Recensione di Sara Pisaneschi
Autore: Elizabeth Strout
Traduzione: Susanna Basso
Editore: Einaudi Supercoralli
Genere: Narrativa
Pagine: 272
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Olive Kitteridge. Insegnante di matematica in pensione, vedova di Henry, il buon farmacista della cittadina fittizia di Crosby nel Maine, madre di Christopher, podologo a New York, figlio lontano in ogni senso, solo una «vecchia ciabatta» scorbutica per molti in paese; una donna scontrosa, irascibile, sconveniente, fin troppo franca, eppure infallibilmente sintonizzata sui movimenti dell’animo umano e intensamente sensibile alle sorti dei suoi consimili: è questa la creatura straordinaria che abbiamo conosciuto un decennio fa, quando la pubblicazione del volume di storie collegate che porta il suo nome l’ha consacrata a eroina letteraria fra le piúamate di ogni tempo ed è valsa alla sua artefice il Premio Pulitzer per la narrativa. In Olive, ancora lei, Elizabeth Strout riprende il filo da dove l’aveva lasciato e in questo nuovo «romanzo in racconti» ci narra il successivo decennio, l’estrema maturità di Olive, dunque. Ma in questa sua vecchiaia c’è una vita intera. Un nuovo amore, innanzitutto. Jack Kennisonè un docente di Harvard ora in pensione, vedovo come Olive. A parte questo i due non hanno granché in comune, eppure la loro relazione ha la forza di chi si aggrappa alla vita, e le passioni che muovono i due amanti – la complicità e il desiderio raccontati in Travaglio, la rivalsa e la gelosia di Pedicure – ne trascendono i molti anni. Trascendere il tempo è però una battaglia che non si può vincere e racconto dopo racconto, anno dopo anno, Olive si trova ad affrontare nuove forme di perdita. Deve fare i conti con la propria maternità fallace in Bambini senza madre, con la decadenza fisica in Cuore, con la solitudine in Poeta. Ma contemporaneamente, e senza rinunciare al suo piglio irridente, leva, quasi a ogni racconto, una specie di quieta, tutta terrena speranza. La vita riserva qui piccoli momenti di rivelazione, istanti di comunione, brevi felicità. Succede, magicamente, in Luce, succede in Amica, dove l’incontro insperato con l’ultima compagna di strada è insieme un’appagante occasione di rincontro per i lettori di Elizabeth Strout
Recensione
“Olive – Isabelle sospirò di sollievo. – Dio, come sono contenta di averti incontrata.”
È la stessa cosa che ho pensato io, anche se nel mio caso è più giusto dire reincontrata. Avevo letto Olive Kitteridge tutto di un fiato, alcuni anni fa, ed è subito entrato a far parte dei miei libri del cuore. Olive è scorbutica, troppo diretta, scontrosa, irascibile, ma è anche una grande ascoltatrice, una profonda conoscitrice dell’animo umano e coglie sempre, immancabilmente, nel segno. Olive è terribilmente vera. Non vedevo l’ora di immergermi in questa nuova avventura.
Vedere cosa ne era stato di lei, di suo figlio Christopher, dei suoi amici, degli ex allievi, di tutti gli abitanti del piccolo paese di Crosby nel Maine. Come il libro precedente anche questo è composto da racconti che la vedono protagonista o solo comparsa sullo sfondo, ma sempre ben presente. Olive è ormai un’anziana signora che vive sola.
Il figlio Christopher abita lontano con la numerosa famigliae il marito Henry è morto dopo una brutta malattia. In realtà non ha mai avuto un buon rapporto con il figlio e dopo lo scontro avvenuto nell’ultima parte del libro precedente, Olive è ormai convinta di non essere stata una buona madre per lui, il comportamento di Christopher sembra ricordarglielo continuamente.
“… certe volte mi dico che se i figli si trasferiscono tanto lontano è perché scappano da qualcosa, e in questo caso da me, credo.”
Non è certo il tipo di persona che si perde d’animo, tuttavia, e va avanti con la sua vita di sempre. C’è spazio anche per un nuovo amore.
È Jack Kannison, vedovo anche lui, che nonostante le grandi differenze di carattere e di abitudini, si rivela un grande compagno di viaggio, un altro che, allo stesso modo seppur diversamente da Henry, riesce a contenere l’esplosivo carattere di Olive. Chiunque li conosca rimane stupito daquesta nuova unione, la trovano bizzarra e fuori luogo, ma non è da tutti avere la forza di ricominciare da capo, soprattutto dopo una certa età.
“Gesù, Olive, certo che sei una donna proprio difficile. Tu sei impossibile, maledizione, e io, cazzo, mi sono proprio innamorato. Quindi, se non ti spiace, Olive, forse potresti essere un po’ meno Olive con me, anche se questo comporta esserlo un po’ di più con gli altri. Perché io ti amo, e non abbiamo moltissimo tempo.”
Molti i personaggi che incontriamo durante il racconto, persone che ci toccano per la loro umanità, per le paure, per le difficoltà, per il dolore o la gioia che provano quotidianamente.
Cosa hanno in comune?
Una cosa è sicuramente l’antipatia nei confronti di Olive che si trasforma quasi in amore quando lei sfiora le loro esistenze o ne entra a far parte in modo vero e proprio. Perché è vero che è irritante, scomoda e spesso dura, ma nessuno come lei è capace di arrivarti dentro, di cogliere la sostanza, di aiutarti a capire quanto vali e i tuoi bisogni. E se è di verità che hai bisogno, Olive è sempre la persona giusta.
Nel libro precedente mi aveva colpito molto il fatto che la protagonista non piangesse mai, non si lasciasse mai andare alla delicatezza e alla compassione fino a quando non arrivava a provarne per se stessa. Accade anche qui. Quasi all’improvviso si rende conto di essere umana e vulnerabile come tutti gli altri, di aver bisogno lei stessa di aiuto e di compagnia. Ne ha davvero bisogno per affrontare quelli che sa essere gli ultimi anni della sua lunga esistenza. Da qui nasce il bellissimo rapporto con la sua nuova amica Isabelle e la decisione di scrivere una sorta di diario che raccolga tutti i suoi ricordi.
“ –Ho l’anima indolenzita.- E capì che non bisognava mai prenderla alla leggera, la profonda solitudine della gente, che le scelte fatte per arginare quella voragine di buio esigevano molto rispetto.”
Un mio amico una volta aveva definito la scrittura della Strout “un piccolo miracolo”. È quello che penso anch’io. Scrive con delicatezza e partecipazione, con grande generosità. Non è mai scontata. È un vero piacere leggere i suoi libri, per me. Sempre.
Bentornata, Olive. Mi eri mancata.
Elizabeth Strout
Elizabeth Strout è nata nel Maine ma vive a New York. Ha pubblicato i suoi racconti su “The New Yorker” e molte altre riviste. In Italia ha pubblicato, per Fazi Editore, tre romanzi, Amy e Isabelle, Resta con me e i ragazzi Burgess, e la raccolta di racconti Olive Kitteridge, con cui ha vinto il Premio Pulitzer (2009), il Premio Bancarella (2010) e il Premio Mondello (2012). Dalla stessa raccolta di racconti è stata tratta una serie tv, prodotta dalla Hbo. Per Einaudi ha pubblicato Mi chiamo Lucy Barton(2016) e Tutto è possibile (2017).
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