Sinossi. Milano, 1992. Pochi giorni prima che il sistema della Milano da bere e dei partiti della Prima Repubblica crolli sotto i colpi delle indagini anticorruzione di Tangentopoli. Il figlio dell’assessore Marino Malesci viene rapito. Marino è amico di Corrado Genito, ex capitano dell’Arma con un passato da infiltrato che ora lavora in «un’agenzia di consulenza», a cui chiede di riportare il giovane a casa, a qualsiasi costo. Bisognerà immergersi nel mondo della malavita milanese, delle cosche che spadroneggiano in città e a Palazzo Marino e della politica arrogante e arricchita per poter risolvere la vicenda. Con non poche sorprese e molti colpi di scena (e di proiettile). Un noir, insolito e originale, che dipinge una Milano nera – vera protagonista del romanzo – livida (come quella di Giorgio Scerbanenco), piena del «fango più fango dei fanghi», di malavitosi senza speranza e di politici senza coscienza. E di soldi sporchi, molto sporchi.
SEQUESTRO
ALLA MILANESE
Piero Colaprico
Baldini+Castoldi 2024
Noir, pag.208
Recensione di Salvatore Argiolas
Piero Colaprico è un cronista di nera che di Milano conosce tutti gli anfratti oscuri e tutte le malefatte e, dopo averle raccontate nelle pagine dei quotidiani, ha deciso di narrarle in tanti romanzi che hanno ridisegnato l’immaginario pubblico della città meneghina.
Con Pietro Valpreda ha creato la figura del maresciallo Binda, protagonista di una serie molto intrigante che si articola in sei romanzi, il cui ultimo è stato pubblicato nel 2018 ma il suo libro d’esordio “Sequestro alla milanese” risale al 1990 anche se è stato pubblicato nel 1992, proprio l’anno di Tangentopoli, dell’inchiesta “Mani pulite” che sconvolse la vita politica e sociale italiana e che il libro presagiva con molta precisione.
“Sai la settimana scorsa c’è stata una riunione segreta, tra loro e altri politici. Corre voce di una megainchiesta sul sistema delle tangenti. Io gliel’avevo detto: ragazzi non fidiamoci. Basta prendere l’elenco degli appalti pubblici, e ci sono sempre gli stessi nomi, le stesse imprese. Se salta il tappo, siamo tutti nel guano.”
Del resto Piero Colaprico conosceva benissimo le dinamiche politiche della Milano “da bere” visto che fu proprio lui a coniare il termine “Tangentopoli”, ispirato dalle gesta corruttive di un funzionario pubblico che gli ricordava le imprese di Paperino e da Paperopoli fu un attimo far uscire fuori l’espressione che è diventata emblematica di un’intera epoca.
Nella presentazione, che spiega anche la genesi del libro, Piero Colaprico scrive che molti gli hanno chiesto come avesse fatto a intuire la corruzione che opprimeva la capitale morale italiana:
“Ma come potevi sapere due anni prima che ci sarebbe stata l’inchiesta Mani Pulite?” Già davvero incredibile : come se, nonostante decine di arresti in ogni regione e gli intrecci più che accertati tra politica e criminalità organizzata, nessuno in Italia avesse mai sentito parlare di corruzione politica.”
Il protagonista di “Sequestro alla milanese” è l’ex capitano dei carabinieri Corrado Genito che viene contattato dall’assessore Marino Malesci, “il futuro sindaco di Milano, dicono”, a cui hanno rapito il figlio per un riscatto imprecisato all’inizio, e Genito si mette subito alla ricerca di indizi per capire chi possa aver organizzato il rapimento.
Agendo come un’eroe degli hard boiled americani l’ex carabiniere intuisce che è una questione scottante, molto più di un semplice sequestro per avere il riscatto e sonda un vecchio amico, Andrea Capasso, uomo di partito che
“era dentro sino al collo nella storia delle mansarde d’oro, ma non ha mai preso una comunicazione giudiziaria. Ruba per sé o per il partito? Distinzione basilare, in Italia, per dividere onesti e pirati, dicono i politici. Certe volte ho come la sensazione che tutte queste sottigliezze levantine stiano per finire, che stiamo per assistere ad un grande cambiamento storico, che la nostra politica, divisa in cento partitini abbia gli anni contati, poi vedo uno come Capasso, e mi convinco che gente come lui vincerà sempre.”
Questa riflessione di Genito è una previsione che si avvererà poco dopo e nelle sue azioni per favorire la liberazione del rapito, l’ex carabiniere delinea il connubio tra malavita, imprenditoria e classe politica, fertile substrato per la corruzione che corroderà irrimediabilmente la società e che creerà il terremoto del 1992.
“Non pensavo certo di tramutare in pagine da romanzo le informazioni che avevo appreso da cronista del malaffare, quando me ne andavo in giro per le periferie e per le caserme, per i covi e per i palazzi di giustizia”
scrive Colaprico nell’introduzione ma il tessuto narrativo di “Sequestro alla milanese” rende alla perfezione la “corruzione ambientale” che opprimeva Milano, ( e l’Italia), in quel periodo storico, dove la cosa più importante era la distanza minima tra il vendersi e il comprare.
Tutto quello che si è saputo in seguito all’arresto del “mariuolo” Mario Chiesa nel febbraio 1992 viene srotolato pagina dopo pagine in questo noir tanto intrigante quanto profetico:
“ Tuo figlio si è fatto fottere e noi lo dobbiamo riportare a casa. Va bene, è giusto. Ti aiutiamo. I soldi te li diamo noi, me è come se li scuci tu, per la gente. Solo tu. Dì quello che vuoi, amici, industriali, elettori… Fai tu, anche se li diamo noi. Ma il partito lo tieni fuori. Noi non c’entriamo. Siamo in un momento delicato, e incasinato. Sappiamo che qualcuno ha collaborato con i giudici, ha spiegato come funziona il sistema delle tangenti.”
Il duro, spietato ex carabiniere Corrado Genito comparirà anche in altri libri di Colaprico, coma per esempio in “Kriminalbar” e altri personaggi che lo accompagnano in “Sequestro alla milanese” avranno spazio nella narrativa del giornalista di Repubblica, che ha costruito una vera mappa dei vizi e delle virtù della città ambrosiana e che con “Trilogia della città di M.” ha vinto il prestigioso premio Scerbanenco nel 2004.
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Piero Colaprico
(Putignano, 1957), come giornalista si occupa prevalentemente di giustizia e cronaca nera oltre a essere, dal febbraio 2022, il direttore artistico del Teatro Gerolamo. Esperto di anti-crimine, ha coniato il termine Tangentopoli alcuni mesi prima che lo scandalo del Pio Albergo Trivulzio desse origine al fenomeno noto come Mani pulite. Ha scritto con Pietro Valpreda i primi libri dedicati alle avventure del maresciallo dei carabinieri Pietro Binda, investigatore del Nord, e oggi la saga ha raggiunto i sei titoli, l’ultimo dei quali è “Il fantasma del ponte di ferro”. Nel 2004 esce “La Trilogia della città di M”, romanzo suddiviso in tre parti, che si aggiudica il Premio Scerbanenco. Fra gli ultimi gialli, “La strategia del gambero” e “Requiem per un killer” (2023).