L’uomo




L’uomo che scrisse la Bibbia

Recensione di Francesca Mogavero


Autore: Marco Videtta

Editore: Neri Pozza

Pagine: 240

Genere: narrativa (romanzo storico)

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Questo romanzo narra la storia di William Tyndale il Traduttore, l’uomo che scrisse il libro più letto nella storia dell’Occidente: la Bibbia in inglese. È una storia popolata da sicari, vescovi oltranzisti, avidi mercanti, subdoli traditori, alchimisti e re, e ambientata in una delle epoche più turbolente, complesse e avvincenti che l’Europa abbia conosciuto: la prima metà del Cinquecento, il secolo che si apre con la scoperta dell’America, la Riforma luterana e la definitiva spaccatura fra Oriente e Occidente. Narra di un genio che osò scrivere la Bibbia come se fosse la prima volta, nella lingua del popolo e non dei potenti, e che, così facendo, inventò l’inglese moderno, la lingua di Shakespeare. Dalla sua penna sono scaturiti neologismi come «il sale della terra», «i segni dei tempi», «capro espiatorio» e frasi piene di ritmo che Tyndale afferra «a orecchio» dalla gente comune, dal modo di esprimersi di quei commercianti, tessitori, marinai, tosatori, sarti e venditori di stoffe che ha conosciuto da ragazzo, nel Gloucestershire, la terra di confine affacciata sul mare dove è nato e cresciuto. È, infine, il racconto di un viaggio, avventuroso e insidioso come quello dei primi esploratori, che porta da una lingua misteriosa, l’ebraico del Vecchio Testamento, a una lingua non ancora nata. Un viaggio in cui, per un libero pensatore alle prese con i demoni della propria creatività, per un rivoluzionario braccato da potenti nemici, il prezzo da pagare è sempre molto alto.

Recensione

L’uomo che scrisse la Bibbia è un romanzo incantevole.

Un aggettivo riduttivo per un sostantivo altrettanto riduttivo: perché non si tratta di un semplice romanzo: l’opera di Marco Videtta è il reportage di un’epoca di trasformazione e scoperte, una storia di persone, di parole e di menti, un manifesto con una scintilla divina.

Perché dietro un’impresa titanica come quella affrontata da William Tyndale, con cuore puro, liberalità e nobiltà d’animo e d’intenti, dietro un frutto così succoso e nutriente d’ingegno e di fede, non può non esserci un raggio celeste, una perseveranza infernale o, ancora meglio, la perseveranza e l’ineluttabilità della missione di scrittore. Che a sua volta ha qualcosa di paradisiaco, maledetto e dannatamente umano.

William – mi piace chiamarlo per nome, come se fosse un amico caro – è il Traduttore, ma è anche autore. Magari non avrà scritto la Bibbia per primo, sarebbe blasfemo affermarlo, ma è il creatore di una lingua nuova, non studiata a tavolino, ma appresa con le orecchie e il cuore ascoltando tessitrici e fabbri, ragazzi che tirano l’aratro e marinai al porto, dando corpo a una musica mai ascoltata, che sembra la voce degli angeli perché è comprensibile a tutti immediatamente, quasi per magia.

Una lingua che sarà di Shakespeare, di Jane Austen, e poi di Leonard Cohen, di Bob Dylan, dei Rolling Stones, di Samuel L. Jackson: il passepartout per comunicare e farsi comprendere, con una sintassi lineare e un lessico immediato, ma non meno evocativo. Una lingua che è davvero madre, perché appartiene ai tanti figli d’Inghilterra, quelli delle bische, dei campi, delle botteghe e dei bordelli, lontani dalle beghe della corte e dai giochi sporchi del potere.

Il potere, quello vero, è nella parola e William ne fa dono a tutti, partendo dalle fonti primarie e rendendo accessibile, senza filtri né distorsioni, la voce di Dio.

Il greco è il punto di partenza per tradurre (o riscrivere?) il Nuovo Testamento, ma per l’Antico occorre salire ancora più su, sul Sinai del linguaggio: l’ebraico. Ed ecco che il nostro Traduttore, che per tanti lettori e ascoltatori potrebbe essere un maestro, nell’estasi di apprendere e condividere diventa allievo di Rav Moses, non senza difficoltà, ma dimostrandosi il migliore, pur essendo un “gentile”.

In fondo si è discepoli per sempre e William l’appassionato, William l’innocente, l’incontentabile, lavora per oltre dieci anni sul Libro dei Libri, sempre alla ricerca della formula più precisa, più pulita, sentita e sonante, mentre il mondo attorno a lui legge clandestinamente e si esalta, vede il cambiamento, gli occhi che brillano di conoscenza, e trema. Perché è un mondo in fermento da entrambe le parti, al vertice e alla larga base della piramide, ed essere sovversivi, rivoluzionari o semplicemente assetati di parole non è facile, spaventa.

Commercianti e stampatori, navigatori e amici facoltosi, un alchimista e un amore perduto sostengono William nel percorso, quantomeno per un tratto di strada, ma la via degli originali è tortuosa e accidentata, il sentiero si fa passo passo più stretto e alla fine – davanti alla gloria o al patibolo – ci si ritrova in solitaria, perché i tempi, le occasioni, i contesti non sono mai maturi abbastanza.

Un nome su un frontespizio può sbiadire o essere omesso fin dall’inizio, una pagina può essere bruciata e una matrice fatta a pezzi, ma l’Opera vera, il progetto complessivo, non muore mai, perché il sacrificio di chi vi ha messo mano – la fatica, l’energia, la gratuità, la tortura – gli ha donato vita eterna, mentre imperi, vecchi dogmi e dispute vuote si sgretolano.

Se l’amore “move il sole e l’altre stelle”, non è che la parola – quella calibrata, che sanguina e vibra davvero – sia da meno, William ce lo dimostra… anche attraverso lo splendido romanzo di Marco Videtta, che con altrettanta passione, ricerca e penna ispirata, instilla nuova linfa in una storia, una lingua e un’idea senza tempo.

A cura di Francesca Mogavero

 

Marco Videtta


ha pubblicato saggi e articoli su cinema e letteratura. È autore e produttore creativo di molte fiction televisive di successo. Per e/o ha pubblicato il romanzo Un bell’avvenire, finalista al premio Azzeccagarbugli. Con Massimo Carlotto ha scritto Nordest, premio Selezione Bancarella, e i quattro romanzi del ciclo Le Vendicatrici, editi da Einaudi Stile Libero. Per Rai Eri ha pubblicato Il jazzista imperfetto, biografia del pianista Danilo Rea. I suoi libri sono tradotti in inglese, francese, tedesco e spagnolo.

 

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