Occhi d’acqua 




 Un’indagine di Leo Caldas


Autore: Domingo Villar

Traduzione: Silvia Sichel

Editore: Ponte delle Grazie

Serie: Leo Caldas

Genere: Giallo

Pagine: 240 p., R

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Chi è Luis Reigosa, giovane sassofonista dagli occhi color dell’acqua? Perché è stato ucciso in un modo tanto perverso e doloroso da sembrare incredibile? Si tratta davvero di un delitto passionale, come si è in un primo momento portati a pensare? Il caso si rivela subito un rompicapo, e per risolverlo bisognerà entrare in un mondo intessuto di ombre, nella nebbia della notte, nel fumo dei locali notturni e dei jazz club di Vigo, in un gioco di specchi e doppi fondi. C’è qualcosa che colpisce sin da subito l’immaginazione dell’ispettore Leo Caldas, ma il difficile è metterlo a fuoco… Occhi d’acqua è la prima indagine dell’ispettore, e l’inizio di quel ciclo ambientato tra il profumo del mare e dei pini galiziani che ha reso Domingo Villar uno dei più amati e venduti giallisti contemporanei, in Spagna e poi nel resto del mondo. I personaggi che anche i lettori italiani hanno imparato a conoscere – il fidato ma impetuoso aiutante Estévez, il padre dell’ispettore ritiratosi tra le vigne lontano dalla città, l’insopportabile conduttore radiofonico Losada – appaiono in questo romanzo per la prima volta, con una freschezza e un’ironia irresistibili.

“Si dovrebbe scrivere un romanzo con le tue avventure, Leo…

… E come no…

… I gialli vendono sempre…”

Non si sa mai.”

 Recensione di Loredana Cescutti


È con uno stato d’animo particolare che mi accingo a scrivere questa recensione, lo stesso stato che mi ha accompagnata per l’intera lettura del romanzo “Occhi d’acqua”, primo in ordine di nascita, ultimo in ordine di pubblicazione ma non fa niente, è stato bello comunque.

Bello e triste.

Bello perché era l’inizio, era il momento di quando tutto è cominciato, quando un personaggio semplice ha cominciato ad assumere un ruolo rilevante nella sua spontanea semplicità e quando un altro, un tantino più ingombrante fisicamente e per savoir faire si è letteralmente gettato a corpo morto in un’indagine decisamente particolare, dai risvolti imprevedibili e con molti colpi di scena.

Triste, per la consapevolezza che questo, a meno di un eventuale romanzo postumo rimasto nascosto nella memoria del computer, sarà l’ultimo libro che avrò avuto l’onore di leggere di un autore scoperto da me in ritardo, ma che mi ha regalato tanto con le sue descrizioni delle ambientazioni affascinanti di Vigo, con la sua umanità, con i suoi personaggi così stranamente assemblati che hanno reso armonica ogni pagina sulla quale hanno posato i loro passi.

Un giallo che in duecentoquaranta pagine racchiude il cuore e la volontà, a mio avviso, di quello che poi si sono rivelati essere nei libri successivi dei punti vincenti: trama gialla, personaggi, costruzione della storia, ritmo e storie umane mai assenti.

Il momento riflessivo che ti trafigge lucidamente davanti a piccoli o grandi reati, ma che sconvolge per l’apparente normalità in cui sono stati perpetrati.

“…la cosa più importante non era rimuginare sulle direzioni prese, ma arrivare finalmente a scoprire la verità.”

In questo giallo l’indagine è quanto mai strana, difficile, ricca di false piste.

Ma i personaggi riusciranno, a modo loro ad arrivare in fondo, nonostante un po’ di confusione a destra e a manca ma insomma si sa, un’indagine svolta bene non può essere lineare perché deve scandagliare ogni possibilità, poiché alla fine è la giustizia per la vittima che deve prevalere.

Un Leo Caldas che abbiamo imparato a conoscere a ritroso e che si conferma un uomo calmo, placido, riflessivo, quando serve, pur non ingoiando proprio tutto perché quando ci vuole ci vuole.

“… preferiva estraniarsi dai particolari scabrosi. Sapeva per esperienza, che il coinvolgimento personale deviava l’indagine e annullava almeno in parte il suo fiuto di segugio.”

Per non parlare di lui, l’aragonese Rafael Estévez più caliente del sole del deserto, più impetuoso di un tornado devastante, più imprevedibile di un bambino di due anni. Credetemi, non ho mai riso tanto e posso dire che se fossi stata io la sua collega, la mia gastrite probabilmente si sarebbe tramutata in un’ulcera in men che non si dica.

“… come fai ad aspettarti un trattamento gentile se prendi a pugni la gente senza che ti abbia nemmeno provocato?

Una scrittura ritmata, scandita da tempi brevi ma intensi, con un’ironia esilarante che non permette al lettore un attimo di tregua e anzi, induce il bisogno fisico di proseguire per sapere ma anche, per conoscere cosa sarà in grado combinare ancora questo sanguigno aragonese per il quale, la parola pazienza dovrebbe essere bandita da tutti i dizionari del mondo.

Un modo spettacolare e fuori dalle righe, per introdurre due personaggi che, seppur in modo diverso, entreranno di diritto fra quella schiera di nomi da portare sempre con noi perché diversamente speciali.

Un sistema, involontario, per darci la possibilità di salutare e ringraziare questo grande autore, che tante storie avrebbe avuto ancora da regalarci.

Gracias Domingo!

Acquista su Amazon.it: 

Domingo Villar


(Vigo 1971-2022) ha scritto i suoi romanzi in galego e in castigliano. Occhi d’acqua (Ponte alle Grazie, 2022) è il primo romanzo dedicato alle indagini dell’ispettore Leo Caldas, a cui sono seguiti nel 2015 La spiaggia degli affogati (ne è stato tratto un film diretto da Gerardo Herrera) e nel 2019 L’ultimo traghetto, tutti pubblicati in Italia da Ponte alle Grazie.