Più donne che uomini




Recensione di Marina Morassut


Autore: Ivy Compton Burnett

Traduzione: Stefano Tummolini

Editore: Fazi Editore

Genere: Narrativa

Pagine: 260

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. In una prospera cittadina inglese a inizio Novecento, un grande istituto femminile è diretto da Josephine Napier, un generale ingioiellato: alta e austera, un viso regale, «vestita e pettinata in modo da esibire i suoi anni, anziché nasconderli». Impeccabile in ogni gesto e in ogni parola, è il punto di riferimento imprescindibile per tutti, le studentesse, il corpo docente e i suoi familiari: il marito Simon, oscurato dalla personalità della moglie, il figliastro Gabriel, il fratello Jonathan, vedovo calato nel ruolo dell’anziano zio e amante segreto ma non troppo di Felix Bacon, giovane sfaccendato. Al gruppo si unisce presto Elizabeth, una vecchia conoscenza di Josephine che viene assunta come governante e porta con sé la figlia Ruth. Le giornate sono scandite da una serie di rituali obbligati e da dialoghi in cui si dice tutto e niente, botta e risposta infiocchettati che in realtà nascondono universi interi. Finché un tragico evento inaspettato fa precipitare ogni cosa, dando vita a una reazione a catena che sconvolgerà le vite di tutti e porterà a galla il lato oscuro di ognuno. Nessuno è chi dice di essere, e dietro alla spessa patina del codice vittoriano si nascondono segreti celati per intere esistenze. Verranno fuori tutti, uno dopo l’altro. Pagine indimenticabili e soppesate perfettamente, in cui l’umorismo pungente si mescola con la tragedia, e le piccole interazioni quotidiane con i grandi drammi della vita.

Recensione

Quinto romanzo in ordine temporale, già pubblicato in Italia da Longanesi nel 1950, grazie ancora una volta a Fazi Editore, che inizia la pubblicazione di questa grande autrice del Novecento inglese, così come ha già fatto – e con successo – con Elizabeth von Arnim ed Elizabeth Jane Howard, dando la possibilità ai lettori italiani di conoscere delle grandi autrici del passato.

Il titolo è già una dichiarazione d’intenti, perchè “più donne che uomini” è proprio ciò che troveremo in questo romanzo, che è molto particolare per l’epoca in cui è ambientato, per la scrittrice che l’ha scritto, e anche per le tematiche che in esso si celano.

Avendo in mente il film “Un marito ideale”, tratto dall’omonima commedia in tre atti di Oscar Wilde, con tra gli altri Rupert Everett – capiamo subito con chi abbiamo a che fare e non possiamo che sposare la tesi dell’arte della conversazione velenosa, portata avanti con un garbo ed una gentilezza tutte inglesi – e presenti in abbondanza tanto nella commedia wildiana che nei romanzi della Compton-Burnett.

Ed è ciò che troveremo in questo garbato ma velenoso romanzo inglese, che ci darà modo di conoscere il corpo insegnante e la direttrice di un istituto femminile privato. La direttrice nonché proprietaria della scuola, la sig.ra Josephine Napier, dirige con pugno di ferro in guanto di velluto tutte le dipendenti, oltre che il marito ed il figlio/nipote. Ed è meraviglioso “assistere” ai molteplici dialoghi, osservando nella fattispecie come la direttrice, in forma di cortesie o domande volte al benessere del personale, in realtà li comandi a bacchetta, come un generale le sue truppe.

E sono proprio i dialoghi, numerosissimi, vivaci, acidi, mascherati da false premure, garbati ma nascostamente quanto volutamente pregni di umorismo pungente e intenti velleitari di comandare e di mescolare la tragedia con il vissuto quotidiano e le dinamiche familiari, che fanno di questo romanzo un piccolo gioiello, che permette all’autrice di farci partecipi delle forti tematiche sociali che sono il vero motivo dei suoi scritti.

Ed è invero una commedia molto divertente e argutamente acida, dove i personaggi parlano molto, in un continuo dialogare che rende il tutto talmente brillante da far risaltare come un continuo cameo l’intrigo, la crudeltà e la manichea messinscena delle famiglie vittoriane “altolocate”.

Nel cinquantennale della morte (27.08.1969, a 85 anni), leggiamo o ri-leggiamo con piacere questo romanzo che ci racconta di un luogo chiuso e bastante a se stesso – un istituto femminile privato – dove verranno finalmente svelati dei segreti a lungo celati e dove le persone si riveleranno per quello che sono, con incroci impensabili che si mescoleranno a tragedie antiche e nuove.

E come ebbe a dire The Guardian: “Un rotolo di vipere in un cestino da cucito …”: dedicato a tutti gli appassionati della letteratura inglese, che si tratti di narrativa, noir o poliziesco.

A cura di Marina Morassut

libroperamico.blogspot.it

Ivy Compton Burnett


Scrittrice britannica. Autrice di venti romanzi, il suo iter di formazione culturale comprese studi privati in un primo momento, per comprendere successivamente la frequentazione dell’Holloway College, a Londra.Pubblicò il suo romanzo di esordio, Dolores, nel 1911, ma a questa prima prova fece seguito un lungo periodo di studi, soprattutto indirizzati alla letteratura greca. Nel 1925 l’autrice diede alle stampe la sua seconda opera, Pastors and Masters, romanzo ambientato in una scuola privata.     Il successo arriverà qualche anno dopo con Brothers and Sisters (“Fratelli e sorelle”, 1930), nel quale risultano ancor meglio delineati tecniche e atmosfere che diverranno poi tipiche dell’autrice. La provincia, le prevaricazioni proprie delle dinamiche famigliari, l’incesto. Ma questi temi, e quella cornice, sono sempre trattati con sensibilità e piglio tragicomica. Nel 1955 è insignita del James Tait Black Memorial Prize per il suo romanzo Mother and Son. Nel 1967 è eletta Dama di Commenda dell’Impero Britannico.

 

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