Nebbia sul ponte di Tolbiac




A cura di Giorgia Usai

Autore: Léo Malet

Editore: Fazi

Pagine: 170

Genere: noir

Anno di pubblicazione: 2015

Quando Nestor Burma riceve una misteriosa richiesta d’aiuto dall’ospedale della Salpêtrière, si precipita sul posto a dare un’occhiata.
Ma è troppo tardi: Abel Benoit, un vecchio anarchico, è morto prima di poter parlare con lui.
Cosa aveva da dirgli?
 
E perché il mondo dell’anarchismo parigino, con il quale Burma è stato intimamente coinvolto, non è più quello di una volta?
Che fine hanno fatto i suoi vecchi amici?
Forse qualche indizio può fornirlo Bélita Moralés, seducente gitana che a sua volta nasconde tanti segreti e ha alle spalle una vicenda familiare dai risvolti inaspettati.
O forse la pista giusta è legata a un altro caso: la scomparsa, avvenuta nel 1936 nei dintorni del ponte di Tolbiac, di una grossa somma di denaro.
È un’inchiesta dura e dolorosa, quella che attende Nestor Burma.
 
Ed è ambientata nel XIII arrondissement, il quartiere dove ha trascorso la sua adolescenza misera ma ricca d’ideali: un luogo pieno di ricordi, dove il passato spunta fuori all’angolo di ogni strada.
Un’indagine durante la quale si imbatterà nell’amore e nella morte e dalla quale uscirà scosso come non mai.
Nebbia sul ponte di Tolbiac è unanimemente considerato il capolavoro di Léo Malet, e le sue sono pagine fra le più felici del noir europeo.È merito della mia professoressa del ginnasio se mi sono appassionata al noir francese iniziando a leggere i romanzi di Simenon. Da quel momento ho capito che un giallo, per piacermi, deve essere abbastanza breve, non si deve dilungare in descrizioni che allontanano il lettore dal focus della narrazione e deve avere come protagonista un personaggio dal carattere forte, che ha molto da raccontare.
 
Ho ritrovato tutte queste caratteristiche in “Nebbia sul ponte di Tolbiac” e non mi stupisce affatto che Léo Malet sia considerato, insieme a Simenon, uno dei maggiori esponenti del romanzo poliziesco in lingua francese.
Per parlarvi del suo racconto devo darvi qualche informazione sull’autore, perché ha messo molto di sé nel protagonista, l’investigatore privato Nestor Burma.
Il giovane Malet infatti venne introdotto dal pacifista André Colomer negli ambienti anarchici di Parigi, ossia quelli che fanno da sfondo alle vicende narrate nel libro.
Nel corso degli anni si allontanò dal movimento, e questa sua esperienza ricalca esattamente quella di Nestor Burma, costretto a fare un tuffo nel passato a causa della morte di un suo vecchio “compagno”.
La trama, all’apparenza semplice, nasconde invece degli intrecci interessanti e riesce a coinvolgere il lettore.
 
Ma al di là dell’indagine, io ho amato soprattutto i personaggi del libro. In primis Burma perché è un investigatore acuto, intelligente e dotato di una grande ironia. Pare un uomo duro, tutto d’un pezzo, e invece nasconde un lato profondamente umano che si rivela al lettore quando lui corre in soccorso di Bélita Moralés, la gitana amica di Abel Benoit, la vittima.
Anche Bélita è una figura particolare perché si presenta come una donna fiera e coraggiosa, celando il suo animo fragile e un passato davvero doloroso.
 
Infine, considero il XIII arrondissement un altro “protagonista” di questa storia perché, oltre al fatto che il Ponte di Tolbiac da il titolo al libro, l’ambientazione è fondamentale per il lettore stesso, il quale, pagina dopo pagina, si ritrova a vagare insieme a Nestor Burma per le strade di Parigi, tra il freddo e la nebbia.
Consiglio “Nebbia sul ponte di Tolbiac” a tutti coloro che amano i gialli classici, i noir, e le storie avvincenti ma dai ritmi più rilassati rispetto a quelli a cui i thriller di oggi ci hanno abituato.
L’AMBIENTAZIONE
Se avete seguito le altre tappe del blogtour di “Nebbia sul ponte Tolbiac”, avrete avuto modo di scoprirne l’autore, la trama e il protagonista del romanzo, oggi invece parleremo dell’ambientazione del libro.Il XIII arrondissement è il quartiere dove si svolge l’intera vicenda raccontata dalla penna di Léo Malet.
 
 
In questo caso l’ambientazione non fa da semplice sfondo alla storia, ma è parte integrante di essa.
L’indagine non sarebbe altrettanto emozionante e coinvolgente se i protagonisti non si muovessero tra le strade di quello che al tempo della narrazione era un quartiere operaio, e che ora, riqualificato e trasformato in zona residenziale, è diventato la “China Town” di Parigi.Malet dedica ampio spazio alla descrizione dei luoghi attraverso l’occhio critico e disincantato del protagonista, Nestor Burma…“… ma c’è sempre qualcosa di marcio nel suo clima. Non dappertutto, ma in certe strade, in certi posti, si respira un’aria sudicia.”L’ambientazione rispecchia alla perfezione l’atmosfera del racconto: è come se l’umore dei protagonisti si trasmettesse a ciò che li circonda.
La Parigi dipinta dall’autore è una città cupa, nella quale non si può stare tranquilli.“Andammo a rue Watt. Altamente pittoresca e con il profilo basso, si presta ammirevolmente a qualsiasi genere di aggressione e, più in particolare, a quelle notturne. […] È sinistra, soprattutto all’imbrunire di una giornata di novembre. Ci si prova una sgradevole sensazione di soffocamento, di schiacciamento.”Infine, protagonista assoluto del libro è il ponte di Tolbiac, che oltre a dare il nome all’opera, è fulcro dell’intero mistero che si cela tra le pagine del libro.

“Faceva fresco, ma non c’era assolutamente nebbia. Almeno non quella mattina. Un sole giallo lambiva le acacie spoglie di rue de Tolbiac. […]
Era un arrondissement, un quartiere simile agli altri, con i suoi negozi di commercianti, i bistrot e la venditrice di giornali”

I luoghi descritti da Léo Malet in questo libro sembrano banali, a volte alcune strade paiono impossibili da distinguere l’una dall’altra, ma vi sono sempre dei dettagli che colpiscono e che permettono al lettore di entrare nella storia e di immaginare di essere al fianco di Nestor Burma durante la sua indagine.

 

 

 

Léo Malet


Léo Malet, l’anarchico conservatore, come amava definirsi, è uno dei padri del romanzo noir francese.

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