Nessuno rivede Itaca




Recensione di Cristina Bruno


Autore: Hans Tuzzi

Editore: Bollati Boringhieri

Genere: narrativa contemporanea

Pagine: 250

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Un musicista sciupafemmine, Tommaso, nato nel 1966, riceve, poco dopo il suo cinquantesimo compleanno, un lascito composto da una scatola di foto e cartoline e da una chiavetta da pc con un lungo messaggio di uno scrittore nato nel 1936 e morto tragicamente da poco: Massimo. Amico dei genitori di Tommaso, Massimo segnò alcuni snodi decisivi nella vita del ragazzo, e ora le due voci si intrecciano in un dialogo oltre il tempo e lo spazio dipanandosi, in un continuo slittare fra passato e presente, attraverso i più disparati e inattesi argomenti: come erano organizzati i bordelli per omosessuali a Venezia al tempo di Proust? Come musicare un idillio di Leopardi? Esistono case o luoghi «abitati» da spettri? Un contrappunto, quello tra Massimo e Tommaso, che spazia tra gli anni Sessanta della falsa euforia delle feste in Costa Azzurra e della Roma della Dolce Vita, sino a una opaca Venezia invasa dal turismo di massa, fra discussioni sull’arte, prestazioni di cavalli da corsa e raggelanti ricordi delle atrocità della guerra. Una meditazione, anche, su questa nostra attuale Europa, e sul nostro tempo, che rende difficile sperimentare l’altrove perché tutto è simile a tutto, è in vendita e a portata di mano.

Recensione. Massimo, giunto alla fine della vita, decide di inviare a Tommaso, figlio di un suo caro amico, una sorta di scatola del tempo con foto, lettere, annotazioni personali. In questo modo intende lasciare testimonianza della propria vita, delle proprie scelte, delle passioni che lo hanno infiammato, senza un ordine apparente, guidato solo da un flusso di coscienza che fluttua temporalmente e geograficamente. Tommaso, travolto dall’onda dei ricordi, apprenderà anche fatti a lui sconosciuti che riguardano la sua famiglia d’origine e anche la sua ex moglie.

Siamo di fronte a un libro non facile, per stile e per contenuto. Lo stile è quello a cui ci ha abituato Tuzzi, ricercato, colto, mai scontato. Il contenuto spazia dalla musica, alla letteratura, all’arte, alla riflessione politica e sociale. Potremmo definirlo una summa nella quale l’autore si diverte a incasellare citazioni di mille e altri mille autori. Tra le pagine vediamo rincorrersi Calvino, Gadda, Eco, Proust, Shakespeare, Goethe, Levi… Leggendo i pensieri di Tommaso e Massimo sfogliamo il grande libro della storia delle Arti, quelle con la A maiuscola, in onore al detto humani nihil a me alienum puto.

Niente e nessuno viene risparmiato, la coscienza sonnolenta dell’uomo comune viene sferzata, messa a nudo, derisa e umiliata. Primi tra tutti i politici e i potenti di ogni fede sono sbertucciati per i loro comportamenti e i loro vizi pubblici e privati, ma altrettanto accade per le masse ossequienti e ignare di ciò che viene compiuto alle loro spalle.

Massimo è un autentico dandy, dal profilo narcisistico, volto a contemplare e a filtrare il mondo attraverso la sua omosessualità che vive come un trionfo priapesco, degno dei carmi di Catullo o del Satyricon petroniano.

Qual è il senso ultimo della vita?

Viverla si potrebbe concludere, e soprattutto viverla senza mezze misure, senza precludersi nulla, assaporandone tutti gli attimi nell’eterna faustiana speranza di riuscire a fermarne almeno uno.

E tra i protagonisti non può non mancare l’Italia, ferita prima dal fascismo, poi dagli anni di piombo e della strategia della tensione e infine da una politica omologante e omologata che usa come potenti leve l’ignoranza e la paura.

Tra le tante domande che si affacciano alla mente del lettore vi è quella sul destino della società contemporanea. Schiava della Rete e di pensieri ottusi, incapace di guardarsi allo specchio per capire quali trasformazioni la stanno attraversando e distruggendo riuscirà a trovare la strada della risalita o sprofonderà nel baratro?

La risposta di Massimo, all’invecchiare personale e al degradarsi collettivo, è l’uscita di scena drammatica e definitiva, come in qualsiasi tragedia greca che si rispetti, Eros e Morte uniti per sempre nel gesto supremo.

Un libro da leggere attentamente e da soppesare senza fretta.

A cura di Cristina Bruno

fabulaeintreccio.blogspot.com

 

Hans Tuzzi


Hans Tuzzi, pseudonimo di Adriano Bon, è autore – oltre che di saggi sulla storia del libro e sul suo mercato antiquario, e del romanzo Vanagloria (2012) – dei celebri gialli ambientati a Milano che hanno come protagonista il commissario Melis: Il maestro della Testa sfondata (2002 e 2016), Perché Yellow non correrà (2005 e 2016), Il principe dei gigli (2005 e 2012), Casta Diva (2005 e 2013), Fuorché l’onore (2005 e 2017), La morte segue i magi (2009 e 2017), L’ora incerta fra il cane e il lupo (2010 e 2017), Un posto sbagliato per morire (2011), Un enigma del passato (2013 e 2017), La figlia più bella (2015), La belva nel labirinto (2017), La vita uccide in prosa (2018) e Polvere d’agosto (2019). È autore anche della trilogia dedicata all’agente segreto Neron Vukcic: Il Trio dell’arciduca (2014), Il sesto Faraone (2016) e Al vento dell’Oceano (2017). Tutti i suoi libri sono pubblicati da Bollati Boringhieri.

 

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