Quel confine sottile




SILVIA NAPOLITANO


Editore: Bollati Boringhieri

Genere: Thriller

Pagine: 368

Anno edizione: 2024


Sinossi. Fabrizio Mieli, psicoanalista, ha in cura Zac, un ragazzino schizofrenico di quattordici anni, bello come un elfo e che ha per amici solo bambini morti. Un giorno Zac gli racconta di aver trovato nel fiume il cadavere senza testa di un’adolescente: un morto vero, questa volta, non uno dei suoi fantasmi. Il cadavere decapitato è di Juliette, tredici anni, francese. Nessun indizio, nessun testimone. Bruno Ligabue, commissario solitario e con un macigno nel cuore, inizia a indagare, e presto scopre che il proprietario di un bar frequentato da giovanissimi offre da bere, e forse altro, a ragazzine che non sanno dir di no. È una pista, la prima. Ma con Ligabue non è d’accordo Agostina Picariello, la PM che si occupa del caso, donna brusca e straordinariamente brutta. Il conflitto tra i due è immediato, istintivo: Agostina, infatti, è convinta che sia stato Zac, il ragazzino che l’ha trovata, a uccidere Juliette, mentre il commissario dissente profondamente. Due piste, due caratteri, due visioni del mondo opposte. Ma Ligabue e la Picariello sono assai più simili di quello che pensano: man mano che l’indagine va avanti emergono gli errori, le paure, le mancanze di entrambi.
La scoperta dell’assassino sarà inaspettata, e passerà per vie misteriose e oscure. Ma insieme alla soluzione del caso ci saranno le rivelazioni dei personaggi, e le loro verità più profonde affioreranno come era affiorato il cadavere di Juliette dal fiume.
Romanzo corale in cui le vite dei personaggi si intrecciano come fili di un unico tessuto: innanzitutto quella del commissario Bruno Ligabue, solcata dal dolore più profondo che si possa immaginare, e tenuta in piedi grazie alla tenacia e alla passione per il lavoro, e poi la vita di Fabrizio, psicoanalista irrisolto, di Raimondo, medico legale scorbutico ma pronto all’amicizia, di Brenda, donna dal carattere forte che stanerà Ligabue dal suo isolamento, e poi la vita di Aurora, luminosa mamma di Zac, e quella di due coniugi vicini di casa del commissario, anziani e premurosi, di ragazzine fragili e insicure, di un cane psicotico che si fa carico della guarigione propria e di Bruno.
Un grumo di relazioni che nascono dalla morte di una ragazzina e approdano alla scoperta che, nonostante tutto, vivere è ancora bello; e nella strana famiglia che si formerà in nome di una reciproca e potente pietà umana, alla fine ognuno troverà il suo posto. Almeno per un po’.

 Recensione di Giusy Ranzini


Silvia Napolitano con il suo romanzo Quel confine sottile, ci conduce in un intreccio complesso e avvolgente, dove i fili della narrazione si intrecciano a quelli delle vite dei personaggi, dando vita a una trama che non si limita al genere noir ma scava a fondo nell’animo umano. Il libro si apre con un evento inquietante: Zac, un ragazzino schizofrenico di quattordici anni, trova nel fiume il cadavere decapitato di Juliette, una tredicenne francese. Da questo punto di partenza, Napolitano costruisce un racconto corale che non è solo un’indagine su un omicidio, ma anche un’indagine su ciò che ci rende umani.

Il commissario Bruno Ligabue, figura centrale del romanzo, è un personaggio memorabile. Con un dolore personale che lo ha segnato profondamente, Ligabue si muove tra le ombre del caso e le proprie ferite interiori, cercando risposte che possano restituirgli almeno un frammento di pace.

La sua controparte, la PM Agostina Picariello, è altrettanto interessante: brusca, ostinata e priva di quelle qualità che la società considera “gradevoli”, rappresenta una visione del mondo cinica e determinata, in netto contrasto con la sensibilità del commissario. Il loro conflitto, che è al tempo stesso professionale e personale, diventa uno dei motori principali della narrazione, offrendo riflessioni sulle diverse modalità con cui affrontiamo la verità, il dolore e la giustizia.

Il romanzo si distingue per la sua capacità di mescolare elementi di genere – il giallo, il noir, il dramma psicologico – con una profondità emotiva che raramente si trova in opere simili. Zac, il ragazzino che vive a cavallo tra il mondo reale e quello dei suoi fantasmi, è il simbolo perfetto di questo “confine sottile” che dà il titolo al romanzo: tra normalità e follia, tra vita e morte, tra colpa e innocenza. Il suo rapporto con il suo psicoanalista, Fabrizio Mieli, è uno dei più affascinanti del libro. Mieli, irrisolto e in crisi, cerca di comprendere Zac mentre lotta con i propri demoni interiori, in una relazione che oscilla tra il tentativo di cura e il riflesso delle proprie fragilità.

Silvia Napolitano arricchisce la storia con una galleria di personaggi secondari indimenticabili: Brenda, una donna forte che diventa un’ancora per il commissario; Raimondo, il medico legale burbero ma leale; Aurora, la luminosa e resiliente madre di Zac; e persino un cane psicotico, che offre momenti di inaspettata tenerezza e alleggerimento. Questi personaggi, pur nella loro diversità, condividono una caratteristica fondamentale: sono tutti imperfetti, umani, in cerca di una redenzione o almeno di un senso in mezzo al caos.

L’indagine sull’omicidio di Juliette si sviluppa in modo avvincente, con colpi di scena che tengono il lettore incollato alle pagine. Tuttavia, ciò che rende Quel confine sottile un romanzo straordinario non è la scoperta dell’assassino, ma il percorso emotivo e umano che i personaggi compiono lungo il cammino. La soluzione del caso arriva in modo inaspettato, quasi secondaria rispetto alle rivelazioni più profonde che emergono su ciascuno dei protagonisti.

Silvia Napolitano scrive con una prosa limpida ma mai banale, capace di trasmettere il dolore, la bellezza e la complessità della vita. Le sue descrizioni sono vive e palpabili, sia quando tratteggia i luoghi – il fiume che diventa un simbolo del passaggio e della rivelazione – sia quando si addentra nei meandri dell’anima dei suoi personaggi.

Il tema centrale del romanzo è la fragilità della condizione umana e il modo in cui le relazioni possono offrirci un appiglio per continuare a vivere nonostante tutto. La “strana famiglia” che si forma attorno a questo caso di morte e dolore rappresenta un messaggio di speranza, un invito a trovare il proprio posto nel mondo, anche solo per un po’.

In conclusione, Quel confine sottile è molto più di un thriller. È un romanzo che parla di perdita, di redenzione, di speranza e della capacità dell’essere umano di rialzarsi, anche quando tutto sembra perduto. Un libro che lascia il segno e che invita a riflettere sul significato della giustizia, della compassione e della forza delle connessioni umane. 

Un’opera che merita di essere letta e riletta, per coglierne tutte le sfumature e i significati nascosti.

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Silvia Napolitano


è nata a Napoli, ha vissuto un po’ a Milano, molto a Bari, e ora vive a Roma. Scrive per il cinema e la televisione, e ha scritto tanto, film, tv-movie, e serie (tra le ultime: I bastardi di Pizzofalcone diretta da Carlo Carlei e Mina Settembre da Tiziana Aristarco). Ha fatto parte della giuria del Premio Solinas per vent’anni, e ora insegna Sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia.