Moronga




 MORONGA

di Horacio Castellanos Moya

Rizzoli 2023

Raul Schenardi (Traduttore)

Noir, pag.336

Sinossi. Una storia che corre lungo il confine tra gli Stati Uniti e il Centroamerica e racconta di esilio e lotta armata, traffico di stupefacenti e violenza, aprendosi a una concatenazione di eventi a prima vista slegati, ma che spingono i protagonisti verso un unico precipizio, a Chicago, per una resa dei conti dalla quale nessuno uscirà vincitore. Moronga è un pescatore guatemalteco alcolizzato e senza un soldo, è un narcotrafficante e un collaboratore di giustizia. È tutte queste cose, o forse nessuna. Di sicuro, è il filo rosso che lega le sorti di due esuli salvadoregni rintanatisi a Merlow City, nel Wisconsin, cercando di non attirare l’attenzione, soprattutto quella delle autorità. José Zeledón è un ex guerrigliero che si è riciclato come schivo conducente di scuolabus, oltre a essere impiegato in un ufficio che si occupa di passare al setaccio le mail di studenti e insegnanti del college cittadino, ovvero di controllare che gli scambi avvengano con correttezza reciproca; Erasmo Aragón, con trascorsi nella resistenza salvadoregna, è un professore paranoico ed erotomane alle prese con una ricerca sul poeta rivoluzionario Roque Dalton, tradito e ucciso – forse – dai suoi stessi compagni. Per quanto siano fuggiti lontano, il passato pericoloso di entrambi rifiorisce sulla superficie apparentemente linda delle loro nuove vite, risvegliato da un messaggio inaspettato e dal rapimento di una ragazzina. Intorno ai due uomini, e alla figura misteriosa di Moronga, va disegnandosi il ritratto al vetriolo di una società soggetta a una sorveglianza perenne e autoimposta.


Recensione di Denise Antonietti

E’ sempre più raro trovare un romanzo costruito in maniera che si possa definire originale, oggi, ma sicuramente questo è il caso di Moronga, dell’autore salvadoregno Castellanos Moya.

La storia prende avvio con l’arrivo di José Zeledón in una piccola cittadina universitaria del Midwest. Un vecchio amico che fa da tramite, nuovo lavoro, nuova vita. All’apparenza una classica storia di immigrazione finita neanche troppo male.

Ma il lavoro onesto non basta a Zeledón. C’è un’ombra del passato che allunga le mani sul suo presente, un antico vizio, un’abitudine a guardarsi le spalle e lavorare all’oscuro che ha lasciato il segno. E “il Vecchio”, un contatto dei tempi della guerriglia, che lo aspetta a Chicago. Anche questo sarà un nuovo lavoro, ma poco onesto. E non è detto che finisca bene.

Zeledón è lucido, razionale, prudente. Conosce il suo mestiere, quasi come una spia. Cresciuto in un ambiente in cui il tradimento era all’ordine del giorno, ha fatto dell’essere invisibile l’aspetto fondante della sua esistenza.

La storia di Zeledón si interrompe bruscamente.

Qual’è il conto in sospeso del Vecchio con un uomo chiamato Moronga?

Nessuna risposta.

E’ il turno di Aragón.

Anche se il passaggio da un personaggio all’altro non fosse marcato in modo evidente dal punto di vista della divisione del romanzo in parti, non ci sarebbe alcun dubbio, leggendo le prime righe, che la voce che narra appartiene a un altro. Aragón, appunto.

Castellanos Moya dà prova di un’incredibile capacità di mimesi, acquisendo toni, sintassi, lessico completamente diversi a seconda dei panni che indossa. Aragón parla per muri di testo, periodi interminabili, quasi da flusso di coscienza. Tanto l’abitudine alla sorveglianza di Zeledón lo fa parlare a frasi brevi, come se si fermasse a ogni punto per guardarsi intorno, tanto Aragón parla a ruota libera, senza respiro, avviluppato nella spirale delle proprie ossessioni e paure che da El Salvador lo perseguitano anche nella sua nuova vita di professore universitario negli Stati Uniti.

Cos’hanno in comune Zeledón e Aragón? Moronga.
Moronga è il filo, l’elemento di casualità che in qualche modo finisce per collegare le loro vite, anche se loro, insieme al lettore, non ne saranno interamente consapevoli fino alla fine.

E’ l’ultima parte a dare un senso a tutto, dopo che anche la storia di Aragón trova un brusco arresto.

L’epilogo è costruito come un lungo report di polizia, in cui si narra un avvenimento che aiuta il lettore a rimettere insieme i pezzi.

Le autorità non scopriranno mai chi è il misterioso cecchino che apre il fuoco a Chicago il 15 giugno 2010.

Ma il lettore, a quel punto, se ha seguito le vicende con attenzione, non avrà alcun dubbio.

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Horacio Castellanos Moya


Horacio Castellanos Moya, 1957. Uno dei più famori autori dell’America Centrale. Costretto per ragioni politiche all’esilio dal suo Paese, El Salvador, è emigrato negli Stati Uniti. Tra i suoi libri ricordiamo La serva e il lottatore(Rizzoli, 2019).

A cura di Denise Antonietti

https://deniseantonietti.wordpress.com