Recensione di Laura Salvadori
Autore: Søren Sveistrup
Traduzione: Bruno Berni
Editore: Rizzoli
Genere: thriller nordico
Pagine: 560
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Troppe cornacchie dietro il trattore. Saltellano freneticamente intorno a qualcosa di bianco, pallido e informe. Un maiale. Gli occhi spenti, il corpo che freme e si agita, come se provasse a spaventare le cornacchie, appollaiate a una settimana dalla pensione, si ferma davanti alla fattoria di un vecchio conoscente, nei dintorni di Copenaghen. Qualcosa non va. Un maiale morto lasciato lì. Non si fa così, in campagna. Apre la porta d’ingresso, socchiusa, con due dita, come nei film. Per vedere una cosa che non avrebbe mai voluto vedere: sangue, un cadavere mutilato, altri corpi da scavalcare. Cammina fino all’ultima stanza, dove centinaia di omini fatti di castagne e fiammiferi – infantili, incompleti, deformi – lo guardano ciechi. Stravolto, si chiude la porta alle spalle, senza sapere che l’assassino lo sta fissando.
Recensione
Quando un romanzo d’esordio riesce ad accedere nel lettore una fiamma che non si riesce a spegnere, quando gli occhi non vorrebbero mai staccarsi dalle pagine, quando si deve ammettere di aver letto un’opera che non ha pecche, ecco, allora possiamo dire di essere di fronte ad un romanzo che è destinato a fare il giro del mondo e ad entrare in migliaia di case, per far mostra di sé nelle librerie degli appassionati di genere.
Per i cultori del thriller nordico, “L’uomo delle castagne” rappresenta una perla, una sfera perfetta e completa che racchiude in sé un mondo intero. Un romanzo d’esordio che tocca molteplici acuti e che ha tutto quello che amo leggere in un thriller. Del resto il suo autore, Søren Sveistrup, non è certo alle prime armi, avendo al suo attivo sceneggiature eccellenti come quella della serie TV “Killing” e del film “L’uomo di neve”, tratto dall’omonimo romanzo di Jo Nesbø.
Non sono solita gridare al capolavoro molto facilmente, preferisco essere cauta e avere un atteggiamento possibilmente neutro. Ma davanti a “L’uomo delle castagne” mi sono sentita quasi obbligata a tenere un profilo alto.
Gli ingredienti essenziali ci sono tutti: latitudine (siamo in Danimarca, algida terra, impeccabile ed efficiente ma che sempre più presta il fianco ad alcune debolezze di tipo “sociale”), un serial killer, spietato, con un passato di violenza fisica e psicologica, che permette al lettore di scendere in un inferno privato di dolore e disagio, una coppia di detective fuori dalle righe, un intreccio di largo respiro, una trama che sballotta il lettore in diverse direzioni alla ricerca del bandolo della matassa, grazie a due storie che inizialmente scorrono in parallelo ma che si intuisce da subito che sono destinate ad intrecciarsi.
Quello che più colpisce, a mio avviso, è l’estrema veridicità del racconto, che a tratti ruba idee e costruzioni linguistiche alla cronaca. Leggiamo le pagine e al contempo è facile visualizzare i luoghi, gli odori, i paesaggi come se fossimo trasportati lì, sulla scena. E allo stesso modo siamo coinvolti nel pathos del romanzo, dentro le emozioni dei protagonisti, dentro al loro dolore e alla loro disperata ricerca della verità, disperazione e impeto che il lettore condivide con i personaggi, così reali da poterli toccare con mano.
Nonostante questo c’è poco spazio per entrare nella psiche dei protagonisti. L’accento è costantemente premuto sull’azione, sulle intuizioni investigative, sugli eventi, nudi e crudi. E di crudezza ce n’è, quanto basta a far vibrare il lettore di suspense e di adrenalina! Tutte caratteristiche che io personalmente ricerco e amo in un thriller!
Nello stesso tempo, tuttavia, questo romanzo devia in alcuni tratti dalla costruzione classica del thriller. Non vi è il detective onnisciente e super dotato e i personaggi sono esclusivamente pedine della storia, uomini e donne completamente asserviti al tratteggio della trama.
Nel romanzo tutto ruota intorno al Killer; tutto il resto è superfluo e, in fondo, non necessario e dei protagonisti a stento conosciamo qualche dettaglio della loro vita privata.
La coppia investigativa, Thulin e Hess, in realtà non è una coppia; sono due persone che si trovano, loro malgrado, a lavorare fianco a fianco: l’una che mira, in realtà, ad essere trasferita in un altro reparto e che vuole solo mettersi in luce per poi abbandonare la squadra omicidi, l’altro, che si trova a Copenaghen quasi in castigo, malvisto, con una reputazione dubbia che lo precede, con un’aurea di maledizione che compensa con un grandissimo talento investigativo. Insomma un personaggio altamente carismatico, che in più di un’occasione mi sono trovata ad accostare all’ormai famoso Harry Hole di Jo Nesbo.
La trama è geniale, mai scontata, mai banale, ma sempre sorprendente, originale, coinvolgente, meravigliosa! L’autore riesce a stupire il lettore pur mantenendo uno schema classico: incipit con un flash back di grande effetto, susseguirsi di omicidi seriali, vittime che l’autore in qualche modo preannuncia al lettore creando situazioni altamente adrenaliniche, un mistero che sembra quasi impossibile che fa da sfondo agli omicidi e lo studio minuzioso e brillante della squadra investigativa, che coinvolge il lettore in mille congetture. E sullo sfondo un orrore che viene dapassato e che spinge il serial killer a mietere le sue vittime.
Infine, immancabile e suggestiva, la cornice nordica! Copenaghen in inverno, il buio inverno danese, il clima umido e implacabile del mar Baltico, la neve, fredda e irrinunciabile compagna,che intralcia, che gela gli animi ma che è anche capace di creare paesaggi incantevoli.
Insomma, avrete capito che questo romanzo mi ha entusiasmato!
Vi assicuro che la lettura de “L’uomo delle castagne” sarà per voi un’avventura stupefacente!
I miei complimenti vanno all’autore, che ha confezionato un’opera prima davvero di altissimo livello. Dieci e lode alla storia, dieci e lode ai protagonisti e un plauso anche alla prosa, semplice, scorrevole, di grandissimo effetto.
Niente farebbe supporre ad un seguito, il finale si direbbe autoconclusivo, ma devo dire che mi sento già orfana e anche morbosamente curiosa, poiché nelle ultime pagine l’autore fa presagire alcuni risvolti riguardati i due protagonisti. Hess e Thulin, però, hanno ancora moltissimo da dire e da fare, insieme, e chissà quali orrendi delitti insanguineranno Copenaghen in un prossimo futuro, delitti che avranno bisogno dell’incredibile talento di questa coppia!
Quindi, non resta che sperare che la talentuosa penna di Søren Sveistrup sia ancora a lungo prolifica e che ci regali nuovamente adrenalina, mistero, orrore e sangue!
Søren Sveistrup
Søren Sveistrup è nato a Copenaghen nel 1968. Adottato quando era ancora molto piccolo, ha trascorso l’infanzia sull’isola remota di Thurø, a sud della Danimarca. Ha scelto la strada della sceneggiatura perché “puoi usare tutto quello che sei, che ti porti dietro, tutti i sentimenti, e farci qualcosa. Capirlo è stata una grande liberazione”. Ha sceneggiato infatti la serie televisiva “Killing” e “L’uomo di Neve”, tratto dall’omonimo romanzo di Jo Nesbø. L’uomo delle castagne è il suo primo romanzo, un grande successo in patria tradotto in 25 paesi.
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