RAFFAELLA NOTARIALE
ARMANDO PALMEGIANI
Editore: Armando Editore
Pagine: 174
Anno edizione: 2024
Sinossi. Melania Rea ha 28 anni e una figlia di 18 mesi quando sparisce nel nulla. È il 18 aprile del 2011, la donna è in un parco e spinge la figlioletta su un’altalena. E poi? Poi il marito prende in braccio la bambina e cerca sua moglie. La cerca nei dintorni, urla il suo nome, poi allerta le forze dell’ordine e lo fa perché Melania è svanita nel nulla. Non si trova più da nessuna parte. Due lunghissimi giorni dopo viene ritrovata cadavere. Il suo corpo è straziato da 35 coltellate e sulla pelle ha una svastica incisa con un coltello. Sulle labbra ha il DNA di suo marito: Salvatore Parolisi. È una messa in scena. È tutto finto. Tutto. Solo la morte di Melania è reale.
Carmela Rea, da tutti chiamata Melania, era una bellissima ragazza di ventotto anni, sposatasi giovane con Salvatore Parolisi, di pochi anni più grande, e mamma di una deliziosa bambina di diciotto mesi, di nome Vittoria.
Di origini napoletane, si era da pochi anni trasferita con il marito a Folignano, per potergli stare vicino mentre lui, graduato dell’esercito, svolgeva il ruolo di istruttore in una caserma di zona, caserma adibita all’addestramento di giovani ragazze intenzionate a iniziare una carriera militare.
Melania era legatissima alla propria famiglia di origine, non mancava mai di andare a trovare i genitori ogni volta che le era possibile e di sentirli telefonicamente tutti i giorni. Aveva anche trascorso il periodo vicino al tanto atteso parto della figlia presso la casa dei genitori, in modo da poter avere l’aiuto della amata mamma, il cui nome verrà assegnato alla bambina che stava per nascere.
Ma una volta nata Vittoria, alla cui nascita Salvatore non assisterà, scomparendo per ore e ore nonostante le ripetute chiamate (si saprà in seguito che quella notte si trovava in compagnia di una giovane soldatessa che frequentava da due anni), Melania è tornata a Folignano, per stare vicina al consorte e per accudire da sola la bambina che stava crescendo.
Tutto fino a quel tragico 18 aprile 2011, quando Melania è sparita nel nulla, mentre si trovava in compagnia del consorte e della figlia, per essere rinvenuta ormai cadavere due giorni dopo.
Real stories
di Kate Ducci
18 aprile 2011, è una giornata tiepida e tranquilla a Colle San Marco, piccola frazione in provincia di Ascoli Piceno, una giornata che precede di poco il periodo pasquale e che viene raggiunta da poche persone in cerca di un po’ di aria buona e di svago.
Melania Rea, Salvatore Parolisi e la figlioletta Vittoria sono intenzionati a trascorrere lì qualche ora prima di un impegno a casa di amici, per permettere a Vittoria di svagarsi sulle altalene. Sappiamo di queste intenzioni con certezza in quanto, poco prima della loro partenza, la madre di Melania l’aveva chiamata ed era stata la stessa Melania a riferirle dei progetti di quel pomeriggio.
Dopo ciò, non vi sono più certezze in questa storia, perché ogni dettaglio sugli spostamenti di Melania nell’ora antecedente alla sua scomparsa, ci vengono raccontati (con parecchi punti bui e dettagli che non trovano conferma nei testimoni) dal marito, da ritenersi inattendibile visti i tragici esiti dell’indagine, che lo ha portato a una inevitabile condanna per omicidio.
Secondo il racconto di Salvatore, la famiglia si sarebbe davvero diretta a Colle San Marco e avrebbe raggiunto le altalene, presso le quali padre e figlia si sarebbero trattenuti a giocare, mentre Melania si sarebbe diretta presso un vicino bar, al fine di poter espletare un bisogno fisiologico e portare un caffè al marito che l’attendeva.
Melania non solo non è più tornata dalla figlia, ma non è mai stata vista in nessuno dei luoghi in cui si sarebbe recata col marito e, successivamente, da sola.
Presso il parco che accoglieva le altalene vi erano numerosi testimoni. Nessuno dei presenti ricorda di aver visto Salvatore e la moglie, né insieme né da soli; dalle numerose foto scattate non emerge la loro presenza e nemmeno quella della vettura di Parolisi, laddove lui dichiarava di averla parcheggiata; presso il ristorante in cui, da testimonianza del marito, Melania si sarebbe diretta, nessuno l’ha mai vista arrivare, così come nessuno la ha incontrata durante il suo ipotetico percorso.
In definitiva, secondo gli inquirenti, prove alla mano, la famiglia Parolisi quel giorno non avrebbe mai raggiunto la zona delle altalene.
Ma dove erano diretti allora, visto che grazie alla testimonianza della madre di Melania, sappiamo che loro intenzioni fossero proprio quelle: portare la piccola Vittoria a svagarsi sull’altalena?
Non sarà facile per gli inquirenti venirne a capo, sia per la falsa collaborazione del marito, che negherà anche le più grandi evidenze circa i segreti che tentava di custodire, sia perché per ventiquattro ore Melania risulterà scomparsa.
Proprio per tale ragione e attenendosi alle dichiarazioni del marito, che verranno messe in discussione solo all’atto del ritrovamento di Melania, la giovane verrà cercata laddove doveva trovarsi e non molto più distante.
A seguito di una telefonata anonima, da parte di una persona che non si è mai fatta avanti e impegnata a passeggiare nei boschi, la presenza del cadavere di Melania verrà segnalata due giorni dopo presso un chiosco, che si trovava a distanza di chilometri dai luoghi in cui Salvatore aveva dichiarato di essersi intrattenuto con la famiglia.
Melania era stata uccisa con trentacinque coltellate, aggredita in un momento di estrema vulnerabilità, mentre si era appartata per fare pipì, con pantaloni, collant e mutande abbassati.
Impossibile che Melania si fosse spinta così distante a piedi per espletare il bisogno ed è cosa certa che fosse stata portata lì da qualcuno, in macchina. Difficile anche pensare che, se fosse stata sequestrata, avrebbe avanzato tale richiesta a uno sconosciuto. L’ipotesi più probabile, risulta da subito quella più terribile: Melania si sentiva al sicuro quando si è spogliata, era in compagnia di qualcuno che l’aveva accompagnata e che conosceva bene.
Mentre la famiglia di Melania, giunta da Somma Vesuviana per partecipare alla ricerche, brancolava nel buio della disperazione e non sospettava minimamente che la ragazza potesse essere stata aggredita e uccisa da qualcuno a lei molto vicino, i sospetti degli inquirenti si orientavano da subito verso la pista più probabile: quella del coinvolgimento di Salvatore.
Le sue utenze furono messe sotto controllo e la sua vita passata al setaccio, per scoprire con pochissima difficoltà quanto l’immagine da lui fornita, di coppia perfetta e innamorata, fosse ben distante dalla realtà di un matrimonio arido, fatto di ripetuti tradimenti, che creava in Melania sospetti e forte sofferenza.
Salvatore frequentava un’allieva del suo corso da due anni, al punto di avere in progetto con lei di trascorrere le vacanze pasquali ormai alle porte. Il tutto, mentre aveva parallelamente in programma di trascorrere le suddette festività con Melania e la di lei famiglia.
Cosa potesse aver scoperto Melania di tutto ciò non è dato saperlo, purtroppo. Sappiamo solo, per testimonianze della famiglia Rea e dell’amante di Salvatore, che per ben due volte Melania aveva scoperto la relazione clandestina del marito ed era arrivata a contattare telefonicamente la ragazza, imponendole di tenersi alla larga dalla sua famiglia.
Di certo, nonostante la reticenza di Salvatore, c’è che quel giorno la sua vita era arrivata a un imbuto di menzogne, che gli impediva di continuare a giocare su due fronti, di prendere in giro contemporaneamente due donne. Il giorno dopo sarebbe dovuto partire per Somma Vesuviana con Melania e Vittoria ma, al tempo stesso, avrebbe dovuto raggiungere l’amante e i di lei genitori, che lo aspettavano per le presentazioni ufficiali.
Non aveva scelta Salvatore: o dire la verità a Melania, o dirla all’amante. Qualunque delle due opzioni lo avrebbe rovinato, perché nessuna delle due antagoniste avrebbe accettato questo oceano di menzogne in silenzio, nessuna delle due gli avrebbe permesso di fuggire alle proprie responsabilità.
Non c’erano vie di uscita per Salvatore, questa volta la sua capacità di mentire non sarebbe stata sufficiente. A meno che, una delle due donne non si fosse fatta da parte, silenziosamente, da sola.
Proprio come è accaduto quel giorno, quando Melania svanisce nel nulla e, durante le terribili ore di angoscia che l’intera famiglia Rea trascorreva nell’attesa di una risposta, Salvatore si affannava a tenere in piedi il proprio castello di bugie, agevolato dal fatto di potere giocare, adesso, su di un solo fronte.
Melania era scomparsa, restava solo l’altra, Ludovica, da continuare a manipolare e dalla quale poter evitare di recarsi, vista la tragedia famigliare che stava attraversando e gli forniva una valida giustificazione.
Nonostante ciò, nonostante in teoria non sapesse quale fosse il destino di Melania, Salvatore impone subito a Ludovica di cancellare ogni loro traccia, di negare la loro relazione, di aiutarlo nel mantenere un’immagine pulita. Le dice di fare tutto ciò per il bene di lei, per tenerla fuori dai guai, ma Ludovica, per la prima volta, non ci casca.
Ormai è stanca di tutte queste bugie, ormai ha capito che Salvatore vuole solo e sempre salvare Salvatore.
Non nega la propria collaborazione agli inquirenti, che comunque erano già a conoscenza di dettagli più che sufficienti, e racconta tutto della loro storia, di quanto si trascinasse avanti su promesse mai mantenute, di quanto Salvatore le avesse garantito di aver già, in accordo con la moglie, avviato le pratiche per il divorzio.
Salvatore Parolisi verrà indagato e poi arrestato. Chiederà il rito abbreviato, che all’epoca dei fatti era consentito, per salvarsi dall’ergastolo e verrà condannato in tutti e tre i gradi di giudizio.
La cronaca ci ha purtroppo abituato, in seguito, a figure come la sua, ma quindici anni fa non avevano un termine che le definisse in modo chiaro agli occhi dell’opinione pubblica.
Adesso sappiamo cosa sia un narcisista maligno, quanto sia bugiardo e per niente empatico, quanto gli stia a cuore solo la propria tutela, quanto diventi pericoloso quando viene messo alle strette e, soprattutto, di quanto lo sia quando le persone, da lui scelte come pedine da utilizzare a proprio beneficio, si ribellino e rifiutino di continuare a farsi sfruttare.
Forse era proprio ciò che aveva fatto Melania quel giorno visto che, mentre la fede nuziale era ancora al suo dito, l’anello di fidanzamento si trovava più distante, come se lei se lo fosse tolto e lo avesse lanciato. Forse, invece, la povera Melania è andata incontro alla morte in uno stato d’animo più sereno. Di certo c’è che non avrebbe accettato un altro tradimento e che nemmeno Ludovica avrebbe accettato un altro rinvio. Il narcisista maligno era con le spalle al muro, quindi pericoloso e incontrollabile, convinto che fosse più conveniente eliminare una pedina che assumersi una qualche responsabilità.
Cosa che non ha mai fatto e probabilmente mai farà, nemmeno adesso che è a un passo dalla definitiva scarcerazione. Perché un narcisista pensa che il mondo gli debba tutto, ma di non dovere qualcosa a qualcuno, nemmeno a una figlia che non ha più una madre, nemmeno a una famiglia che ha perso Melania e dovrà convivere a vita con questo tragico pensiero, nemmeno a una giovane mamma che aveva il diritto di vedere crescere sua figlia.
Tra tutte le cose che Salvatore Parolisi dichiara di non aver meritato, dalle accuse, all’odio della gente, alle condanne, solo una, da lui mai menzionata durante interminabili lamentele sulla propria sorte, davvero non ha mai meritato: Melania.
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Raffaella Notarile, Armando Palmegiani
Raffaella Notariale è giornalista. In Rai si specializza come inviata e autrice di cronaca nera e giudiziaria. Lavora per ‘Chi l’ha visto?’, ‘Ballarò’, ‘Presa diretta’ e ‘Report’, dove si trova tutt’ora. È sua l’esclusiva dei documenti e delle foto inedite della sepoltura di Enrico De Pedis, Renatino, boss della Banda della Magliana, nella basilica di Santa Apollinare. In seguito, trova e intervista Sabrina Minardi, amante di Renatino negli anni Ottanta, poi ritenuta dagli inquirenti supertestimone del caso di Emanuela Orlandi. Un’altra esclusiva riguarda Matteo Messina Denaro: quando il boss era latitante, scopre che si era fatto curare in Spagna e lo scoop si guadagna l’encomio sulla Stampa di Pietro Grasso, allora Procuratore Nazionale Antimafia. Il suo lavoro sul caso Orlandi, riconosciuto nel documentario di Netflix, viene raccontato nel film ‘La verità sta in cielo’, nel quale viene impersonata dall’attrice Valentina Lodovini. Ha scritto due libri con la Newton Compton: ‘La supertestimone del caso Orlandi’ e ‘Il boss della Banda della Magliana’.
Armando Palmegiani è nato nel 1965 a Roma. Criminologo, criminalista ed esperto della scena del crimine, si è laureato in Psicologia Clinica ed ha conseguito il Master di Criminologia alla Sapienza. È docente delle materie criminologiche all’Università “eCampus”. Nel corso della sua carriera si è occupato di moltissimi casi di cronaca, tra i quali la bomba di via dei Georgofili a Firenze, l’omicidio del piccolo Tommaso Onofri, l’omicidio di Marta Russo, l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, l’omicidio di Marco Biagi a Bologna. Ha partecipato all’identificazione delle vittime dello tsunami in Thailandia, di quelle di Sharm el Sheikh a seguito degli attentati del 2005 e all’identificazione delle vittime del terremoto dell’Aquila del 2009 e quello ad Amatrice del 2016. Ha scritto, tra gli altri, ‘Emanuela Orlandi. 40 anni di depistaggi’ (2023).