Magnificat




 MAGNIFICAT


Autore: Sonia Aggio

Editore: Fazi Editore

Genere: narrativa

Pagine: 201

Pubblicazione: 3 settembre 2022

Sinossi. È il 1951. In un piccolo casolare nella campagna del Polesine, dove i temporali ingoiano all’improvviso i cieli luminosi e il granturco cresce alto e impenetrabile, vivono Norma e Nilde, due cugine cresciute come se fossero sorelle dopo che un bombardamento durante la guerra ha ucciso le loro madri. Nilde è una ragazza riservata e timorosa di tutto e la sua ansia aumenta quando Norma inizia a comportarsi in maniera strana. Da quando è caduta dalla bicicletta mentre raccoglieva le ciliegie, sua cugina non sembra più la stessa: scompare senza motivo ogni volta che scoppia un temporale, è scontrosa, non le parla, impedendole persino di avvicinarsi. Nilde prova a seguirla nei campi, ascolta le voci che circolano in paese, ma non riesce a capire perché la sua Norma, il suo punto di riferimento nella vita, bella come la Madonna del Magnificat che le loro madri tanto veneravano, le stia facendo questo. Cosa spinge Norma ad allontanarsi da Nilde e a fuggire come una bestia selvatica al primo rombo di tuono? Cos’è successo quel pomeriggio lungo l’argine del fiume? Perché tra di loro quell’abisso improvviso di silenzi e bugie? Il legame indissolubile che lega le due protagoniste verrà messo a dura prova da inquietanti apparizioni e inspiegabili fughe in una storia perturbante fatta di assenze e di mistero. Sullo sfondo, una terra magnetica, insidiosa come il fiume che la attraversa: quel Po che la rende fertile ma che talvolta la travolge per riprendersi tutto.

Un libro intenso e visionario in grado di scandagliare i segreti della natura e dell’animo umano. L’esordio straordinario di una giovanissima autrice.

 Recensione di Sara Zanferrari


“Ti parleranno delle nebbie come dell’essenza di questa terra: non crederci. 

Questo è un luogo di distanze immense e ingannevoli, e le imparerai soltanto uscendo sotto il sole dell’estate. 

Quaggiù gli uomini sono piccoli come formiche e le case non sono che schegge di argilla. Tutt’intorno avrai solo campi, acqua, cieli sterminati. 

Camminerai a lungo, pensando di avvicinarti ai temporali che appaiono tra i pioppi […] 

E ancora più a lungo camminerai per sfuggire al fiume, illudendoti che basti distogliere lo sguardo dalla sua superficie scintillante, ignorando gli argini interrati che calpesti, le vene di sabbia che ti avvolgono. Ovunque andrai, lo porterai con te. 

Ascoltando il fruscio delle golene, ti aspetterai di veder passare una processione di antiche sacerdotesse. Quando abbasserai lo sguardo sull’acqua immobile, non ti stupirà vederne uscire una testa bionda e mostruosa. 

Vicino lontano, passate presente – qui sono la stessa cosa”.

Sono il Polesine e il suo fiume, il Po, visti dagli occhi e dalla penna già sapiente della giovane Sonia Aggio, nata a Rovigo nel 1995. Qui, nel suo “Magnificat”, romanzo d’esordio uscito a settembre per Fazi Editore, la sua terra, che si trova nella parte meridionale del Veneto (“La Bassa” viene anche chiamata), si fa storia e memoria, si fa leggenda e mito. 

Nilde e Norma, due cugine, rimaste orfane a causa della guerra, vivono come sorelle, sullo sfondo dell’alluvione del Polesine del novembre 1951, evento catastrofico che colpì gran parte del territorio della provincia di Rovigo e una parte del veneziano, causando un centinaio di vittime e più di 180.000 sfollati, senza contare la carestia prodotta dalle terre allagate, che costrinse molti ad emigrare.

La potenza dell’acqua e della Natura, dunque, sono realtà imprescindibili per chi, come Aggio, è nato e cresciuto in questo territorio agricolo e antico. Territorio di antiche leggende del fiume, territorio di sangue e destino, religione e soprannaturale, “vicino e lontano, passato e presente”, dove la Natura è ancora matrigna, uno scenario, dunque, ideale per costruire una storia intensa, drammatica e ricca di voci potenti come questo Magnificat.

C’è la voce che urla della tempesta, dei temporali che squassano i cieli con fulmini improvvisi e grandinate d’estate, e pioggia battente, affilata, tagliente d’autunno. 

C’è il verso muto e inquietante di una creatura soprannaturale, la “Signora del fiume”, la “Madonna della Vigna”, un essere sovrumano che incarna vita e morte, bene e male, indefinita, a metà strada fra sacro e profano, come spesso si trova nelle storie popolari. 

E poi, su tutte, c’è la voce potentissima del Po, il gorgoglio sinistro dell’acqua del fiume quando impazzisce, si gonfia, e risale su a cercare di scavalcare le sue stesse rive, l’acqua che muggisce come le bestie che si porterà via rompendo gli argini, che grida, come i bambini e le donne mentre annegano: “Seduti lassù hanno sentito il rumore dell’acqua, e poi le grida, Nilde… Hanno gridato tutta la notte, più forte delle vacche intrappolate nelle stalle, degli urli che straziavano l’anima…”, racconterà Domenico a Nilde. 

Ma, prima di tutte, le voci delle due protagoniste, Nilde e Norma, le quali, come in un duetto, racconteranno la stessa storia, ma da due punti di vista diversi, svelando solo nella seconda parte le ragioni delle stranezze, le follie, di Norma, che dopo un’innocua caduta in bicicletta comincia a comportarsi in modo bislacco, diventa aggressiva, sparisce ogni volta che scoppia un temporale, tagliando sempre di più i rapporti con Nilde. Nilde proverà a seguirla, a capirla, ad amarla nonostante tutto e tutti. Ma il destino di Norma, “selvatica, infelice, disperatamente bella”, non è con la cugina. Norma che è “regola, severità, durezza”, verrà portata lontano da Nilde per sempre. 

La Natura dà, la Natura toglie: il fiume Po mentre rende fertili le terre, distende il suo artiglio sinistro su di loro, ingoiandole a un tratto con ferocia, trascinando via con sé uomini e animali, campi e case. È lei, la Natura, infatti, la terza protagonista di questo romanzo: non farà solo da sfondo alle vite di Nilde e Norma, ma sarà colei che le getterà in aria e infine a terra, come un fragile castello di carte. A nulla, o quasi, varrà la lotta testarda delle due ragazze per opporsi al destino, perché è già scritto: questa è la loro terra, questo è il Polesine, questo è il Po. 

“La luce che filtra sotto una porta, il verde smeraldo di un gorgo tra i salici, uno stormo di uccelli marini che stridono, il sole pallido d’inverno, i tramonti rosa sul Delta, i canneti di bronzo la riempiono di nostalgia. I temporali tornano ogni anno, dipingono il cielo di viola, si portano via il mistero dell’ultima estate di Norma”.

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Sonia Aggio


Sonia Aggio è nata a Rovigo nel 1995, è laureata in Storia e lavora come bibliotecaria. I suoi scritti sono stati segnalati più volte dalle giurie di premi importanti come il Premio Calvino e il Premio Campiello Giovani. Tra il 2018 e il 2020 ha collaborato con il lit-blog Il Rifugio dell’Ircocervo e, nel tempo, ha pubblicato diversi racconti su Lahar Magazine, L’Irrequieto, Narrandom e Altri Animali. Magnificat è il suo primo romanzo.

A cura di Sara Zanferrari

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