L’ULTIMO UOMO BIANCO
di Mohsin Hamid
Einaudi 2023
Norman Gobetti (Traduttore)
Narrativa, pag.136
«Con un capolavoro dopo l’altro, Mohsin Hamid si sta dimostrando uno degli scrittori piú importanti del ventunesimo secolo. E questo è forse il suo romanzo migliore». – Avad Akhtar
Sinossi. Un mattino, Gregor Samsa, commesso viaggiatore, si sveglia da sogni inquieti e si ritrova trasformato in un immane insetto; anni dopo, Anders, personal trainer in un’anonima palestra di una città indefinita, si sveglia e scopre di essere diventato di un innegabile marrone scuro. L’incredulità presto cede il passo alla furia omicida: Anders si sente vittima di un crimine, «un crimine che gli aveva portato via ogni cosa, che gli aveva portato via se stesso», si scaglia contro la propria immagine allo specchio, si rimette a letto sperando che quell’uomo scuro se ne vada, chiama al lavoro per dire che è malato, molto malato, piú di quanto immaginasse, si aggira per la città e scopre che «le persone che lo conoscevano non lo conoscevano piú», e infine telefona a Oona. Oona, giovane insegnante di yoga, sta provando a prendersi cura di sua madre – e di se stessa – dopo la morte del fratello gemello; fra lei e Anders si è da poco riaccesa un’attrazione nata fra i banchi di scuola, ma quando Oona passa da lui dopo il lavoro, rimane di stucco di fronte all’uomo che le apre la porta, e sulle prime fatica a riconoscerlo. Ciò che Oona e Anders ancora non sanno è che la trasformazione sta prendendo piede ovunque: tutte le persone bianche stanno diventando scure, e la tensione sociale continuerà a crescere, sfociando in risse, sparatorie, suicidi e sommosse, finché «l’ultimo uomo bianco» verrà sepolto e la bianchezza non sarà che un ricordo. Hamid, in un vortice di frasi che, come i personaggi che le abitano, sembrano sorrette da un disperato bisogno di stabilità identitaria, confeziona un romanzo di commovente lucidità sulla perdita del privilegio, un’opera in cui frustrazione e violenza si trasformano nella promessa di futuro: «a volte sembrava che la città fosse una città in lutto, e il Paese un Paese in lutto, e questo si addiceva a Anders, e si addiceva a Oona, dato che collimava con i loro sentimenti, ma altre volte sembrava il contrario, che stesse nascendo qualcosa di nuovo, e abbastanza stranamente anche questo si addiceva loro».
Recensione di Giulia Manna
Per capire quanto è sbagliato il razzismo serve la fantascienza? Sì, serve qualsiasi mezzo, quindi anche la fantascienza.
Anders è il protagonista di questa storia assieme ad Oona. L’uomo è un personal trainer e non è di larghe vedute. Quando una mattina si sveglia e scopre di essere diventato scuro, questa è la sua reazione:
“ la faccia che aveva sostituito la sua lo riempì di rabbia, anzi, più che rabbia, di un’inattesa furia omicida. Voleva ammazzare l’uomo di colore che gli si parava davanti lì in casa sua, spegnere la vita che animava quell’altro corpo, non lasciare in piedi altri che se stesso, se stesso com’era prima”.
Oona invece è un’insegnate di yoga. La prima persona a cui Anders si rivolge quando subisce la mutazione.
Ander non è l’unico uomo a diventare scuro. In tanti come lui stanno cambiando pelle.
Una storia di fantascienza molto semplice e breve che ricorda la trasformazione in scarafaggio di Gregor Samsa in La metamorfosi di Kafka. Dunque uno stile letterario già collaudato, ma non per questo meno efficace o interessante con il preciso intendo di cercare di scuotere le coscienze.
Se siete curiosi, buona lettura.
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Mohsin Hamid
Mohsin Hamid è cresciuto in Pakistan ma in seguito ha frequentato la Princeton University e la Harvard Law School, lavorando poi per diversi anni come consulente aziendale a New York. Il suo primo romanzo, Nero Pakistan, tradotto in Italia da Piemme, ha vinto il Betty Trask Award, è stato finalista nel PEN/Hemingway Award ed è stato un Notable Book of the Year per il «New York Times». Suoi articoli e saggi sono apparsi su «Time», «The New York Times» e «The Guardian». Grande successo internazionale anche per il suo romanzo Il fondamentalista riluttante (Einaudi Supercoralli, 2007 e Super ET, 2008), dal quale la regista Mira Nair ha realizzato un film – The Reluctant Fundamentalist (2012) – collaborando con lui per la sceneggiatura.