Storia di un’illusione ottica
durata decenni
Autore: Elizabeth Strout
Editore: Einaudi Supercoralli
Traduzione: Susanna Basso
Genere: Narrativa generale
Pagine: 184
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. Fra sé e le proprie origini Lucy Barton ha messo due matrimoni, molti libri di successo, una vita intera: oggi è un’autrice famosa, ha splendide figlie ormai adulte e da un anno è vedova di un uomo amatissimo. Ma è del suo primo marito, William, che ora vuole parlare. William, l’irraggiungibile, infedele padre delle sue bambine: è a lui che ha bisogno di tornare. In un dialogo intimo con ciascuno di noi e con tutti i passati che non passano mai davvero, fino a quando la parola deve lasciare il posto a un’unica esclamazione sopraffatta: oh William. Oh.
Recensione di Agnese Manzo
Arrivata a sessantaquattro anni Lucy Barton scopre di aver trascorso parte dei suoi giorni in compagnia di persone che in realtà non sono mai esistite: un ex marito solido, rassicurante e sicuro di sé, e un’aristocratica e viziata ex suocera, dalle origini alto borghesi.
Recensire questo romanzo senza fare spoiler risulta complicato quasi come se fosse un giallo, carico com’è di sorprese, rivelazioni inattese, e poi l’opacità che si cela dietro l’ostentato grandeur, lo squallore di un passato rinnegato, manipolato, ricoperto di lustrini che ingannino gli occhi, soprattutto di chi non vorrebbe mai vedere.
Per comprendere “Oh Wiliam” non è davvero indispensabile aver letto i due precedenti romanzi della trilogia, “Mi chiamo Lucy Burton” e “Tutto è possibile”, ma averlo fatto, oltre ad essere un’esperienza di lettura godibilissima, aiuta ad assaporare meglio le sfumature di quest’ultima storia, che rappresenta la chiusura del cerchio.
Siamo all’epilogo, ormai, e Lucy tira le somme sul suo passato, la realtà tesa tra luci e ombre di una ragazza che ha realizzato il sogno americano, riscattandosi da una condizione di partenza umilissima e riuscendo a diventare una scrittrice famosa, un’intellettuale che abita i quartieri alti, ma senza mai perdere davvero le sue insicurezze.
Con il candore e l’appassionata buona volontà che non l’abbandonano mai, Lucy vorrebbe adesso fare il punto sulla sua vita, su quel che rimane dopo la perdita del secondo marito, amico e complice adorato. La vita, le circostanze, gli altri, hanno però deciso diversamente: reclamano la sua attenzione, il suo tempo, una spalla su cui piangere.
Sarà trascinata in un on the road nell‘insostenibile tristezza della provincia americana dal più improbabile dei compagni di viaggio, il suo ex marito William.
Viaggio alla ricerca delle di lui origini, e soprattutto della spiegazione di misteri troppo a lungo ignorati; viaggio amarissimo, in cui non si apprende nulla di bello o di buono, e la scoperta di ogni bugia ne trascina un’altra con sé. Anche il panorama, con il suo susseguirsi di città abbandonate, fa da contraltare allo stato d’animo dei due anziani ex coniugi, sempre più sgomenti, ma anche perplessi, perché la realtà che loro hanno vissuto è stata diversa, e questo non possono ignorarlo, anche se adesso apprendono che tutto era basato su menzogne.
Quelle menzogne sono state per tanti anni come una luce accesa nella notte nella finestra di fronte, una luce che a Lucy dava la rincuorante sensazione che qualcuno vegliasse sul quartiere anche se, scoprirà in seguito, in quella stanza illuminata non c’era nessuno.
Sono state, tutte quelle bugie, come un balsamo per l’anima di Lucy e William, qualcosa che ha dato loro un’illusione di pace e benessere, soprattutto spirituale.
Qualcosa che non si può cancellare, o rinnegare, anche se non era vero.
“Oh William, facciamo come se lo fosse stato!”
sembra volerci dire Lucy, alla fine. Perché il mistero avvolge le vite di tutti noi, pensare di svelarlo è cosa vana, e, infine, ciò che resta sono le emozioni che abbiamo dato e ricevuto dalle persone che abbiamo amato.
Lettura consigliatissima.
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Elizabeth Strout
Elizabeth Strout (Portland, 6 gennaio 1956) è tra le più importanti autrici statunitensi contemporanee. È nata a Portland, nel Maine, nel 1956 e da quasi trent’anni si è stabilita a New York. Ha insegnato letteratura e scrittura al Manhattan Community College per dieci anni e scrittura alla New School. I suoi racconti sono apparsi in numerose riviste, tra le quali il «New Yorker». Dell’autrice Fazi Editore ha pubblicato “Amy e Isabelle”, acclamato da pubblico e critica, e vero e proprio caso editoriale, “Resta con me” e “I ragazzi Burgess”. Con “Olive Kitteridge” ha vinto il Premio Pulitzer (2009).