Anno del Signore 1793. Granducato di Toscana. Un castello fondato su un’antica abbazia, un cadavere avvolto nei tralci di una grande vite.
Sinossi. Sotto le luci di un’alba invernale, i vitigni innevati del barone Calendimarca si rivelano teatro di un omicidio. Non solo un enigma inspiegabile, ma anche un’onta per il casato del nobiluomo. Vitale Federici, insieme al suo devoto discepolo Bernardo della Vipera, si ritroverà a investigare su un delitto i cui moventi sembrano affondare nell’antica tradizione vinicola della famiglia baronale, e nella sua cantina sotterranea che, simile a una biblioteca, pare celare un indizio sull’identità dell’assassino. Riuscirà Vitale a fare luce su questo caso, in cui ambizione, inganno e antiche passioni si intrecciano in un mistero forse impossibile da decifrare?
LA TAVERNA
DEGLI ASSASSINI
Un’indagine di Vitale Federici
Marcello Simoni
Newton Compton 2023
Giallo storico, pag.224
Recensione di Salvatore Argiolas
Marcello Simoni è indubbiamente uno dei migliori scrittori di gialli storici e col tempo si è interessato ad altri periodi storici, oltre all’età medioevale i cui ha ambientato i suoi primi libri.
Il suo ultimo romanzo, “La taverna degli assassini”, è situato in Toscana nel dicembre 1793, qualche anno dopo l’avvio della Rivoluzione francese e questo avvenimento fondamentale accaduto oltralpe influenzerà il comportamento di tanti personaggi che orbitano attorno al barone di Calendimarca.
Il precettore Vitale Federici è stato invitato dal barone per indagare su uno strano omicidio avvenuto nel suo feudo dove è stato trovato un cadavere impigliato in un’enorme pianta di vite.
Federici è accompagnato dal giovane Bernardo figlio del conte della Vipera con cui interagisce in un modo che ricorda nitidamente altre coppie celebri del romanzo giallo come Holmes e Watson e Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk.
Il morto era Giovanni Villafranchi, rappresentante commerciale del barone di cui curava l’esportazione della produzione vinicola e il nobiluomo crede che l’assassinio faccia parte di un complotto ai suoi danni.
L’inchiesta si interrompe immediatamente perché il precettore viene avvelenato a cena con della cicuta sciolta in un bicchiere di vino e quando il medico del barone riesce a salvarlo Bernardo si aggira nel castello pronto ad assorbire come una spugna mezze parole, impressioni e dialoghi che, riferiti a Federici gli suggeriranno una teoria investigativa temeraria ma con elementi di verità.
Ed è proprio il concetto di verità quello su cui orbita l’intero romanzo, molto intrigante e ricco di suggestioni e richiami agli stilemi di genere: “Vitale artigliò i braccioli della poltrona. Sentiva ancora bruciare sotto la pelle la rabbia e la vergogna del giorno in cui era stato esiliato da Urbino. Cacciato come un reietto, solo perché aveva osato disubbidire alle leggi ipocrite dei suoi superiori. Solo perché aveva avuto il coraggio di puntare il dito verso la verità.”
“Il maestro scosse il capo, “Seguitemi amico mio, e tenete bene a mente questo insegnamento”, gli disse con tono paziente. “La verità non è mai una cosa bella. Anzi, spesso si presenta a chi la scopre con le sembianze di un mostro orrendo. Ed è proprio questa sua spaventosa, inaccettabile bruttezza a rendere inviso al prossimo chiunque tenti di descriverla.”
Malgrado la sua visione del mondo così pessimistica Vitale Federici si addentra in questo ambiente tanto ambiguo dove nessuno è quello che sembra e capirà che il complotto si snoda dietro la coltivazione della vite rivelandolo proprio grazie alla sue sue conoscenze di ampelografia.
“Un’indagine è del tutto e per tutto simile a una via crucis” chiarì il precettore. “Si compone di tappe. Un insieme di soste, fermate e intoppi che si susseguono fino al raggiungimento del traguardo”
e proprio attraverso false piste e colpi di scena Vitale Federici avanza nell’individuare un possibile movente e gli inganni che gravano sul castello del barone di Calendimarca.
“La taverna degli assassini” è un giallo anomalo ma molto convincente e si pone alla confluenza tra giallo storico, romanzo gotico e thriller con tanti richiami ai cliché più convincenti ma con un’architettura narrativa originale che presenta un protagonista, Vitale Federici, studiato per la serialità, disilluso ma attratto dalla ricerca della verità, anche se ben conscio questa non porterà mai la felicità.
“Adesso era lui a immaginare un mostro in agguato tra le selve imbiancate della Toscana. Un mostro spaventosamente astuto e paziente, intento a spiarlo con due occhi da rettile.
Occhi pieni di verità, ma privi di felicità.
Perché, Vitale non aveva dubbi, l’una poteva esistere solo in assenza dell’altra”
si legge nell’amaro epilogo e questo è il messaggio lasciato da questo bel romanzo storico di Marcello
Simoni che raffigura un mondo chiuso che sta per finire a causa del grande scompiglio seguito alla Rivoluzione francese e soprattutto dal regime del Terrore instaurato da Maximilien de Robespierre.
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Marcello Simoni
È nato a Comacchio nel 1975. Ex archeologo e bibliotecario, laureato in Lettere, ha pubblicato diversi saggi storici; con Il mercante di libri maledetti, suo romanzo d’esordio, è stato per oltre un anno in testa alle classifiche e ha vinto il 60° Premio Bancarella. Ha vinto inoltre il premio Stampa Ferrara, il premio Salgari, il premio Ilcorsaronero e il premio Jean Coste. La saga del Mercante ha consacrato Marcello Simoni come autore culto di gialli storici: i diritti di traduzione sono stati acquistati in venti Paesi. Con la Newton Compton ha pubblicato numerosi bestseller tra cui la trilogia Codice Millenarius Saga e la Secretum Saga.