REAL STORIES. MIRELLA GREGORI




Cronaca di una scomparsa


Prefazione: Pietro Orlandi

Autore: Mauro Valentini

Editore: Sovera Edizioni

Pagine: 176

Anno edizione: 2018

La storia di Mirella Gregori, per chi ha avuto la volontà di conoscerla e approfondirla (e parlo di volontà non a caso, vista l’oggettiva difficoltà a discernere tra fatti e ipotesi bizzarre) e per chi vorrà farlo davvero adesso, lascia in balia di terribili domande e supposizioni, ma anche di un senso di colpa indiretto, da parte chi (tanti, quasi tutti) aveva sentito parlare della sua storia, ma non ne conosceva i dettagli e l’aveva sempre collegata a vicende di portata ben più ampia, come se Mirella fosse sempre stata una semplice comparsa della vita di qualcun altro.

Ma non lo era, non lo era per mamma Vittoria, per papà Paolo, per la sorella maggiore Antonietta e per l’allora fidanzato di quest’ultima Filippo. E non è giusto né accettabile  che lo sia e lo sia stata per la giustizia e per chi ha curato le indagini sulla sua scomparsa; non è giusto perché Mirella poteva essere la figlia, la sorella l’amica di ognuno di noi. 

Mirella era una figlia amata e coccolata, la piccola di casa, colei che con la propria sparizione ha lasciato un’intera famiglia in preda a un dolore che non si riesce a immaginare né a descrivere. E, soprattutto, ha lasciato tutti coloro che la amavano profondamente senza risposte. Mirella è tutt’ora sparita nel nulla.

Sinossi. Roma, 7 maggio 1983. Un sabato pomeriggio come tanti. Mirella Gregori, 15 anni appena, è in casa con i suoi genitori. Il suono del citofono, Mirella risponde, parla pochi secondi e poi dice alla mamma che la sta aspettando un amico. Scende le scale e non farà più ritorno. Tutte le ricerche da quel momento non porteranno a nulla e l’angoscia per quella scomparsa accompagnerà per sempre la famiglia Gregori. Il racconto di questo percorso infinito e doloroso diventa la cronaca di un ricatto contro una famiglia che ha dovuto subire un macabro rituale disseminato di indizi e sospetti che hanno legato il destino di Mirella a quello di Emanuela Orlandi. Mauro Valentini riscrive la storia di questa scomparsa con gli occhi di chi l’ha vissuta sulla propria pelle, attraverso i ricordi della sorella Antonietta e la lettura ragionata dei fatti e dei tanti indizi lasciati tra le dita dei suoi familiari, per ricomporre un puzzle senza incastri che ha coinvolto a vario titolo Papa Wojtyla, Sandro Pertini, Alì Agca e i servizi segreti.

Real stories di Kate Ducci


Mirella Gregori aveva quindici anni. Era una ragazza come tante, nel fiore degli anni, appassionata di musica, legata alla migliore amica Sonia, i cui genitori possedevano un bar proprio sotto casa di Mirella, e alla famiglia che l’aveva cresciuta cercando di non negarle niente, di aiutarla a costruire un futuro che qualsiasi genitore amorevole sogna per i propri figli.

Mirella aveva una sorella maggiore, Antonietta, che oltre a meritare una menzione speciale per la tenacia con cui ha cercato di scoprire la verità (non si è mai arresa e non è disposta a farlo), è indirettamente vittima di quanto accaduto.

Antonietta non ha abbandonato casa dei genitori, nemmeno nei primi anni successivi al proprio matrimonio, perché non voleva far subire alla madre un altro distacco, per quanto naturale, perché voleva esserle vicina giornalmente, in quelle lunghe attese di un ritorno che hanno scandito ogni giorno da quel maledetto 7 maggio 1983. È giusto dirlo, perché quando anche riusciamo a conoscere una dolorosa storia e provare empatia per il suo protagonista, tendiamo a dimenticare che una grave perdita miete molte vittime silenziose e a quelle vittime accessorie dimentichiamo di stare vicino, di dare quell’appoggio in forma di vicinanza e di giustizia che è indispensabile per dar loro la forza di lottare, di sopravvivere, di credere che, qualsiasi cosa sia accaduta, qualcuno verrà cercato, trovato, e dovrà rispondere di quanto commesso, dovrà raccontare la verità.

Ma come si sono svolti i fatti? Cosa sappiamo degli ultimi istanti di Mirella, prima che sparisse nel nulla, lasciando flebili tracce che saranno oggetto di supposizioni e depistaggi in grado solo di allontanare dalla verità? 

Mauro Valentini, con un’abilità e un’empatia che caratterizza il suo approccio a tutte le storie di cronaca che ha curato con abilità giornalistica, ma anche con un umanità singolare davvero in dotazione a pochi, ci prende per mano e ci conduce passo passo nei meandri di un’indagine che nessuno ha saputo condurre a chiarezza, con una cronologia esatta e un’attinenza ai fatti tale, da far scomparire qualsiasi teoria fantasiosa e indagine approssimativa che hanno caratterizzato questa vicenda generando confusione.

Eppure, se ci fossimo sempre attenuti ai fatti, a informazioni ben chiare fornite dai vari protagonisti, ma talvolta assurdamente ignorate dalle forze dell’ordine e dagli organi di stampa, le piste da seguire sarebbero apparse chiare e, forse, anche la verità sarebbe saltata fuori.

A Mauro Valentini va l’enorme merito di aver svolto un lavoro di ricerca certosino, di essere riuscito a fare chiarezza laddove era possibile e di lasciare aperti solo gli interrogativi giusti, nonché di aver fatto tutto ciò prendendosi cura di Antonietta, facendole arrivare tutta quella vicinanza e quell’interesse sincero che le sono mancati in anni di ingiusta sofferenza.

Mirella esce di casa intorno alle 15.20, a seguito della richiesta di un amico che ha suonato il campanello di casa e le ha chiesto di scendere. Non era convinta Mirella, come dirà sua mamma Vittoria, e chiedeva con insistenza chi vi fosse ad attenderla fuori di casa, per un appuntamento insolito. Per quanto ci sia dato sapere, quell’interlocutore misterioso si è presentato come Alessandro, un compagno delle scuole medie che Mirella non frequentava da anni e sappiamo tutto ciò grazie a Vittoria, che ha assistito a distanza allo scambio di parole tra i due ragazzi, tramite il citofono.

Più tardi, quando la scomparsa di Mirella è ormai ufficiale, mamma Vittoria contatta Alessandro, trovando il suo numero su un’agenda della figlia, per scoprire dalle sue parole che i suoi contatti con la ragazza risalissero addirittura a due anni prima.

Ma cosa dice Alessandro agli inquirenti?

Sulla questione, il ragazzo risponde di aver visto Mirella l’ultima volta cinque mesi prima della sua sparizione e non fornisce spiegazioni sul perché, quella sera, fosse rientrato a casa dopo le ventidue e come avesse impiegato tutte quelle ore. D’altronde, nessuno degli incaricati gli fa domande in merito.

Le sue incongruenze circa gli incontri con Mirella e il lasso di tempo intercorso tra la sua sparizione e il rientro a casa del ragazzo non saranno mai oggetto di approfondimento da parte degli inquirenti.

Ma questo elemento sarà solo il primo di una lunga serie di leggerezze ed errori gravi commessi da chi aveva l’onere di indagare sulla scomparsa di Mirella e sulle ultime ore di cui possiamo avere traccia.

Mauro Valentini entra nel merito di tutte queste incongruenze, comprese quelle collegate alla migliore amica Sonia, che parlerà alla famiglia di Mirella di un appuntamento fissato dalla ragazza per andare a suonare la chitarra in zona ma che, intercettata a sua insaputa, dirà verità inquietanti circa un fantomatico individuo pericoloso che avrebbe potuto sequestrare persino lei.

Sonia non verrà mai incalzata su questo punto, nonostante anche mamma Vittoria avesse notato due individui sospetti intenti a scattare foto alla figlia, il giorno dell’inaugurazione del bar che la famiglia Gregori possedeva.

Tutti questi elementi non hanno meritato nessun approfondimento e questo è a dir poco sconcertante.

Il caso, perché non è dato comprendere se di altro si sia trattato, ha voluto che poco più di un mese dopo, un’altra ragazza romana sia scomparsa nel nulla gettando nella disperazione la propria famiglia.

Emanuela Orlandi, cittadina vaticana (elemento, quest’ultimo, che aprirà la porta a mille supposizioni, la maggior parte della quali del tutto campate in aria) non farà mai ritorno a casa dopo una lezione di musica e i giornali, proprio a causa della  sua cittadinanza, daranno ampio risalto alla sua storia, abbinandole teorie cospiratorie e scenari dei quali si renderanno protagonisti individui più o meno noti, voci anonime e quotidiani nazionali.

Mirella verrà ben presto collegata alla vicenda di Emanuela Orlandi e le due famiglie saranno oggetto di telefonate anonime pressanti, con richieste di scambi di ostaggi e con l’apertura  di scenari politici e religiosi internazionali, ai quali gli Orlandi e i Gregori erano del tutto estranei, in balia di situazioni dalle quali nessuno li ha tutelati, che nessuno ha approfondito oltre la superficie.

Quali prove hanno fornito questi misteriosi telefonisti? Cosa hanno riferito circa la sparizione delle due giovani ragazze?

Niente. Niente che non fosse totalmente fondato su chiacchiere, niente che non fosse spesso approssimativo ed evidentemente farlocco, niente che giustificasse il mancato percorrere piste alternative.

Gli Orlandi e i Gregori si affidarono entrambi a un avvocato in vista, che si rese subito protagonista della scena, ma che con il proprio operato non apportò novità o recuperò informazioni utili, al pari degli inquirenti, che sembravano credere solo a qualsiasi pista scenografica potesse riempire pagine di giornali e suscitare clamore. Il tentato omicidio del Santo Padre, il suo attentatore, scambi di prigionieri politici e grandi scenari internazionali e qualsiasi ipotesi indicasse soluzioni sbalorditive furono subito abbracciati come teorie valide, per quanto senza elementi pratici di supporto, ignorando tutto il resto.

Anni dopo, i Gregori scoprirono addirittura che l’avvocato a cui si erano affidati non avesse voluto soldi dalla famiglia Oralndi (cliente troppo ghiotto, per il clamore mediatico suscitato, per rischiare di perderlo per questioni economiche), mentre a loro fu chiesto ogni centesimo, semplici comparse di una storia che aveva poco di vero, che appariva più una fantasiosa ricostruzione di un qualcosa fondato su elementi reali.

Eppure, sia gli Orlandi che i Gregori non avevano alcuna responsabilità o potere nel gestire cosa stesse accadendo, si unirono coraggiosamente e dignitosamente e cercarono conforto tra loro, impotenti davanti a questioni troppo grandi, increduli che le loro bambine potessero essere finite protagoniste incolpevoli di ingranaggi internazionali, di cui probabilmente non hanno mai fatto parte.

Leggendo l’attenta disamina di Mauro Valentini, proviamo sconcerto davanti a elementi così mastodontici, eppure totalmente ignorati, che avrebbero dovuto spingere gli inquirenti a dubitare seriamente di piste e informazioni che hanno ritenuto primarie e credibili.

I giornali, per esempio, sbagliarono nel riportare il nome della scuola frequentata da Mirella, confondendola con quella frequentata dalla sorella maggiore Antonietta, e quel grosso errore, riportato da qualsiasi quotidiano, venne riferito anche dai misteriosi telefonisti che sollevarono scompiglio fino ai piani alti del Vaticano, che pilotarono persino i discorsi pubblici del Santo Padre, che spinsero il Presidente Pertini a richiedere la liberazione delle due ragazze.

Nessuno notò la grave evidenza: quelle persone non davano informazioni, le ricavavano dai giornali, sapevano nulla sulle sorti di Mirella ed Emanuela e le avevano probabilmente collegate per utilità, ma nessun elemento pratico ci può indicare che le due storie avessero davvero punti in comune.

Mauro Valentini evidenzia queste e mille altre incongruenze, sottolineando contemporaneamente tutti quegli elementi che invece dovevano essere approfonditi, a partire dall’ultimo luogo in cui Mirella aveva detto di essere diretta (vi si recarono solo Antonietta e il fidanzato, armati di torcia, la sera della scomparsa, mai gli inquirenti), per finire all’unica telefonata che fornì informazioni davvero utili (la marca di tutti gli abiti indossati da Mirella il giorno della scomparsa, con precisa descrizione).

Non sarebbe giusto elencarle tutte in questa recensione, perché l’ammirevole indagine giornalistica merita di venire letta e Mauro Valentini di prendere tutto il merito di una ricerca che lascia senza parole. Perché le piste da percorrere c’erano, perché alcune, se non tutte quelle percorse, erano assurde ed evidentemente campate in aria, perché Mirella ha finito per essere una semplice comparsa in una sparizione a cui le cronache avevano deciso di dare un risalto maggiore: quella di Emanuela Orlandi.

Sia ben chiaro che entrambe le famiglie siano state illuse, vittime di errori giudiziari enormi, abbandonate a se stesse, impotenti e sfruttate dalla maggior parte del giornalismo che si interessò alle loro vicende.

Chi se ne interessò davvero e lottò e lotta ancora per giustizia e  verità sono le famiglie delle  due ragazze, in particolare gli straordinari Pietro Orlandi e Maria Antonietta Gregori, fratello e sorella di Emanuela e Mirella, persone per le quali è impossibile non provare immensa ammirazione.

Invito di cuore a leggere questa storia per avere finalmente le idee chiare su cosa sia o non sia stato fatto, per tenere vivi solo gli interrogativi ragionevoli e, purtroppo, mai davvero sollevati nelle sedi opportune.

Ma non solo. Mauro Valentini ci fa entrare nella vita di questa giovane e bella ragazza e in quella di chi la sta ancora aspettando, ci descrive le giornate di mamma Vittoria, trascorse in attesa alla finestra di una casa da cui verrà pure sfrattata con l’andare degli anni, e ci fa immaginare il suo percorso, due volte al giorno, per raggiungere la Procura e chiedere aggiornamenti circa le indagini su Mirella.

Dobbiamo immaginarla mamma Vittoria, metterci nei suoi panni, pensare alla sua presenza disperata a quella finestra e al suo caparbio percorso giornaliero, sempre più debole, sempre più disperata, sempre più abbandonata dalle Istituzioni. E Mauro Valentini ci aiuta a immaginarla, con un trasporto che è il suo e deve essere il nostro. Perché Vittoria è la mamma potenziale di tutti, perché Mirella è la figlia potenziale di tutti.

Poteva capitare a chiunque di noi, potevamo sentirci disperati e impotenti come si è sentita lei.

Questa storia non ha purtroppo un lieto fine e mamma Vittoria non c’è più, uccisa da un male che non può essere scollegato da quella atroce sofferenza, che la ha consumata senza darle in cambio nemmeno la verità.

Come in ogni brutta storia, e questa lo è davvero, è sempre necessario chiedersi se vi sia qualcosa da salvare, se qualcosa di buono possa avere portato una vicenda che invito di nuovo a leggere e comprendere.

In questo caso, la famiglia Gregori, così come è avvenuto ad altre  che si sono unite in una lotta per dare giustizia e aiuto a chi ha subito la scomparsa di una persona cara, hanno aderito all’associazione Penelope, divenendone parte attiva, come lo è stato con grande capacità lo stesso Mauro Valentini, a dimostrazione che il suo non è mai stato solo dovere di (perfetta) cronaca, cosa che traspare da ogni pagina di questa crono storia.

Penelope si prende cura delle famiglie delle persone  scomparse, le aiuta a ottenere verità e giustizia, ha ottenuto Leggi in tutela di queste persone e combatte per averne di ulteriori, è presente su quasi tutto il territorio della nostra penisola, ha creato una banca dati che può essere utilizzata anche a livello internazionale e viene considerata a ragione autorevole, parte attiva di ogni battaglia pratica e legale.

Perché chi non è disposto ad arrendersi, ad accettare silenziosamente ingiustizia e abbandono da parte delle Istituzioni, sa trovare la forza non dico per sostituirsi a esse, ma per fornire quell’appoggio fondamentale che ha aiutato a scoprire verità che altrimenti non sarebbero emerse.

E siccome Vittoria, morta senza una verità che ha inseguito ogni giorno, potrebbe essere chiunque di noi, dobbiamo riflettere che se Penelope fosse esistita ai tempi della scomparsa di Mirella, quella madre avrebbe forse le risposte che cerca, un colpevole della sua enorme perdita, una tomba su cui piangere una figlia tanto amata.

Ci tengo a sottolineare questo aspetto perché spesso, i fatti di cronaca più o meno recente ce lo insegnano, i Tribunali ci forniscono verità processuali che non sempre sono verità storiche, ma sono pur sempre una versione attinente alla realtà di quanto possa essere avvenuto a chi si è trovato suo malgrado protagonista di fatti di cronaca nera. Ma ai familiari di persone scomparse non è concesso nemmeno questo. Non c’è una tomba, non c’è un colpevole, non c’è la possibilità di elaborare un accadimento perché non sanno cosa sia accaduto.

Non sapere è la peggiore delle condanne e auguro, quindi, a Penelope la possibilità di operare a lungo per giustizia e verità, così come lo auguro di cuore a giornalisti attenti e preparati come lo è Mauro Valentini, affinché non vi sia mai più una mamma Vittoria che percorre da sola, due volte al giorno, il percorso che la conduce dagli inquirenti a elemosinare la verità e la giustizia a cui ha diritto.

Mauro Valentini


Mauro Valentini: giornalista e scrittore. Nel 2020 con Armando Editore è stato tra i primi dieci libri più venduti in Italia con: Mio figlio Marco – La verità sul caso Vannini scritto con Marina Conte. Ha pubblicato tra gli altri Mirella Gregori – Cronaca di una scomparsa e Marta Russo – Il Mistero della Sapienza. Con quest’opera ha vinto il premio letterario Costa d’Amalfi 2017 e si è classificato secondo al Premio Piersanti Mattarella 2019. Lo chiamavano Tyson è il suo primo romanzo.

Acquista su Amazon.it: