Omicidio a cap Canaille
Autore: Christophe Gavat
Traduttore: Maddalena Togliani
Editore: Neri Pozza
Genere: thriller
Pagine: 272
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. Marsiglia: una città infiammata dal sole del Mediterraneo e dalla violenza delle gang che si contendono il controllo del traffico di droga. A combatterle un pugno di poliziotti: il comandante Henri Saint-Donat che ha lasciato il prestigioso Quai des Orfèvres, sancta sanctorum della polizia parigina, per combattere il male nella metropoli del sud; la capitano Lucie Clert, figlia di sbirro e sbirro tenace a sua volta; il giovane e baldanzoso tenente Basile Urteguy, che sognava il pianoforte e gira con la pistola e il distintivo. Dal ritrovamento di un «barbecue», regolamento di conti tipico della città focese, a un carico di droga fino a una serie di audaci rapine a furgoni blindati, si snoda un’indagine complessa e pericolosa in cui crimini in apparenza non collegati, commessi in varie zone della Francia, sembrano ricondurre tutti a Marsiglia. Agli uomini e alle donne, che dai loro uffici nell’antico palazzo episcopale della città si spingono – ciascuno con le proprie debolezze, con le proprie ferite nel cuore – fino ai quartieri più a rischio, spetta innanzitutto il compito di scoprire chi siano i malviventi che comunicano con messaggi in codice tra cellulari intestati a «Maria Callas» e altre stelle dell’opera. Devono agire in fretta, poichè una grossa operazione è in corso, e qualcuno cerca vendetta. In un luogo di selvaggia bellezza, cap Canaille, scenario perfetto per storie di amore e di morte, trecentonovanta metri di scogliera a picco sul blu, Christophe Gavat, commissario della polizia francese, perfetto conoscitore della macchina in cui opera, vincitore del prestigioso Prix du Quai des Orfèvres, firma un intenso poliziesco di azione e di indagine, lanciato verso il finale a sirene spiegate.
Recensione di Salvatore Argiolas
Il Polar è il più affermato e famoso esempio di giallo alla francese dove vengono messe in rilievo le gesta di poliziotti e malviventi, spesso e volentieri impegnati in progetti di grandi rapine.
Questo particolare territorio narrativo emerge nel variegato mondo del noir e del thriller per merito di Albert Simonin che con “Grisbì” del 1953 raccontava con toni coloriti e realistici il mondo dei malviventi parigini. Pensato e scritto in argot (il linguaggio della mala) fu subito
trasferito sul grande schermo con protagonisti di assoluto rilievo come Jean Gabin, Jeanne Moreau e Lino Ventura.
Quell’anno fu pubblicato anche “Rififi” di Auguste Monfort più conosciuto con il suo nome da battaglia di “Le Breton” che conosceva bene il mondo che raccontava nei suoi romanzi perché orfano di guerra, Auguste frequenta ben presto il riformatorio e approda nel mondo della malavita.
“Rififi” racconta la storia di un clamoroso colpo in una gioielleria che finisce in un massacro perché una banca di balordi vuole impadronirsi vigliaccamente del bottino.
Da Simonin e Le Breton, che scrisse anche il celebre “Il Clan dei siciliani”, il Polar ha sempre raccontato lo scontro tra malavitosi e flic, i poliziotti d’oltralpe e se talvolta queste vicende sono venate di nostalgia e di romanticismo, nel tempo si è passati ad una rappresentazione vivida e disillusa della realtà dell’ambiente criminale, come avviene in “Omicidio a cap Canaille” di Christophe Gavat.
In un “barbecue”, l’orrendo rituale di morte della mala marsigliese che consiste di legare la vittima in bagagliaio di un’auto che viene poi bruciata, viene trovata morta una donna che in seguito si scoprirà essere una delle più abili rapinatrici francesi, ben conosciuta alla polizia parigina.
Mireille de Gounod, detta la Carlton per la sua passione per il lusso e la bella vita, era infatti un’abilissima organizzatrice di rapine, calibrate e programmate in modo perfetto e il suo brutale assassinio pone molti dubbi agli investigatori ed in particolare a Henri Saint-Donat che l’aveva conosciuta e arrestata anni prima durante una rapina.
Nello stesso periodo viene trovato il DNA di un pregiudicato marsigliese nella scena di un delitto susseguente ad una rapina nei pressi di Parigi e qualcuno che non crede alla coincidenze pensa che ci possano essere collegamenti tra i due episodi criminosi.
Marsiglia è una città il cui nome evoca tanti termini quanti ne può contenere un nutrito vocabolario e la cui personalità e l’originalità è un unicum nella vasta varietà del territorio francese.
Sole, mare, criminalità, scontro sociale, scogliere scoscese, bella vita, multirazzialità sono le prime cose che vengono in mente quando si sente il nome di questa città che è un vero e proprio scrigno di storie e che sono il palinsesto su cui di basa “Omicidio a cap Canaille”, primo polar scritto da Christophe Gavat che vinse il prestigioso premio “Quai des Orfèvres” nel 2021.
Christophe Gavat conosce bene l’ambiente che racconta nel libro perché è stato per tantissimi anni esponente della polizia, da cui su sospeso per un caso oscuro da cui fu scagionato, venendo poi assolto e reintegrato nei suoi gradi.
Queste sue esperienze vengono trasfuse in alcuni libri di memorie e poi elaborate nel suo primo romanzo “Omicidio a cap Canaille” che pone in evidenza sia le dinamiche criminali sia le personalità e le fragilità di chi le deve contrastare e sono tanti i punti deboli degli inquirenti che emergono in controluce tra inseguimenti, indagini serrate e immersioni in quartieri molto pericolosi.
Questo polar, veloce, appassionante e magnetico racconta anche l’effimera ascesa e la rapida caduta di un aspirante boss della mala marsigliese, dove un singolo errore è fatale per una carriera spericolata che spesso rischia di chiudersi a cap Canaille, mozzafiato promontorio “conosciuto dai criminali per i regolamenti di conti, dagli amanti per le relazioni adultere e dai disperati in cerca di un modo sicuro per mettere fine a quello schifo di vita.”
Gavat, sul palinsesto classico del Polar, innesta tematiche attuali e molto intriganti che fanno di “Omicidio a cap Canaille” un ottimo noir che fotografa con precisione la moderna fase dell’eterna lotta tra polizia e criminalità o, se si vuole, tra bene e male e ha la particolarità di presentare il personaggio più interessante e carismatico, la Carlton, solo nel ricordo di chi l’ha conosciuta e frequentata ma la sua personalità meriterebbe un romanzo a parte.
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Christophe Gavat
nato nel 1966, è entrato in polizia nel 1989. Parigi, Marsiglia, Grenoble, Guyana: nella sua carriera pluritrentennale è stato decorato al valore, messo sotto inchiesta e reintegrato. Ha avuto a che fare sia con i grandi casi che catturano l’attenzione mediatica, sia con i piccoli casi quotidiani che lasciano il segno. Già autore di tre libri sulla sua vita di poliziotto, con questo suo primo romanzo si è aggiudicato nel 2021 il Quai des Orfèvres, premio deciso da 21 giurati tra poliziotti, avvocati, magistrati e giornalisti.