Panico




Recensione di Claudia Cocuzza


Autore: James Ellroy

Traduzione: Alfredo Colitto

Editore: Einaudi

Collana: Stile Libero Big

Genere: Thriller

Pagine: 388

Pubblicazione: 13 luglio 2021

Sinossi. Los Angeles è satura di paranoia. L’America è preda della paura. Siamo negli anni Cinquanta, e il popolo americano è avido di notizie, di gossip, di scheletri negli armadi. Quanto più ama qualcuno, tanto più vuole conoscerne i vizi. E Freddy Otash è deciso a dare al pubblico quello che vuole. Freddy era un poliziotto. Poi ha ucciso un uomo per vendicare un collega e il nuovo capo della polizia l’ha congedato con disonore. Adesso è un investigatore privato specializzato in ricatti, un pappone e, soprattutto, il braccio armato di «Confidential», il famigerato tabloid. Circondato da un alone di benzedrina e di violenza, Freddy Otash dovrà risolvere l’omicidio dell’unica donna che ha mai amato, vedersela con un complotto comunista e uscire vivo da una congiura che mira a fermare la corsa di Jack Kennedy alla presidenza.

RECENSIONE


Per cominciare, mi tocca fare coming out: è il primo Ellroy che leggo.

Mi cospargo il capo di cenere, lo so, ma mi consta fare questa ammissione per spiegare il turbamento che ha accompagnato la lettura di questa pagine.

Ho fatto fatica a leggere, più volte sono stata tentata di abbandonarlo, ma, siccome non è da me, non l’ho fatto. Anche perché il titolo del romanzo è “Panico” e, nel bene o nel male, è stato esattamente quello che mi ha trasmesso, quindi mi sono detta che forse è proprio questo l’intento dell’autore e che non potevo non dargli un’opportunità.

Non mi sono pentita di averlo terminato e vi spiego perché.

Protagonista di “Panico” è Freddy Otash, un personaggio realmente esistito.

Poliziotto corrotto, prima, e investigatore privato, poi, al soldo della rivista scandalistica “Confidential”, di cui decretò il successo negli anni ’50 con metodi tutt’altro che ortodossi.

Fu l’incubo delle star di Hollywood, vittime dei suoi scoop a sfondo sessuale ˗ veri o inventati di sana pianta ˗ estorti con le buone o le cattive ˗ più “cattive” che “buone”, in verità ˗ o insabbiati dietro lauto compenso. Un essere infimo e amorale che, se non fosse realmente stato su questa Terra, sarebbe stato un ottimo protagonista per questo romanzo. Ma Ellroy su questo non si è dovuto sforzare di inventare nulla, Otash è “perfetto” così com’è stato.

Ellroy ha conosciuto Otash nell’estate del ’92, pochi mesi prima della sua morte, e ne ha fatto il protagonista del “Ricatto” (Einaudi, 2013), oltre che di “Panico”.

L’espediente letterario di entrambi questi romanzi è geniale: la narrazione è condotta in prima persona da Freddy che si trova in Purgatorio – “braccio degli sconsiderati scassafamiglie, girone dei perversi” – e confessa le proprie malefatte, sperando di assurgere al Paradiso o, in alternativa, ricevere almeno un premio in denaro. Questo vi fa capire che tipo sia.

In “Panico” ci racconta gli eventi che vanno dalla fine degli anni ’40 ai primi anni ’60.

L’ambientazione è Los Angeles e i personaggi coinvolti sono star/starlette/aspiranti tali dello showbiz, politici, poliziotti, giudici, industriali.

Ellroy passa come un caterpillar sulla società americana dell’epoca, senza fare sconti a nessuno.

Il linguaggio, se non sei abituato o se non hai mai letto Ellroy, è un pugno in faccia: sboccato, volgare, scene di sesso etero e gay descritte senza filtri, ammucchiate, ma così tante e dettagliate che ti chiedi:

«È davvero necessario?».

Mi rimane il dubbio che su qualcuna avrebbe anche potuto soprassedere, ma Ellroy è questo: un fiume in piena che non bada a sottigliezze, non indora la pillola.

Los Angeles per lui è immonda, l’umanità intera e il mondo tutto lo sono.

Non esiste un giudizio, non c’è una morale, perché non può esserci qualcuno di così puro, di tanto estraneo alla sozzura della società, da potersi ergere a giudice. La normalità che Freddy Otash ci paventa è fatta di collusione tra Stato e criminalità, di commistione tra ambienti fetidi di drogati e alcolizzati con festini post comizio elettorale a cui partecipa attivamente – scusate, ma è il caso di dirlo – la polizia, di prostitute e sadici sulle rubriche di giudici e padri della Patria.

Chi può dirsi pulito? Nessuno, proprio nessuno, men che meno Freddy.

E lui lo sa:

Perché misurare le parole? Sono un infame, un traditore, un informatore insidioso”

e non c’è traccia di autocommiserazione in ciò che dice, nessun tentativo di giustificarsi; tutt’altro, semplicemente si rende conto di quello che è e come tale si presenta, in maniera fredda e obiettiva.

Il realismo di Ellroy è questo: crudo, disincantato e dissacrante.

Smonta pezzo per pezzo la Hollywood dorata del dopo guerra che accompagna l’immaginario collettivo, ma la sua critica può benissimo adattarsi alla società contemporanea: Otash è un guardone e fa soldi a palate sui segreti e i vizi di personaggi famosi, e allora?

Oggi le cose sono poi così cambiate? Basta un post sui social per asfaltare in un nanosecondo una persona. E il romanzo si apre proprio così: con Freddy che proclama:

«Confidential è stato un precursore dell’infantile internet. I nostri pettegolezzi erano reali e ripugnanti. I blogger odierni e le loro maldicenze? Pagliacci pidocchiosi, tutti quanti. […] Abbiamo creato noi la cultura mediatica del dire tutto.»

Eppure il nostro Freddy ˗ drogato, alcolizzato, ninfomane, pervertito, uno che non vede le persone ma i soldi che può ricavarne ˗ in questo romanzo così cinico riesce anche a innamorarsi.

C’è il lieto fine?

Ma quando mai.

Lei scivolò a letto e mormorò qualcosa. Dissi:

«Mi ami?»

Rispose:

«Ci penserò.»

Non c’è spazio per altro che non sia opportunismo e nichilismo.

Adesso recupererò senz’altro “I miei luoghi oscuri” e “Dalia Nera”, perché mi rendo conto che non si può leggere Ellroy senza comprenderne la poetica e conoscerne il vissuto: James ha perso la madre a 10 anni, brutalmente assassinata da ignoti nel 1958.

Se è diventato quello che è e scrive in un certo modo, senza dubbio questo trauma irrisolto ha avuto il suo peso.

A cura di Claudia Cocuzza  

www.facebook.com/duelettricisottountetto/

James Ellroy


James Ellroy, pseudonimo di Lee Earle Ellroy (Los Angeles, 4 marzo 1948), è uno scrittore statunitense. Ellroy è noto per i suoi romanzi tra cui la “tetralogia di Los Angeles” (Dalia nera, Il grande nulla, L.A. Confidential e White Jazz) e la “trilogia americana” (American Tabloid, Sei pezzi da mille e Il sangue è randagio). Dalle sue opere sono stati tratti numerosi film, tra cui Indagine ad alto rischio di James B. Harris, L.A. Confidential di Curtis Hanson, The Black Dahlia di Brian De Palma e La notte non aspetta di David Ayer.

 

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