Recensione di Sara Pisaneschi
Autore: Nino Haratischwili
Traduzione: Giovanna Agabio
Editore: Marsilio
Genere: narrativa
Pagine: 1129
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. La famiglia Jashi deve la sua fortuna (e la sua sfortuna) a una preziosa ricetta per una cioccolata calda molto speciale, destinata a essere tramandata di generazione in generazione con una certa solennità. Gli ingredienti vanno maneggiati con cura, perché quella bevanda deliziosa può regalare l’estasi, ma porta con sé anche un retrogusto amaro… Al tempo degli ultimi zar, Stasia apprende i segreti della preparazione dal padre e li custodisce nel lungo viaggio che, da una cittadina non lontana da Tbilisi, in Georgia, la porta a San Pietroburgo sulle tracce del marito, il tenente bianco-rosso arruolatosi pochi giorni dopo le nozze. È convinta che quella ricetta, come un amuleto, possa curare le ferite, evitare le tragedie e garantire alla sua famiglia la felicità. Ma allo scoppio della Rivoluzione d’ottobre, quando il destino della stirpe degli Jashi cambierà per sempre, capirà che si sbagliava. Tra passioni e violenze, incontri, fughe e ritorni, sei generazioni e sette donne – da Stasia, nata nel 1900, a Brilka, che vedrà la luce nel 1993 – attraversano l’Europa, da est a ovest, fino all’inizio del nuovo millennio, inseguendo i propri sogni e arrendendosi solo alla Storia. Alla ricerca del proprio posto nel mondo, le discendenti del famoso fabbricante di cioccolato percorrono il “secolo rosso”, dando vita a una saga familiare avventurosa e tragica, romantica e crudele, in cui per il lettore sarà dolcissimo perdersi, e ritrovarsi.
Recensione
Non è facile parlare di un libro di queste proporzioni. Non lo è per la grande varietà di contenuti e storia, ma soprattutto per le emozioni che suscita. Lacrime, indignazione, empatia, simpatia, amore e odio. Tutti fortissimi.
È una romanzo storico, se vogliamo, che ripercorre il “secolo rosso” in tutta la sua devastazione. Le guerre mondiali, la rivoluzione d’ottobre, la perestrojka… ogni singola rivolta, lo scontento, la dittatura, i fiumi su fiumi di sangue, tutte le perdite, soprattutto quella della libertà sotto ogni punto di vista.
L’aurea Colchide che fu della misteriosa Medea, oggi Georgia, è l’importante sfondo della narrazione, anche lei grande protagonista. È lì che nascono le nostre sette meravigliose donne. È da lì che tutto ha inizio. È Stasia a inaugurare questa saga nel 1900 ed è Brilka a chiuderla agli inizi del secolo successivo.
Otto vite, otto storie dal sapore deciso e sublime, come la cioccolata calda inventata dal fabbricante di cioccolato padre di Stasia. Molto mistero e quasi magia girano intorno a questa ricetta. Capace di risvegliare gli istinti e i sentimenti più nascosti, cela però un funesto segreto, una sorta di maledizione. È una cioccolata da tirare fuori solo in situazioni di estrema necessità, solo ed esclusivamente in quei casi, e sarebbe bene tenere lontano chi veramente ci sta a cuore.
La cosa che forse mi ha colpito di più leggendo queste pagine è la minuzia di particolari storici. Non c’è niente di inventato. È tutto nel bene e nel male riportato nell’ordine esatto in cui è accaduto. Sono andata a cercare, a studiare e a ripassare vecchi ricordi di scuola e ho constatato che è esattamente così.
Racconta la violenza e i soprusi indescrivibili subiti dalla popolazione, il potere ad ogni costo e la naturalezza di mettere a tacere in modo sanguinario chiunque alzasse anche di poco la testa. Uomini mostri accecati da questo potere e la loro profonda disumanità. Uomini di cui senza farne subito il nome o senza farlo affatto, se ne capisce l’identità anche solo attraverso la descrizione fisica e i tratti caratteriali. Oltre alle devastanti imprese di cui sono stati capaci.
Parlo di Stalin, di Berija, di Krusciov. Lo si capisce dal senso di oppressione che suscitano, dalla scia di terrore al loro passaggio, dallo sgomento e dal senso di ineluttabilità e di impotenza che lasciano nelle persone anche solo nominandoli. Non sono immagini facili da digerire, quelle che ci propone l’autrice. Non ci regala niente e niente ci risparmia. In quegli anni era così, o ti sottometti o muori. O ti sottometti o muoiono i tuoi figli. O ti sottometti o le tue figlie verranno stuprate. Così punto e basta. Immagini di guerra così suggestive da lasciare sgomenti.
“Il mondo danzava una ridda. Gli scheletri sotto terra davano il ritmo. Le rose sbocciavano nere. Le strade erano ponti sospesi, ondeggianti, pronti a precipitare da un momento all’altro. Persino la neve aveva assunto una sfumatura bluastra. Il cielo era bucato; si vedevano fori di proiettile anche all’orizzonte. E il sole illuminava ancora, stancamente, ma non riusciva più a riscaldare. Gli alberi si parlavano bisbigliando e s’impiccavano a un ramo dell’altro. Gli uccelli cadevano dal cielo perché la ridda aveva fatto sì che disimparassero a volare, e i bambini diventavano adulti all’improvviso e pulivano granate. Le lacrime erano diventate rare e costose. Solo le smorfie erano libere”
In questo scenario si dipano le vite delle nostre eroine. La ribelle Stasia, la bellissima Christine, la coraggiosa Kitty, l’indecisa Elene, la fragile Daria, la “fenice” Niza e la piccola incredibile Brilka. Ogni vita merita di essere letta con attenzione, ognuna arricchisce il lettore di sensibilità e consapevolezza. Sono presenti anche grandi figure maschili, ovviamente. Uno su tutti è Kostja, figlio di Stasia (a cui in realtà è dedicato un intero capitolo), quasi a riportare la condizione generale del Paese nel particolare delle singole famiglie.
La narrazione è affidata a Niza, la protagonista della settima vita, costretta ad andare a cercare e riportare a casa la nipotescappata di casa, Brilka. Quasi non la conosce. Niza a sua volta era “scappata” lontano per cercare se stessa senza neanche riuscirci. Da Tbilisi a Berlino, un racconto di una ricchezza incredibile, sia dal punto di vista letterario, sia da quello storico fino a quello emotivo e terribilmente umano. Alla fine di ogni cosa è l’amore ciò che sempre ci salva? Per Brilka.
“Sii tutto quello che noi eravamo e non eravamo. Sii un tenente, una funambola, un marinaio, un’attrice, un regista, una pianista, un’amante, una madre, un’infermiera, una scrittrice, sii rossa e bianca o blu, e soprattutto danza infiniti passo de deux. Ti ho scritto tutte le parole che possedevo.“
“Perché devo queste righe a un secolo che ha ingannato e raggirato tutti, tutti quelli che speravano. Devo queste righe a un tradimento di lunga durata, che ha pesato sulla mia famiglia come una maledizione. […] Devo queste righe a un’infinità di lacrime versate, devo queste righe a me stessa, quella che lasciò la patria per trovarsi e tuttavia si è persa sempre di più; ma soprattutto devo queste righe a te, Brilka.
Le devo a te perché tu meriti l’ottava vita perché si dice che il numero otto equivalga all’eternità, al fiume che ritorna. Ti dono il mio otto. È il tuo turno, Brilka. Io ho adottato il tuo cuore. Il mio l’ho gettato via. Accetta il mio otto.”
A lettura ultimata mi sono chiesta come sia possibile reggere il ritmo per un numero così consistente di pagine. Davvero non cala mai. Anzi, verso la fine direi quasi che aumenta. Mi ha ipnotizzato per giorni interi. Un libro davvero maestoso. Un libro che niente ha da invidiare ai grandi e illustri russi che lo hanno preceduto, secondo me. Non ho letto un libro, mi sono fatta un grande regalo.
Nino Haratischwili
Nino Haratischwili è nata a Tbilisi nel 1983 e oggi vive a Berlino. Scrittrice, drammaturga, regista teatrale, già finalista al DeutscherBuchpreis, il più prestigioso premio letterario tedesco, e nella selezione dell’International Booker Prize, con L’ottava vita (per Brilka) ha ottenuto un grandioso successo internazionale, conquistando la critica all’unanimità e importanti riconoscimenti.
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