Recensione di Chiara Alaia
Autore: Rachel Kushner
Traduttore: Giovanna Granato
Editore: Einaudi
Genere: Thriller
Pagine: 344
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. “Un cellulare della polizia percorre le strade deserte nella notte californiana. Le detenute vanno trasferite quando cala il buio, per tenere distante dagli occhi della gente perbene quel branco di ladre, mogli assassine e madri degeneri. Romy Hall è seduta a bordo, e cerca di farsi gli affari suoi: una delle prime regole che s’imparano in prigione. Di lei non sappiamo molto. Sappiamo però che ha ucciso un uomo e per questo è stata condannata. È successo quando faceva la spogliarellista al Mars Room. Alcuni clienti optavano per il “pacchetto fidanzata” e uno di loro, Kurt Kennedy, si era convinto che lei fosse davvero la sua fidanzata, maturando una gelosia ossessiva e perversa. Romy era scappata a Los Angeles, ma non sembrava esserci modo di fuggire davvero da quell’uomo. Anche se nessuno ha ascoltato la sua versione, Romy è rassegnata ad abbandonarsi agli ingranaggi crudeli di una giustizia vendicativa, paternalista e violenta, pronta a abbandonarsi al suo destino come già faceva nella sua giovinezza randagia e disperata, romantica e perduta. Finché un giorno, anche lì, in fondo all’inferno in cui è precipitata, arriverà una notizia che cambierà tutto…”
Recensione
“Mars Room” – così si intitola il terzo, riuscito romanzo della Kushner – è il nome dello strip-club di San Francisco, dove Romy Hall lavorava prima di trasferirsi a Los Angeles. Prima di uccidere a sprangate il suo stalker, prima di essere condannata a due ergastoli e di essere rinchiusa nel carcere femminile di Stanville.
“Non ho in programma di vivere una vita lunga” – afferma la protagonista nelle prime pagine. – “Ma nemmeno una breve, se è per questo. Non ho nessun programma. Il fatto è che continui a esistere che tu abbia in programma di farlo o meno, finché non smetti di esistere, e allora i tuoi programmi vanno a farsi fottere comunque. Ma non avere programmi non significa non pentirsi di niente.”
Nel romanzo c’è un prima e c’è un dopo, e il Mars Room fa da spartiacque.
Nel “prima”, abbiamo la San Francisco della giovinezza di Romy, i suoi ricordi di ragazzina. Una madre distaccata, la dipendenza dalle droghe, una violenza subita alle soglie dell’adolescenza. Ma c’è anche l’amore per la sua amica Eva e per la città. Non la San Francisco turistica, non quella della poesia beat e delle bandiere arcobaleno, ma la parte più desolata e degradata dei sobborghi.
Nel “dopo” c’è invece l’omicidio di Kurt Kennedy, lo stalker da cui Romy è fuggita, trasferendosi a Los Angeles. C’è il processo e una condanna durissima, senza nessuna attenuante. C’è la prigione, le sue regole, a cui Romy sta cercando di adattarsi, e ci sono le donne che come lei stanno scontando una pena.
C’è la solitudine e la disperazione per la separazione dal figlioletto Jackson.
“Mars Room” è un romanzo intenso, denso, sconfinato per tematiche. Un romanzo basato sulle dicotomie. Raccontando la storia di Romy Hall e dei personaggi che le ruotano attorno, l’autrice parla di bene e male, di inclusione ed esclusione, di colpa e punizione. Echeggia Dostoevskij in un’America che è Paese della libertà e delle ingiustizie.
La Kushner affronta, senza risparmiare i dettagli più cruenti, l’annosa questione della violenza: istinto naturale o conseguenza dell’ambiente sociale e delle circostanze? La violenza patologica, psicologica, viene contrapposta alla violenza fisica, dettata dalla paura. La violenza contro la dolcezza, la bellezza di una donna come Romy.
“Mars Room” è un affresco spietato dell’America contemporanea e della società, in cui trova posto una molteplicità di tipi umani. Alcuni sono i compagni di cella della protagonista: il transessuale Conan, Laura Lipp, che ha ucciso il suo bambino come Medea, Betty LaFrance, ex-modella nel braccio della morte. Altri fanno parte invece del mondo esterno, come le guardie carcerarie e gli avvocati, il poliziotto corrotto Doc e il romantico insegnante di letteratura Gordon Hauser, uomo inconsistente e sostanzialmente egoista.
Lo stile della Kushner è breve e asciutto, il suo umorismo cupo. Ha una prosa elettrizzante, che trascina il lettore dall’inizio alla fine del romanzo, e che fa perdonare i rapidi salti temporali tra passato e presente. O le digressioni, che pure a volte appesantiscono la trama, così come il continuo spostamento del punto di vista, da Romy a quello degli altri personaggi, che l’autrice inserisce in una narrazione corale.
“Mars Room” è un romanzo appassionante e di grande umanità. È avvincente, nonostante sia ambientato quasi tutto tra le quattro mura di un carcere. È capace di suscitare sentimenti ambivalenti nei confronti dei personaggi, di compassione e di repulsione, ma sempre sospendendo il giudizio. “Mars Room” è uno di quei romanzi che ti entra dentro.
Rachel Kushner
Rachel Kushner è nata nel 1968 in Oregon, ma a undici anni si è trasferita a San Francisco con i genitori. Prima di Mars Room ha pubblicato i romanzi Braci nella notte e I lanciafiamme. Vive a Los Angeles. Mars Room è stato uno dei romanzi meglio recensiti del 2018. Tra l’altro è stato selezionato come Miglior libro dell’anno da Time Magazine, e inserito tra i Libri notevoli del New York Times; è stato finalista al Man Booker Prize, al National Book Critics Circle Award e candidato per la Andrew Carnegie Medal.
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