Quelli che pensavamo




David Joy


DETTAGLI:

Traduttore: Gianluca Testani

Editore: Jimenez

Genere: Thriller

Pagine: 233

Anno edizione: 2024

Sinossi. Toya Gardner, una giovane artista nera di Atlanta, torna nella casa di famiglia tra le montagne della Carolina del Nord per ripercorrere la storia dei suoi antenati e completare la sua tesi di laurea. Quando si imbatte in un monumento confederato ancora presente nel cuore della cittadina, in lei scatta qualcosa. Nel frattempo, la polizia locale trova un uomo che dorme nel retro di una station wagon e una perquisizione del veicolo rivela che si tratta di un membro del Ku Klux Klan, e la scoperta di un taccuino pieno di nomi di autorità del posto minaccia di mettere a ferro e fuoco le montagne. Dopo che due crimini orribili hanno spaccato a metà la contea, lo sceriffo Coggins e l’intera comunità si ritrovano a lottare con segreti profondi e inconfessabili che si tramandano da generazioni. “Quelli che pensavamo di conoscere” è un improcrastinabile svelamento del ventre oscuro di una nazione. Riccamente orchestrato e coraggiosamente onesto, il romanzo si chiede cosa succede quando quelli che pensavi di conoscere si rivelano dei mostri. Cosa fai quando tutto ciò in cui hai sempre creduto si sgretola?

 Recensione di Alessio Balzaretti

Toya Gardner è un’artista giovane e brillante, una mente sopraffina e piena di ingegno, che sceglie di ripercorrere la strada dei suoi antenati afro americani, tornando a vivere in quei luoghi dove tutto ebbe inizio.

Vess Gardner, la nonna di Toya, è rimasta lì, dove era cresciuta e dove la sua famiglia aveva contribuito a far crescere la piccola comunità fra le colline della Carolina del Nord.

Quei territori erano stati la casa ma anche il campo di battaglia tra sudisti e nordisti, tra patrioti e colonialisti, tra schiavitù e libertà.

Come spesso succede, a distanza di tanto tempo, delle guerre rimangono solo ricordi e ragioni, sia da una parte che dall’altra. Quasi mai rimane una coscienza vivida delle atrocità e questo per consentire a chi rimane, di una parte o dell’altra che sia, di tornare ad una vita normale, facendo sostanzialmente finta che la guerra sia stata di tutti contro qualcuno che lì non c’è più.

Toya, nel suo percorso personale, sapeva invece che lì qualcuno c’era.

Che lì ancora si celavano i germi di un male tanto abominevole, quanto subdolo e nascosto.

Non bastava un monumento agli eroi, e che eroi. Oppure una chiesa costruita su ciò che rimaneva di un cimitero. E ancora amicizie tra bianchi e neri, vecchie foto e convenevoli di facciata.

Quel modo di ridisegnare la storia, sembrava un gesto di riguardo verso la comunità, un modo per alleggerire il peso di un’eredità pesante. Ma Toya sapeva benissimo, come lo sapevano sua madre, sua nonna e tutti i neri del paese, che gli unici a doversi sentire meglio erano i bianchi.

Quando la nipote di Vess decide di smuovere le coscenze della comunità con dei gesti forti, lo sceriffo Coggins, vecchio amico di suo nonno, cerca di farla desistere. La mette in guardia e le rammenta quanto siano lontani i giorni in cui il razzismo tracciava profonde divisioni tra bianchi e neri.

La statua al centro della piazza del paese, non è solo un simbolo di orgoglio per i figli dei figli di quei combattenti, ma ad un certo punto, diventa anche territorio di guerriglia urbana, in cui Toya scompare per riapparire cadavere il giorno dopo.

I membri del Klan sono ancora lì, nascosti nell’ombra, e Leah, detective incaricata delle indagini, punta dritto su di loro e sui sicari che si aggirano nella zona, forte dell’aiuto offerto dallo sceriffo Coggins.

Questa è la base solida su cui poggia un altro dei bellissimi romanzi di David Joy. Un argomento, quello della discriminazione raziale, delicato ma molto presente nella vasta società americana. Potremmo dire che autori di questo livello trovano il modo e il coraggio di parlarne senza snaturarsi dal loro genere letterario e senza omettere nulla di quella che è la realtà dei fatti.

Joy disegna un thriller molto psicologico ed entra nelle dinamiche di una delle tante piccole comunità dove la convivenza tra bianchi e neri è un obiettivo ancora lungi dall’essere solido e raggiunto senza ombra di dubbio.

Questo romanzo racconta di famiglie, di ricordi forzatamente offuscati nel tentativo di dimenticare e poi racconta dell’omicidio di una ragazza giovane che decide, forse inconsapevolmente, di diventare martire.

Il linguaggio di Joy è stupendo, non si perde in lunghi trattati filosofici e lascia che la morale viaggi da sola nelle coscienze. Non ha bisogno di spiegare cosa sia giusto o meno, semplicemente attiva i sensi del lettore e infine si limita a spiegare quanto sia gravoso il peso della storia se la si ricorda per quello che è stata.

In pratica l’autore ci invita a non dimenticare mai, a non aspettare che le cose succedano di nuovo per rimanere connessi con noi stessi. La vita deve continuare per tutti ma senza mai perdere la consapevolezza e senza paura di rammentare da dove veniamo.

In tutto ciò, rimane a mio parere eccezionale la parte che riguarda l’indagine intorno all’omicidio di Toya.

Il personaggio di Leah è l’incarnazione dell’umiltà e della determinazione, quello di Coggins invece incarna l’orgoglio ma anche quel senso di ricerca del quieto vivere che non dura mai per sempre.

Il finale è liberatorio, giusto il tempo di un respiro, perché in fondo la felicità non risiede nella vendetta ma nella speranza che tutto possa cambiare veramente.

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David Joy


Autore di romanzi, racconti e saggi, collaboratore di riviste quali Time e New York Times Magazine, è stato finalista all’Edgar Award con il suo romanzo d’esordio, Dove tende la luce (Where All Light Tends to Go, 2015; ed. Jimenez 2023). Dal romanzo è stato tratto il film di Ben Young La vetta del diavolo, con protagonisti Hopper Penn, Billy Bob Thornton e Robin Wright. Con Queste montagne bruciano (When These Mountains Burn, 2020; ed. Jimenez 2022) ha vinto il prestigioso Dashiell Hammett Prize, che annualmente premia il migliore romanzo crime di Stati Uniti e Canada. È autore anche di The Weight of This World (2017), The Line That Held Us (2018), premiato come miglior libro al Southern Book Prize nel 2019, e Quelli che pensavamo di conoscere (Those We Thought We Knew, 2023; ed. Jimenez 2024), vincitore del Willie Morris Award for Southern Writing e del Thomas Wolfe Memorial Literary Award.Appassionato di pesca, alla quale ha dedicato diversi saggi e racconti, è curatore della raccolta Al fiume – 25 scrittori sulla pesca (Gather at the River: Twenty-Five Authors on Fishing, 2019; ed. Jimenez 2022). Vive a Tuckasegee, Carolina del Nord.