprio tempo che viene inghiottito per intero dal lavoro, vede la propria famiglia disfarsi e stagnare in una profonda indifferenza, ed è stanco, sempre più stanco di un’esistenza che sembra sempre al vaglio del giudizio degli altri, appesantita dalle aspettative di chiunque lo circondi, veri e propri macigni che lo schiacciano e gli rendono la vita sempre più insipida e faticosa.
Chabot ha trascorso la sua vita costantemente concentrato su se stesso. Consapevole del proprio peso professionale ma sempre meno convinto del suo valore come uomo. Di fatto la sua vita privata è un fallimento. Pochi amici, forse nessuno. Una moglie che tradisce sistematicamente e dei figli completamente indifferenti verso il proprio padre.
Chabot di fatto indossa tutti i giorni la maschera dell’uomo realizzato ed è costretto ad utilizzare dosi massicce di cinismo per sopportare il peso di una vita che assomiglia sempre più ad una recita.
Ormai non sa utilizzare più alcun filtro morale. Si mostra con l’amante e non esita ad approfittarsi di una giovane inserviente il cui candore e la cui innocenza suscitano in lui nostalgia e rimpianto. E’ lei l’orsacchiotto del titolo, una parentesi di dolcezza imprevista che compare un giorno innanzi a lui e poi sparisce in circostanze tragiche.
Ed è da questo accadimento che per Chabot le cose iniziano a precipitare. Un tunnel di oblio, stordimento. E una palude di rimorsi e di ripensamenti. La fine di tutto come un epilogo gradevole, una via di fuga per un uomo che non sa più riconoscere se stesso, inseguito dai fantasmi della solitudine e schiacciato dal peso dei suoi fallimenti come uomo.
La discesa negli inferi di Chabot è inesorabile e magnificamente disegnata da Simenon, maestro nel ricreare i disagi e i malesseri dell’uomo moderno, che spesso sfociano in un gesto estremo, quale che sia.
Una lettura vivida e attualissima che scava senza riguardo nelle ferite del vivere, con un occhio sempre più rivolto al lavoro, al successo e agli impegni che sono i moderni pretesti per rifuggire la realtà. Mi suona nella mente un ritornello di questi giorni che dice; “ma io lavoro, per non stare con te… preferisco il rumore della metro affollate a quello del mare “.
Ecco, anche Chabot preferisce le urla delle partorienti al suono delle risate dei suoi figli. Perchè non sa più come si vive in modo autentico, stritolato dalle spire di una società che pretende un pegno sempre più alto per potersi sentire all’altezza delle aspettative degli altri.
Una lettura per meditare. Ma anche una lettura per bere una prosa senza pecche, incisiva e dolorosamente vera. Che suona, oggi, come una beffarda profezia.
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Georges Simenon
Georges Joseph Christian Simenon (Liegi, 13 febbraio 1903 – Losanna, 4 settembre 1989) è stato uno scrittore belga di lingua francese, autore di numerosi romanzi, noto al grande pubblico soprattutto per avere inventato il personaggio di Jules Maigret, commissario di polizia francese. Tra i più prolifci scrittori del XX secolo, Simenon era in grado di produrre fno a ottanta pagine al giorno. A lui si devono centinaia di romanzi e racconti, molti dei quali pubblicati sotto diversi pseudonimi. La tiratura complessiva delle sue opere, tradotte in oltre cinquanta lingue e pubblicate in più di quaranta Paesi, supera i settecento milioni di copie. Simenon iniziò la sua carriera di scrittore a poco meno di sedici anni, a Liegi, come giornalista nella sua città natale. Negli anni venti, trasferitosi a Parigi, divenne un prolifco autore di narrativa popolare. Negli anni trenta raggiunse la fama grazie al personaggio del commissario Maigret, i cui racconti e romanzi furono i primi a essere pubblicati con il suo vero nome; sino ad allora infatti, Simenon aveva pubblicato opere sotto pseudonimo, usandone decine: il più ricorrente era Georges Sim. Nonostante l’enorme successo commerciale, la critica letteraria è sempre stata indecisa riguardo ad una sua possibile classifcazione, tanto che, benché la produzione poliziesca di Simenon riguardi una parte relativamente minoritaria della sua opera, egli è ricordato per lo più come un prolifco autore di romanzi gialli.