MASSIMO GARDELLA
Editore: Tre60
Genere: thriller
Pagine: 313
Anno edizione: 2025

Sinossi. Il corpo di una donna viene trovato nei boschi di Piazzatorre, una località montana della Val Brembana non distante dal valico che conduce in Valtellina. È disteso sopra un masso piatto, con i polsi tagliati e il sangue sparso sul terreno tutto intorno. Il capitano dei carabinieri Fernando Pavone è stato trasferito da poco al comando di Piazza Brembana, il suo ultimo stanziamento prima della pensione. Non avvezzo alla montagna, introverso e piuttosto pragmatico, Pavone si ritrova a indagare sull’inquietante delitto che, in base ai rilievi preliminari, porta con sé le caratteristiche di un omicidio rituale. Ad assisterlo nelle indagini ci sono Stefano Milesi, giovane brigadiere con uno spiccato senso della giustizia, e Marzio Bottazzi, un ottantenne dai modi stravaganti e provocatori, ex professore di antropologia ed esperto di storia locale ed esoterismo. Ma chi poteva avere interesse a uccidere una giovane donna senza alcun apparente legame con il territorio? E cosa nascondono gli enigmatici aspetti rituali che caratterizzano il trattamento del corpo? In un crescendo di colpi di scena, Massimo Gardella conduce il lettore in una vorticosa discesa negli abissi più oscuri della mente umana, tra misteri irrisolti e riti ancestrali, sullo sfondo dei fitti boschi di una delle zone montane più aspre e suggestive d’Italia.
Recensione
di
Marco Lambertini
Una mattina di fine estate ai confini tra la Val Brembana e la Valtellina viene ritrovato il corpo di una donna uccisa e messa come in una posa rituale sopra un masso levigato. Luci nel bosco, dopo un prologo che ci lascia ammutoliti, inizia così.
Sul luogo del delitto arriva il Capitano dei carabinieri Fernando Pavone appena arrivato per quello che potrebbe essere l’ultimo comando prima della pensione.
Pavone descritto come un carabiniere che non vede l’ora di arrivare alla fine della sua carriera e con qualche acciacco fisico, si ritrova un caso da prima pagina.
Nonostante questo cerca di non dare troppa pubblicità all’ indagine e anzi procede da solo lasciando quasi all’oscuro i giovani sottoposti della piccola stazione della valle.
“Voleva evitare di coinvolgere il reparto informatico per scavare nella sua vita nel web. Significava inviare una richiesta che avrebbe sollevato domande e sicuramente implicato il passaggio delle indagini al nucleo investigativo. Invece voleva chiudere da sé quella storia. Anzi, doveva. Sperava che si sarebbe progressivamente sgonfiata, un mese al più tardi, così lui sarebbe tornato alla relativa calma piatta del suo ultimo trasferimento.“
Il capitano Pavone ritiene più importante l’aspetto rituale dell’omicidio più che indagare sulla vittima, una ragazza austriaca che nessuno pare conoscere. Per questa ragione si rivolge a un ex professore di antropologia ed esperto di storia locale, Marzio Bottazzi ultimo discendente di una importante famiglia di possidenti del luogo.
Bottazzi sembra nascondere qualcosa e soprattutto ha un passato pieno di stranezze e in qualche caso di violenza.
“Per la prestanza dimostrava settant’anni, ma doveva averne almeno dieci di più. Si presentò con una stretta di mano brusca e rapida, anche se vigorosa, e un’occhiata altrettanto svelta grazie a cui Pavone notò i suoi occhi azzurrissimi, quasi brillanti.“
Pavone ritiene che sappia di più di quanto dice e anche che possa essere a dispetto dell’età l’assassino che sta cercando.
Il rapporto tra i due è un gioco di specchi nel quale interviene poi il brigadiere Milesi, giovane carabiniere molto legato al vecchio comandante della stazione che ha lascito il comando in maniera strana senza salutare il proprio sostituto. I silenzi di Pavone insospettiscono Milesi che indaga sul suo capitano.
Il giovane Milesi è il vero protagonista della storia, diventato carabiniere per proseguire con lo sci in maniera agonistica, vuole innanzi tutto capire se Pavone sia un “imbucato” o un novello Sherlock Holmes.
“Poi, a prescindere dalla presunta incapacità del capitano, c’erano aspetti inspiegabili. Il fatto che il caso non fosse passato al ROS e il mancato rispetto delle ordinarie procedure per indagare su un crimine del genere, tanto per cominciare. La completa estraneità della magistratura. Non un pubblico ministero, né un sostituto procuratore a coordinare il loro lavoro. Per non parlare della quasi assoluta indifferenza mediatica. Per Stefano era incredibile che dopo tre settimane fosse uscita soltanto una manciata di trafiletti su Agnes Mittens,“
L’indagine ufficiale sembra non portare a nulla, mentre quella parallela di Milesi piano piano arriva a conclusioni completamente diverse da quelle di Pavone.
La storia è ambientata in luoghi poco conosciuti e ai margini del turismo di massa, luoghi in cui sembra impossibile possa esistere un assassino rituale.
Massimo Gardella dedica grande spazio nel narrare la storia dei luoghi teatro degli avvenimenti servendosi del personaggio di Marzio Bottazzi, storico, antropologo e geologo. Una storia di incredibile ricchezza e poco conosciuta ai più.
“Senza quasi accorgersi, si ritrovò immerso nella storia di una delle zone meno “esplorate” e conosciute d’Italia, a detta delle fonti su cui era concentrato, ricca di scoperte recenti in ambito paleontologico. Il museo archeologico di Zogno era citato in quasi tutti gli articoli. In epoca pre-romana, le valli a nord di Bergamo – in particolare la confinante Valle Seriana – erano state territorio degli Orobi, un ramo dei Celti detti Golasecchiani, e avevano rinvenuto resti archeologici ancora più antichi. Epoche lontane e oscure, vaste e aspre terre popolate da un’umanità pagana e brutale e forse anche da creature favolose ormai estinte”
Il centro della vicenda è però altro, un centro labirintico, oscuro e sinistro dove i ruoli istituzionali sfumano e si confondono, e dove, la sottile distinzione che avvolge i termini ‘legge’ e ‘giustizia’ emerge in maniera forse discutibile ma con una logica spiegazione finale.
Alternando il racconto con i punti di vista dei tre personaggi, Gardella continua a farci vedere varie possibili realtà, ognuna diversa ma tutte plausibili, quello che ci appare chiaro diventa oscuro e quando siamo certi di una verità arriva il colpo di scena che cambia tutto.
Forse la soluzione arriva un po’ troppo improvvisa ma comunque la tensione che l’autore crea nei rapporti tra Pavone, Bottazzi e Milesi tiene alto il ritmo del racconto insieme alle stupende descrizioni delle valli bergamasche.
Un incipit e un finale ricchi di tensione narrativa rendono Luci nel bosco una lettura interessante e coinvolgente al netto, forse, di alcuni passaggi un po’ troppo improvvisi nello scioglimento della trama.
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Massimo Gardella
è nato nel 1973. Autore e traduttore di saggi e romanzi, tra cui Jerusalem di Alan Moore (Rizzoli Lizard) e la trilogia di Vorrh di Brian Catling (Safarà Editore), ha esordito nel 2009 con il romanzo Il Quadrato di Blaum (Cabila Edizioni). Con Guanda ha poi pubblicato Il male quotidiano (2012) e Chi muore prima (2013), entrambi finalisti al Premio Scerbanenco. Nel 2019 ha partecipato al romanzo collettivo Cronache dalla polvere (Bompiani) e nel 2023 è uscito il romanzo Invasione (Delos Digital). Come musicista ha pubblicato due album con la band Yellow Capra.