Recensione di Velia Speranza
Autore: Katarzyna Bonda
Traduzione: Laura Rescio e Walter Da Soller
Editore: Piemme
Genere: Thriller
Pagine: 560
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. La profiler Sasza Załuska è rientrata ormai da un po’ nella sua fredda Danzica, sul mar Baltico. Essere di nuovo in Polonia, per lei, ha voluto dire tornare ai nodi irrisolti del proprio passato e finalmente provare a sbrogliarli. Adesso Sasza non beve più, ed è decisa a rifarsi una vita con sua figlia Karolina. Tornata a collaborare con la polizia come profiler, è chiamata a investigare su un nuovo caso, a Łód¿z, cittadina incastonata nel cuore della Polonia, un posto segreto e pieno di luoghi oscuri, nota anche come la “città dei senzatetto”: una città dove si muore congelati d’inverno, o, ultimamente, bruciati vivi. C’è un piromane all’opera per le strade di Łód¿z, e Sasza ha il compito di capire chi è. Insieme a lei, ci sarà Duchnowski, il suo compagno di indagini, ora compagno nella vita – sempre che Sasza riesca a sopportare un uomo al suo fianco. Ma il segreto che sta dietro alle azioni del piromane risale a molto più lontano nel tempo di quanto a prima vista si possa pensare: e la spiegazione del suo comportamento si annida tra le pieghe dell’animo umano, quelle in cui non bisognerebbe mai andare a guardare.
Recensione
“Ognuno è carnefice è il romanzo di una città.”
Con queste parole esordisce l’autrice nelle note finali, rendendo chiaro qualcosa che già durante la lettura non poteva essere sfuggito.
L’ultimo romanzo di Katarzyna Bonda è prima di tutto un lungo racconto sulla città di Lodz, la terza più popolosa della Polonia. Fra le strade in rovina, nelle periferie senza leggi abitate dai dimenticati è lì che si svolge il cuore dell’azione, raccontato dalle voci di chi la vive. Lodz, calamita di anime perdute, ha concentrato dentro di sé la storia dell’umanità, con le sue contraddizioni e le sue storture.
Parla attraverso la musica dei rapper, inni per una città che è al contempo gloriosa e insudiciata. Respira nel gelo delle case senza riscaldamento, negli odori forti che impregnano la pelle ed i vestiti. Non ha paura di mettere in luce, ingrandendoli fin quasi a grottesco, i suoi lati peggiori (l’antisemitismo, l’omofobia, i pregiudizi rabbiosi). Sono parti di lei, parti vive che non possono essere recise via, saldatesi nelle sue stesse fondamenta.
Solo in un secondo momento, in una pausa di riflessione lontano dalla pagine, ci si rende conto che alla fin fine si tratta pur sempre di un thriller. C’è un cattivo da catturare, ma chi esso sia sembra addirittura superfluo e non il fine ultimo come è consuetudine del genere. Ma anche nella scelta di un piromane come antagonista, nulla è lasciato al caso. Il fuoco ha, infatti, un sapore ancestrale, primitivo, biblico, e nasconde in sè morte, resurrezione e purificazione – proprio ciò di cui avrebbe bisogno Lodz, città santa corrotta sulla stregua di Sodoma e Gomorra.
Più interessante dell’identità del piromane sono i personaggi che affollano le pagine. Bonda non ne lascia indietro nessuno: spacciatori, insegnanti, tassisti, poliziotti, avvocati, falsari, truffatori; padri e madri, figli di nessuno, bambini e anzini.
Tutti trovano il loro spazio nella narrazione e le loro vite, le loro vicende si intrecciano in modi invisibili – come i fiumi nascosti e dimenticati che serpeggiano nel sottosuolo di Lodz. Si portano dietro storie complesse, rese perfettamente attraverso pochi colpi di penna, ed in altre ancora più complicate si immergono.
Hanno nomi lunghi e soprannomi che sono specchio delle loro diverse personalità. Riuscire a stare dietro alla selva di nomi e filoni narrativi è un esercizio di memoria, necessario non solo per trovare la quadatura finale del cerchio, ma soprattutto perché molti personaggi posseggono un magnetismo che sprona il lettore a volerli conoscere.
Fra di essi è costretta a muoversi la profiler Sasza Załuska, protagonista al suo terzo romanzo. Per chi ha imparato a conoscerla, fa piacere ritrovarla immersa ancora nei suoi dubbi, ma con quella forza interiore che la spinge a lottare continuamente, a cadere e a riprendersi se stessa. Ripensare al passato, per lei, è un memento eterno a ciò che ha perduto e a ciò che non vuol più essere.
I neofiti però non hanno di che preoccuparsi: la storia essenziale della profiler viene spiegata nello stile asciutto dell’autrice, la quale non dice nulla più di quanto è necessario, rinfrescando allo stesso tempo la memoria ai lettori fedeli.
Unica pecca di un romanzo altrimenti meraviglioso è il finale alquato raffazzonato. Quanto più ci si avvicina alle pagine finali, tanto più il ritmo accelera, riassumendo con una frase molti passaggi intermedi fra le scene descritte. L’impressione che si ha è che la Bonda si ritrovi così intrecciata nella sua stessa narrazione che non vede l’ora di disfarsene. Non riesce a prendere tutti i fili intessuti e così li aggroviglia come può, lasciandone alcuni scoperti.
Le spiegazioni laconiche non bastano più. L’attitudine a trasformare il lettore da passivo in attivo, lasciando che alcuni collegamenti e spiegazioni li trovi in maniera autonoma, è senz’altro da lodare. Esso è, addirittura, uno dei punti di forza della scrittura di Katarzyna Bonda, uno degli aspetti migliori.
Nel finale, però, questa tendenza tende a sovrabbondare, così che non solo sembra di rimanere con un pugno di mosche in mano, ma aggiunge anche una certa insoddisfazione per una conclusione tirata via troppo frettolosamente. Una mancanza di coraggio, forse, per una storia altrimenti appassionante.
Come detto, però, si tratta solo del terzo romanzo di Katarzyna Bonda. Se le premesse gettate con la trilogia sono queste, non si può far altro che stare seduti ed aspettare pazientemente il seguito.
Katarzyna Bonda
Katarzyna Bonda, nata nel 1977, è una delle penne emergenti più note della Polonia, tanto da essere definita la «risposta polacca a Jo Nesbø». La sua ultima serie crime vede protagonista la detective profiler Sasza Załuska ed è attualmente composta da tre volumi. I diritti di traduzione sono stati venduti in tredici Stati. Da un suo saggio sulle donne criminali, nel 2015 è stato tratto un documentario candidato all’Oscar.
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