Recensione di Giuditta Pontini
Autore: Liz Lawler
Traduzione: Jacopo Palladini
Editore: Newton Compton Editori
Genere: Thriller, Suspence
Pagine: 336
Anno di pubblicazione: 2018
Sinossi. Quando Alex Taylor apre gli occhi, è distesa su un tavolo operatorio. Per un momento è smarrita, ma poi riconosce il luogo in cui si trova: è l’ospedale in cui lavora come medico. Deve avere avuto un incidente, per questo non ricorda nulla. Sicuramente a breve i suoi colleghi la aiuteranno a ricostruire cosa è successo. C’è solo un problema… L’uomo che le sta di fronte non è un medico. E la scelta che la obbliga a compiere è indicibile. Quando Alex si risveglia è stesa per la strada, sotto un albero. È molto confusa e non ha idea di come possa essersi ritrovata lì. Non appena i primi ricordi dell’esperienza traumatica riappaiono, nessuno è disposto a crederle. Le dicono che è confusa, che è stato solo un brutto incubo. Emarginata dai colleghi, dalla famiglia e dal partner, Alex sta per cedere definitivamente all’idea di essere diventata pazza… ma poi incontra un’altra vittima.
Recensione. Un libro che ti appende letteralmente alle pagine. Non ti tiene semplicemente in sospeso: ti ci appende, alle pagine. Perché, mentre lo leggi, hai l’impressione di NON POTER FARE NIENT’ALTRO, fino a quando non capisci cosa diamine stia succedendo alla povera protagonista.
Un libro dove niente è come sembra, dove anche i pochi elementi sui quali inizialmente il lettore non ha dubbi, nel capitolo successivo diventano la matrice principale dei dubbi stessi. Si parte con l’idea che Alex sia stata sequestrata, portata in una stanza senza nome, da una voce senza nome, che minaccia di farle delle cose degne di “Non Aprite Quella Porta”. Poi… il nulla. O meglio… la normalità.
E qui, mano a mano che l’intreccio aumenta di intensità, si fa sempre più intenso il contrasto fra il sentire interiore di Alex, traumatizzata dall’evento, e il mondo esterno, che la crede pazza e quindi va tranquillamente avanti senza di lei, emarginandola.
Le descrizioni della Lawler sono magistralmente accurate: non prolisse. Accurate. È bravissima nell’inserire in un’unica frase il contrasto fra l’angoscia che vive Alex e la normalità del mondo esterno, nel rendere quell’idea stessa di incomunicabilità che, accentuando a dismisura la curiosità del lettore, è una delle strutture portanti del romanzo.
E, pur essendo una thriller-story, questa attenzione che l’autrice pone nell’umanizzazione dei suoi personaggi, inserendo anche brevissimi dialoghi che ricalcano la vita, lavorativa e sentimentale, di tutte le persone comuni, ci porta anche a riflettere su temi quali la diversità, lo stereotipo sociale, la convenienza, la reputazione, l’immagine.
Fino a quando Alex è la Dottoressa Perfetta, e vive sulla cresta dell’onda, anche la sua vita è perfetta. Lo sono anche le sue relazioni: con i colleghi, con un fidanzato belloccio che la ama, con le amiche. Ma poi, quando inizia a dare segni di cedimento, diventa a tratti imbarazzante, a tratti fastidiosa, a tratti scomoda. La sua presenza non è più conveniente. E il fragile equilibrio su cui si basano anche i rapporti apparentemente più indistruttibili, inizia a sgretolarsi.
Questo libro non lo definirei semplicemente una thriller-story. É un thriller-drama che, partendo da una storia di fantasia, ci dà modo di riflettere sulla volubilità dell’animo umano. Bellissima la figura dell’ispettore Turner.
Benché prototipo abbastanza “standard”, molto utilizzato nel thriller psicologico (il poliziotto o il profiler particolarmente empatico che è portato a guardare al di là delle apparenze più per una questione di istinto, che per una ragione di gloria individuale), la bravissima autrice fa in modo che resti nel cuore del lettore, sottolineandone ad arte anche alcune zone erronee.
Questo trucco narrativo, avvicinando nell’immaginario del lettore il personaggio all’uomo comune, è estremamente efficace a livello emotivo.
La storia è incalzante, un ottovolante continuo in cui ai momenti di indagine e riflessione di Alex, si inframmezzano potentemente sempre nuovi, inquietantissimi elementi. Fino alla risoluzione finale, che vi lascerà assolutamente col fiato sospeso. Un buonissimo prodotto. Molto consigliato.
Liz Lawler
Ha lavorato per vent’anni come infermiera, per poi dedicarsi alla gestione di un albergo a cinque stelle come general manager. La transizione per lei è stata quasi naturale, dato che la domanda da rivolgere a pazienti e ospiti è uguale: «Buongiorno. Ha dormito bene?». Non svegliarti è il suo scioccante thriller d’esordio.
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