Profiling




e psicologia investigativa


Giorgio Stefano Manzi

Maria Elisa Aloisi


Dalla scena del delitto alla mente criminale

tecniche e metodi di criminologia per scrittori e lettori appassionati del genere



Editore: Delos Digital

Genere: Saggio

Pagine: 192

Anno edizione: 2024

Sinossi. La storia del cinema e della narrativa poliziesca è zeppa di investigatori. Già, ma come ragiona un detective in carne e ossa?
D’altronde, il primo a chiederselo fu proprio Sir Arthur Conan Doyle. «Pensai di cimentarmi in una storia in cui il protagonista trattasse il crimine come il Dottor Bell, in cui è la scienza che si sostituisce al caso. Il risultato fu Sherlock Holmes.» In questo libro approfondiremo dai crimini efferati al modus operandi, dalla cattura di ostaggi alle tecniche del criminal profiling e di psicologia investigativa. Entreremo dentro la mente di un killer per sbirciare tra le pieghe del male, da vicino. Così da vicino, che vi sembrerà di poterlo toccare. .

 Recensione di Salvatore Argiolas


Nel romanzo d’esordio di Sherlock Holmes,“Uno studio in rosso” il fedele Dottor Watson stila una lista delle cognizioni di Holmes dove non menziona la matematica e neanche la psicologia nell’elenco delle competenze del detective di Baker Street.
“Cognizioni di Sherlock Holmes

  1. Letteratura: zero.
  2. Filosofia: zero.
  3. Astronomia: zero.
  4. Politica: scarse.
  5. Botanica: variabili. Conosce a fondo caratteristiche e applicazioni della belladonna, dell’oppio e dei veleni in generale. Non sa nulla di giardinaggio e di orticoltura.
  6. Geologia: pratiche, ma limitate. Riconosce a prima vista le diverse qualità di terra. Dopo una passeggiata, mi ha mostrato delle macchie sui suoi calzoni indicando, in base a colore e consistenza, in qual parte di Londra aveva raccolto il fango dell’una o dell’altra macchia.
  7. Chimica: profonde.
  8. Anatomia: esatte. ma poco sistematiche.
  9. Letteratura sensazionale: illimitate. A quanto pare, conosce i dettagli di tutti gli orrori perpetrati nel nostro secolo.
  10. Suona bene il violino.
  11. É abilissimo nel pugilato e nella scherma.
  12. É dotato di buone nozioni pratiche in fatto di legge anglosassone.”
    Questa è la cassetta degli attrezzi del più celebre detective del mondo ma oggi le cognizioni che un investigatore deve avere sono molto più sistematiche e approfondite, svariando dalla psicoanalisi alla negoziazione di ostaggi, passando per il profiling e la filosofia, non trascurando la sociologia e la psicologia.
    Ci aiuta a conoscere questo vasto e determinante bagaglio di esperienze e teorie investigative il libro “Profiling e Psicologia investigativa” scritto da Giorgio Stefano Manzi e Maria Elisa Aloisi che può interessare in modo identico sia gli scrittori di gialli e noir come i loro lettori e gli appassionati di true crime e ognuno di loro sarà avvinto alle pagine di questo saggio di un interesse estremo, perché permette di capire molte strategie d’inchiesta degli inquirenti, che possono parere non perfettamente comprensibili a prima vista ma che poggiano su solide basi scientifiche.
    Ormai non bastano più le “piccole cellule grigie” di Hercule Poirot che risolvevano i misteri sul piano dell’intuizione ma ci si deve basare sia sull’”intelligenza guidata dall’esperienza” che caratterizza i casi affrontati da Nero Wolfe, sia su un robusto patrimonio di conoscenza scientifiche che sono sempre in via di affinamento.
    Il più grande nemico degli investigatori e in genere del ragionamento umano è quello che in psicologia viene chiamato “bias di conferma” che indica l’atteggiamento che cerca di trovare prove coerenti con le proprie ipotesi come chi legge l’oroscopo e riconosce nelle tante affermazioni casuali fatti che possono lontanamente riguardarlo e scarta le tante occorrenze sfavorevoli.
    Il bias di conferma è tanto più negativo quanto più ci si fidi di pochi dati perché più nozioni di varia natura si hanno e meno il bias di conferma farà danni.

In pratica il bias di conferma porta ad adattare i fatti alla teoria, scartando quelli sfavorevoli mentre il giusto atteggiamento è quello di considerare tutti gli indizi e adattare finalmente la teoria a tutti i fatti anche perché, come sosteneva Philo Vance “è difficile costruire una catena forte usando anelli deboli”.

Il “bias di conferma” viene neutralizzato dal principio di falsificazione studiato in particolare dal filosofo Karl Popper e spiegato in modo mirabile da Albert Einstein:
“Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato”.

Del resto questo è un espediente molto antico visto che l’istituto dell’Avvocato del Diavolo, che durante le cause di beatificazione agiva come contraltare del patrocinatore in modo da evidenziare eventuali falle logiche, debolezze di formulazione e illazioni non debitamente provate, risale alla metà del XVI secolo.

L’eliminazione di una teoria erronea può, con un po’ di fortuna, aprire la strada ad una teoria più adatta a spiegare quel problema o quel fenomeno; e non lo farà mai definitivamente, ma fino a quando non si porranno in evidenza anche i suoi caratteri vulnerabili” (Karl Popper).
Scrive infatti il colonnello Manzi, che è stato comandante del R.A.C., Reparto Analisi Criminologiche dell’Arma dei Carabinieri, riferendosi alla prova che nel Medioevo bastava a far condannare una donna come strega il fatto che ci fosse nei dintorni della casa dell’accusata un uomo impotente, il cui impedimento veniva senza alcun dubbio attribuito alle capacità diaboliche della donna: “questo modo di procedere si definisce “verificazionista”: affermo una cosa, un fatto un teorema, e mi muovo unicamente verso una direzione che possa dare una conferma alla mia ipotesi, invece di andare a scovare tutto ciò che potrebbe mettere in dubbio quel che dico. Avrebbero dovuto procedere, invece, in un modo che si definisce “falsificazionista”: verificare se, senza la presenza di streghe, in quel quartiere comunque c’erano uno o più uomini impotenti. E avrebbero scoperto che la correlazione ritenuta probatoria era invece frutto del caso.

Si devono cercare i dubbi delle nostre affermazioni, non le conferme.
Correlazione e causazione sono fenomeni che possono restare indipendenti l’uno dall’altro, soprattutto in criminologia.”

Basta questo passaggio per rendere perfettamente il tema e la qualità di questo manuale che apre al lettore le porte di un mondo affascinante dove la energie fisiche ed intellettuali delle forze dell’Ordine vengono canalizzate per lottare contro il crimine, attraverso una confluenza di tante discipline che si combinano per formare un campo di indagine vastissimo e formidabile.
Questi sono alcuni degli ambiti delle scienza forensi citati nel libro:

Antropologia forense, Balistica forense, Blood Pattern Analysis, Botanica forense, Dattiloscopia forense, Entomologia Forense, Fire investigation, Genetica forense, Geologia forense, Informatica forense, Medicina legale, Odontologia forense, Optometria forense, Patologia forense, Perizia calligrafica, Podologia forense, Tossicologia forense.

Tutti questi ambiti professionali vengono messi in moto ogni volta che si indaga su di un crimine e il saggio comincia proprio con sopralluogo sulla scena del delitto.
Quello che prescrive la procedura è spiegato perfettamente ed è un rigido protocollo di azioni e comportamenti che nel tempo si è evoluto per rendere sempre meno possibile la contaminazione del luogo del delitto da fattori esterni che ne possono pregiudicare la purezza.

Per delimitare la zona d’interesse, uno dei metodi utilizzati è quello del doppio anello: un’area più interna, quella di maggior interesse investigativo, chiamata zona primaria. E’ l’area in cui si è consumato il crimine principale.
La zona secondaria è invece quella in cui autore del reato e vittima hanno interagito in una fase precedente l’omicidio o successiva.”

Com’ è diversa questa procedura da quanto visto in passato subito dopo il rapimento di Aldo Moro quando il luogo dell’agguato era affollato da curiosi e giornalisti e proprio uno di loro trovò un bossolo che consegnò agli inquirenti e la confusione creata contribuì a rendere la ricostruzione dell’assalto nebulosa ed incerta o ancora i minuti successivi all’attentato a Paolo Borsellino con la grande calca che favorì la sparizione della famosa agenda rossa del magistrato.

Ogni fase di un crimine viene scansionata e studiata a fondo perché qualsiasi azione porta con sé determinate informazioni che saranno utilissime agli investigatori adeguatamente addestrati e questi frammenti di un discorso criminale vengono illustrati con grande precisione dal colonnello Manzi che fa capire quanto avanti è arrivata la scienza criminologica.
Per esempio nei film e nei telefilm si parla spesso di “modus operandi” ma l’autore specifica subito qual è l’ambito più preciso del termine:
Il discorso è simile per quanto riguarda la firma. Voglio dire che modus operandi e signature (la firma) coincidono, se diamo loro il significato di “stile offensivo”: ogni criminale effettivamente si specializza in un certo modo di delinquere. E quella è la sua firma.
Se ci si riferisce invece, come si vede nei film, a qualcosa che sia simbolicamente riconducibile alla stessa mano, bé, nella realtà è assai raro.

Non impossibile a verificarsi ma assai raro. Prendiamo Zodiac Killer che inviava messaggi cifrati o il Mostro di Foligno e le sue lettere, o Arsenio Lupin.
Può capitare, ma molto raramente. Se poi questo dettaglio viene diffuso dagli organi di stampa, su radio e TV, è facile imbattersi in gesti emulativi.
Quindi il senso più corretto per intendere il modus operandi è ritenerlo la cifra, il bordone, il fil rouge, che tiene insieme attitudini, capacità e sfera emotiva di un criminale. Quindi non un “timbro”, ma “una famiglia allargata di comportamenti” che si situa tra le righe della scena dei crimini e dei comportamenti successivi.”


Profiling e Psicologia investigativa” è strutturato come una serie di lezioni tenute alla scrittrice Maria Elisa Aloisi che spesso viene redarguita (anche se all’inizio un’avvertenza ci rassicura informando che nessuna scrittrice è stata davvero maltrattata durante la stesura di questo testo) e tra docente e discente nascono divertenti siparietti che alleggeriscono il testo che richiede molta attenzione e concentrazione per comprendere nel miglior modo possibile concetti veramente interessanti e arricchenti.

Il libro consente un esemplare panoramica dell’universo investigativo che tocca anche altre questioni di grande attualità come la castrazione chimica spesso invocata che, “come non pochi psichiatri e psicologi hanno sostenuto, può inibire il comportamento sessuale agito genitalmente, può però deviare la tensione etero-aggressiva verso altri comportamenti, non meno funesti e letali.

In gioco c’è la dopamina e l’ideazione, che non sta nelle gonadi, ma nel cervello. Quello va tenuto principalmente a bada, perché da lì nascono le istanze.
In breve, si smette di stuprare, ma c’è il rischio di iniziare a strangolare.”

Come si vede “Profiling e psicologia investigativa” è un livre de chevet da tenere sempre sottomano per capire come si svolge un’inchiesta dal punto di vista scientifico e se da un lato si legge come un romanzo dall’altro lato è anche un viaggio intellettuale che consente di comprendere meglio la mente umana, capace di grandi opere a anche di grandi crimini.

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Giorgio Stefano Manzi, Maria Elisa Aloisi


Giorgio Stefano Manzi: è colonnello dei carabinieri. Dopo vari incarichi nella linea territoriale e investigativa, dal 2005 al 2015 ha diretto il Reparto Analisi Criminologiche del Ra.C.I.S. Dal 2015 insegna Criminologia alla Scuola Ufficiali Carabinieri. È laureato in scienze politiche e psicologia clinica, e specializzato in criminologia e sessuologia; cura gli insegnamenti di Psicologia Investigativa a Verona, Padova, Roma e Venezia e in altri atenei. È co-direttore del master in Psicologia Investigativa e analisi delle vulnerabilità della LUMSA. È Consigliere dell’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica ed è co-autore della manualistica sulla Psychopathy Check List di R. Hare, e di altre pubblicazioni, manuali e opere.

Maria Elisa Aloisi: è un avvocato penalista del Foro di Catania. Con il legal-thriller Il canto della falena si è aggiudicata il Premio Tedeschi 2021. Sto mentendo (Mondadori, 2024) è il secondo romanzo della serie. Ha scritto a quattro mani con il giudice Santino Mirabella Guida pratica per scrittori sulle procedure di polizia giudiziaria (Delos Digital, 2023).
Il mistero di Villa Polifemo (Battello a Vapore, Piemme, 2024) è il suo primo romanzo per ragazzi.