Rebecca, la prima moglie




Recensione di Laura Salvadori


Autore: Daphne du Maurier

Editore: Il Saggiatore

Traduzione: Marina Morpurgo

Genere: noir

Pagine: 432

Anno di pubblicazione: 2020

 

 

 

 

 

Sinossi. Durante un soggiorno a Monte Carlo insieme alla signora cui fa da dama di compagnia, una giovane donna, appena ventenne, conosce il ricco e affascinante vedovo Maxim de Winter. L’uomo inizia a corteggiarla e, dopo due sole settimane, le chiede di sposarlo; lei, innamoratissima, accetta con entusiasmo e lo segue nella sua grande tenuta di famiglia a ManderlaySembra l’inizio di una storia da favola, ma i sogni e le aspettative della giovane si scontrano subito con la fredda accoglienza della servitù, in particolare della sinistra governante. Eppure non si tratta solo di questo: c’è qualcosa, in quel luogo, che giorno dopo giorno rende l’ambiente sempre più opprimente; c’è una presenza che pervade ogni stanza della magione e che si stringe attorno ai passi dell’attuale inquilina come una morsa silenziosa. È Rebecca, la defunta signora de Winter, più viva che mai nella memoria di tutti quelli che l’hanno conosciuta e modello inarrivabile per la giovane, che invece si muove impacciata e confusa nella sua nuova esistenza altolocata e mondana. Un fantasma ingombrante che si trasformerà in una vera e propria ossessione per la protagonista, costretta a immergersi nelle ombre del proprio matrimonio e spinta sempre più ai confini della follia, fino a dubitare della propria stessa identità. Fonte di ispirazione dell’omonimo film di Alfred Hitchcock con Laurence Olivier e Joan Fontaine, Rebecca la prima moglie è l’opera più famosa e amata di Daphne du Maurier: un thriller psicologico ricco di suspense e mistero, colpi di scena e ribaltamenti inaspettati, passioni e segreti. Un grandioso romanzo sulla gelosia e sulla memoria, che conduce il lettore tra le pieghe dell’animo umano, là dove si nascondono gli spettri nati dal dolore più atroce e dalle paure più inconfessabili.

 

Recensione

Questo strabiliante romanzo è senza dubbio un evergreen del genere thriller e ha tutte le carte in regola per tornare alla ribalta. La casa editrice Il Saggiatore ha interpretato al meglio questa meravigliosa caratteristica di “Rebecca, la prima moglie” ed ecco che questa chicca torna in libreria, a farsi conoscere da chi ancora non l’avesse fatto.

Il romanzo si basa sul classico triangolo amoroso. Lui, lei e l’altra. L’altra è la defunta moglie di Maxim de Winter, nobiluomo affascinante, padrone indiscusso di una magnifica tenuta in Cornovaglia di cui si conoscono le bellezze e la meravigliosa cornice in ogni angolo del paese. Rebecca, il cui ricordo pare indelebile in chiunque l’abbia conosciuta, era bella, indomita, affascinante, irretiva chiunque la incontrasse.

La seconda moglie, alla quale la du Maurier non dà nemmeno un nome, quasi a sottolineare la sua trascurabile presenza, è invece timida, assolutamente non appariscente, goffa, inelegante, quasi insulsa. La consapevolezza di non essere all’altezza di Rebecca acuisce queste sue mancanze, che non passano inosservate a nessuno. Specialmente la governante di Manderlay non manca di sottolinearle e di palesarle la sua insofferenza.

La sua insicurezza è frutto di un profondo senso di inferiorità della seconda signora de Winter. La sua inadeguatezza è un tarlo che corrode i suoi sensi e la sua mente. Rovina le sue giornate, la rende insofferente, schiava in casa propria, intimidita persino dalla servitù che non è capace di dirigere, né di conquistarne la fiducia, men che mai di averne il rispetto.

Il vortice in cui la seconda moglie rischia di essere trascinata è potente, invincibile e la allontana persino dal signor de Winter, del quale si convince di non meritare né attenzione né tanto meno amore. L’angoscia che l’autrice dipinge ha tratti forti, fiammanti, potenti. Si insinua sottopelle, è un veleno inesorabile. Magistralmente dipinge l’ossessione sul volto della protagonista, ne ingigantisce gli occhi, le colma di dolore, di folle angoscia, ne sfiora i tratti con la pazzia.

Quanto delle nostre insicurezze sono reali e quali sono invece frutto della nostra immaginazione? Quanto è reale e quanto è figlio della suggestione?

Il lato psicologico di questo personaggio è un piccolo capolavoro, estrinsecato probabilmente in un’epoca in cui l’approfondimento ed il focus su questo aspetto costituiva un’eccezione.

Soffermiamoci un attimo a pensare che quest’opera ha visto i natali nel 1938 e dell’epoca ha mutuato usi e costumi. La donna, in particolare, è ancora una figura eterea, un passo indietro all’uomo, dalla quale ci si aspetta, in estrema sintesi, che sia elegante, silente e sottomessa. Che, in altre parole, sia invisibile.

Rebecca, la prima moglie” è peraltro un romanzo fatto da donne. Donne che istigano, donne che manovrano, donne che subiscono. Eppure, qualsiasi sia la sfumatura che prendiamo in esame, non ci si aspetta nient’altro di diverso da mansuetudine, superficialità e candore. Ed invece, ecco che le donne di questo romanzo sono tutt’altro e deviano da questo schema. Esprimono libertà di costumi, volontà, calcolo, disprezzo. Ma anche passione, rabbia e ribellione. E anche quando sono timide ed invisibili, riescono ad evolvere e a trasformarsi in creature indomite, che sacrificano tutto in nome dell’amore.

Rebecca, la prima moglie” è una lettura indispensabile. Che coinvolge e ipnotizza. Una trama geniale, dei personaggi incredibilmente vividi, una vicenda che fa accapponare la pelle, dove i colpi di scena lasciano senza fiato. Con un finale aperto, dove, dopo una boccata d’ossigeno, si ripiomba nel fango, ad annaspare in cerca d’aria.

La lezione che si impara è che il male perpetrato porta, prima o dopo, un conto assai crudele. Non è prevista tregua, né pace, per chi è stato debole e per chi si è lasciato manovrare per gli scopi altrui.

Una volta che si è dannati, non è prevista alcuna espiazione.

Daphne du Maurier escogita una trama crudele, in cui non nessune vince. Tutti i personaggi saranno perdenti e perduti, abbandoneranno progressivamente la loro umanità, vittime dell’incomprensione e della suggestione. La sconfitta, questa soffocante sensazione, ci accompagnerà per tutto il romanzo. I cieli saranno costantemente grigi, anche d’estate e l’aria soffocante. Nessuna speranza, nessuna traccia di felicità, solo un destino avverso e cattivo.

Ed è proprio questo che fa di Rebecca, la prima moglie” un capolavoro. Una storia di infelicità e di follia, dove l’immaginazione si confonde con la realtà e in cui la mente costruisce i propri schemi aberranti e subdoli. Una pietra miliare del romanzo psicologico, indimenticabile, geniale e ossessionante.

 

 

 

Daphne du Maurier


(1907-1989) è stata una scrittrice inglese, il cui successo internazionale è stato sancito dalla trasposizione cinematografica dei suoi romanzi Jamaica Inn e Rebecca la prima moglie a opera di Alfred Hitchcock. Delle sue numerose opere il Saggiatore ha pubblicato Gli uccelli e altri racconti (2008), Non voltarti (2009), Il punto di rottura (2009), Rendez-vous (2010), Il capro espiatorio (2011), I parassiti.

 

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