per chi ha ucciso
Lew Archer Vol. 3
Ross Macdonald
Traduttore: Raffaella Vitangeli
Editore: Timecrime
Genere: Hard boiled
Pagine: 284
Anno edizione: 2024
Sinossi. In una casa fatiscente di Santa Monica, la signora Samuel Lawrence mette in mano a Lew Archer cinquanta banconote accartocciate e gli chiede di trovare la figlia, Galatea. Descritta come “pazza per gli uomini” senza alcuna distinzione, è stata vista l’ultima volta in macchina con quel gangster da quattro soldi di Joe Tarantine, un teppista tossicodipendente con una reputazione violenta. Archer ricostruisce la pista nascosta nei bassifondi di San Francisco fino alla lussuosa Palm Springs, viaggiando attraverso un deserto urbano di droga e perversione. Mentre i corpi cominciano ad accumularsi, scopre che anche le facce d’angelo possono mascherare il più nero dei cuori.
Recensione di Bruno Vigliarolo
Pubblicato per la prima volta nel 1951, Non piangete per chi ha ucciso è il terzo romanzo dedicato al detective Lew Archer – nonché una delle opere più note del maestro dell’Hard boiled RossMacdonald.
Devo ammettere che i primi capitoli hanno surclassato le mie già alte aspettative. In poche pagine l’autore restituisce tutto il fascino, la ruvidezza e la patina degli anni Cinquanta, affrescando un incipit essenziale e al contempo iconico: un investigatore privato tutto d’un pezzo; una madre in pena per la misteriosa scomparsa della figlia; la fotografia di una giovane infermiera intrisa di candore e sensualità.
Con una prosa asciutta e rigorosa, sullo sfondo di una California magistralmente descritta, Macdonald posiziona il lettore proprio accanto al suo protagonista – complice un ottimo utilizzo delnarratore in prima persona.
Seguiamo Archer in un’indagine che spazia tra i bassifondi di San Francisco e la più desolata provincia americana.
Una storia che inizia presto a complicarsi, a intorbidirsi, fino a cambiare completamente registro.
Quella che sembrava essere la classica ricerca della “fanciulla smarrita” diventa qualcos’altro, arricchendosi di forti sfumature noir.
Una strana scia di omicidi tinge di sangue l’intera vicenda, rivelando, pagina dopo pagina, lo stretto legame con personaggi, ambienti e moventi malavitosi.
Premesse estremamente interessanti che, tuttavia, perdono un po’ di coesione intorno alla metà del romanzo.
Il prezzo da pagare, per una trama senza dubbio ambiziosa e complessa, è una certa farraginosità nel gestire le innumerevoli tessere del puzzle; un carosello investigativo un po’ troppo caotico e dispersivo.
Come nella miglior tradizione mystery, le apparenti slegature vengono ricondotte all’ordine grazie a un buon finale: una spiegazione “a posteriori” che ottiene la perfetta quadratura del cerchio – ma che forse avrebbe beneficiato di un avvicinamento meno ramificato.
In ogni caso, al netto di una critica mirata e per lo più soggettiva, il mio giudizio resta assolutamente positivo.
In ogni caso, al netto di una critica mirata e per lo più soggettiva, il mio giudizio resta assolutamente positivo.
Non piangete per chi ha ucciso meriterebbe la lettura anche solo per la straordinaria cesellatura dei personaggi; per la capacità di regalare uno spaccato sociale di rara nitidezza; per le descrizioni della provincia americana che sembrano anticipare ( di due decadi ) le ricerche fotografiche di Stephen Shore.
Consigliato a tutti gli amanti dell’hard boiled classico.
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Ross Macdonald
(1915-1983) è lo pseudonimo dello scrittore americano-canadese di gialli Kenneth Millar. Durante gli studi universitari, scrisse il suo romanzo d’esordio, The Dark Tunnel, nel 1944, firmato con il suo vero nome. Il primo libro della serie di Lew Archer, Bersaglio mobile, seguì invece nel 1949 e sarebbe diventato poi il film Harper con Paul Newman (1966). All’inizio degli anni Cinquanta tornò in California, stabilendosi a Santa Barbara, luogo in cui sono ambientati la maggior parte dei suoi libri. La serie di grande successo di Lew Archer, inclusi i best seller The Goodbye Look, The Underground Man e Sleeping Beauty, si è conclusa con The Blue Hammer nel 1976.