Recensione di Ilaria Marcoccia
Autore: Marco Rossari
Editore: Einaudi Supercoralli
Genere: Narrativa
Pagine: 168
Anno di pubblicazione: 2018
Sinossi. Questo è un romanzo per adulti. Quelli che hanno già scoperto il mutare delle emozioni e dei sensi nelle diverse età della vita. Quelli che conoscono la furia delle parole, capaci di travolgere come una tempesta. Tenendoci svegli nel cuore di una lunga notte uno sconosciuto racconta la sua storia d’amore, di sesso, di politica e poesia. Due uomini si incontrano su una corriera traballante che attraversa un paese tropicale, diretta verso un remoto vulcano da ammirare all’alba. Il piú giovane è in viaggio di laurea con la ragazza, il piú maturo ha bevuto troppe birre e ha una storia speciale da raccontare: una storia di politica e di poesia, la storia di Anna e del loro amore. Anna da ragazza nascondeva il corpo sotto il giaccone verde militare, ogni sua parola era una battaglia, sognava di cambiare il mondo. Anna era l’amore da giovani, quello che non si sceglie, quello che ci capita addosso. Poi una perdita innominabile ha mandato in frantumi la coppia. Anna è diventata una giornalista appassionata, incanalando il dolore nell’impegno politico. Anna è sopravvissuta, e forse anche il loro amore. Si sono ritrovati dopo ogni cosa, piú amanti, piú complici: lei firma di punta di un nuovo giornale sostenitore del nascente Partito del No, lui insegnante di giorno e poeta erotico di notte. Sarà proprio la pubblicazione di una raccolta di poesie apparentemente innocua a buttare tutto per aria, sullo sfondo del nuovo imperante perbenismo che giudica tutti i gesti che facciamo. In fondo i libri non servono a niente, ma nascondono il potere sovrumano di cambiarci la vita. Marco Rossari ha scritto un romanzo impudico sull’intransigenza vacua del nostro tempo e il tormento delle parole, dosando con maestria una scrittura funambolica e dolente, senza paura di scandalizzare ed emozionare il lettore.
Recensione
A volte, quando ti ritrovi bloccato nel traffico il tempo sembra fermarsi. Sei in strada, non puoi fare altro che continuare a stare lì, magari fermo, o procedendo a passo d’uomo; sono i momenti in cui vedi la tua vita scorrere, pensi al tempo che stai perdendo, alle cose che avresti dovuto fare. L’auto, l’autobus o qualsiasi altro mezzo che scorre lento continua a esistere ma tu non ci sei, non sei presente, vaghi nel limbo senza tempo dei pensieri.
Accade, in un frangete senza tempo, che due sconosciuti, in un autobus, comincino a raccontare la loro storia: sono in viaggio, in un paese straniero, verso una meta turistica e, si scopre, sono in realtà molto simili. Il primo racconta la sua vita reale, quello che sta accadendo intorno a lui, è localizzato nel tempo e nello spazio. Il secondo, invece, procede con una storia nella storia, drammatizzando la narrazione, non solo per la vicenda, a dir poco tragica, ma anche per la tecnica di scrittura, che è un continuo catapultarsi in baratri e oscurità.
Il viandante si scopre essere un aspirante poeta, colui che scrive e abita lontano da tutto, in fondo a sé stesso, esplorando il proprio corpo e quello delle donne, è quello che scrive nel cuore della notte. Nella notte, che è un luogo figurato, non un momento ma un posto in cui rifugiarsi:
“…Scrivere è sempre sedurre, adescare, portare a te. Anche quando si dice l’opposto. Io ci avevo creduto. Me l’ero bevuta, quella storia delle parole. Da subito, da ragazzo, avevo creduto nella poesia – alla poesia, come alle illusioni, agli sconosciuti con le caramelle – e quando, molto più avanti, la poesia avrebbe creduto in me, ecco che sarebbe stato solo per mandare tutto in rovina. Vorrei dirti che io ero nato con quella musica, che non avevo intelligenza, non avevo sensibilità, non avevo carisma, ma avevo quella musica. La musica delle parole. E nella poesia trovavo un riparo dalla tempesta, uno scudo vile.”
Quello che colpisce del romanzo non è tanto la vicenda in sé, quanto la narrazione di essa: esprime la più totale comprensione del valore del narrare, della necessità di raccontare agli altri, perché abbiamo tutti sete di storie e scrivere, anche per Rossari forse, è stato un esercizio personalissimo di dire la sua, in questo tempo quotidiano che difficilmente riusciamo a fermare.
Marco Rossari
Marco Rossari, scrittore e traduttore, è nato a Milano nel 1973. Tra i suoi libri: L’unico scrittore buono è quello morto (Edizioni e/o 2012), Piccolo dizionario delle malattie letterarie (Italo Svevo 2016), Le cento vite di Nemesio (Edizioni e/o 2016). Tra i tanti autori tradotti: Charles Dickens, Mark Twain, Percival Everett, Dave Eggers, Alan Bennett, Hunter S. Thompson, John Niven. Per Einaudi ha curato l’antologia Racconti da ridere (2018) e ha pubblicato Nel cuore della notte (2018). Tiene un laboratorio di scrittura umoristica presso la Scuola Belleville di Milano.