Sorella, mio unico amore
Autore: Joyce Carol Oates
Traduzione: Giuseppe Costignola
Editore: La nave di Teseo
Pagine: 672
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2022
Prima edizione italiana: 2009
Sinossi. Il 29 gennaio 1997 a Fair Hills, piccola e tranquilla cittadina del New Jersey, viene uccisa in casa Edna Louise, detta Bliss, Rampike di sei anni, giovanissima promessa del pattinaggio sul ghiaccio ed eroina locale. I sospetti si concentrano subito sulle persone più vicine alla bambina, compresi i suoi genitori, Bix e Betsey, e sul fratello Skyler. Ed è proprio Skyler a raccontare, nove anni dopo la tragedia, la sua versione dei fatti, i suoi sensi di colpa, le accuse ai genitori, da sempre schiavi del loro conformismo e della loro ambizione di emanciparsi dalla quotidianità della cittadina di provincia per ottenere gloria e riscatto grazie al talento di Edna Louise, ma anche dalla sua tragica fine. E se il caso giudiziario si risolve in maniera inaspettata, il dramma di Skyler e della famiglia Rampike va ben oltre la terribile perdita di Bliss. Ispirata da un fatto di cronaca che sconvolse gli Stati Uniti negli anni novanta, Joyce Carol Oatespresta la sua inconfondibile voce a una delle vittime di quella tragedia e ci conduce in un viaggio doloroso all’interno dell’ossessione per la fama e l’affermazione sociale che rende capaci di sacrificare i propri figli.
Recensione
Bliss Rampike non ha avuto la possibilità di diventare grande. Non solo una grande pattinatrice sul ghiaccio pluripremiata, ma anche e soprattutto un’adulta.
Eternamente bambola e bambina, è vissuta – per così poco tempo – tra costumi, trucchi e finzioni. A partire dal nome, un lampo di “beatitudine” visto in sogno dalla madre Betsey, la speranza di un riscatto tardivo attraverso il talento (e il sacrificio) di una piccola atleta. Una figlia.
Una breve esistenza costellata di traguardi e capelli schiariti, di spettacoli, gonnellini audaci e capsule dentarie, di dolori fantasma, vitamine, medici, pastiglie e sponsor che si dileguano.
Il resto è cronaca tristemente nota: il 29 gennaio del 1997, un giorno prima del suo settimo compleanno, Bliss – nata Edna Louise – viene ritrovata morta “sul sudicio pavimento del locale caldaia” di casa Rampike, i polsi legati sulla testa da una sciarpa rossa, in una posa “seducente”.
Da qui parte il romanzo di Joyce Carol Oats, un viaggio tra sigle – dal disturbo ossessivo-compulsivo a quello da ansia iperattiva, dalla diagnosi clinica di depressione adolescenzialeall’ebefrenia – voci nella testa, dipendenze e tentativi più o meno lucidi e coscienti di ricostruire la vicenda, per far emergere la verità e, forse, ottenere il perdono e un po’ di pace.
Un percorso – lungo, asfissiante, doloroso, frammentato – fatto con lo sguardo e l’Io narrante di Skyler, fratello maggiore di Bliss, nove anni all’epoca del “fatto”.
È un narratore di cui possiamo fidarci?
Skyler – efficace, quasi opprimente l’insistenza sul nome: il bambino, poi ragazzo di quasi vent’anni, è costantemente chiamato, in modo interrogativo ed esclamativo, con nomignoli e storpiature, come se nominarlo lo mettesse in luce, lo ponesse sotto lo sguardo altrui, sotto gli odiati e temuti riflettori – cambia terapisti e scuole, ha scatti d’ira, abusa di farmaci e dopo li nasconde, li rigetta… Eppure non cela fragilità e difetti, ammissioni di colpa e gesti al limite del ripugnanza: la sua idea iniziale di romanzo ancora in fase di bozza – parla di editor, di cosa succederà dopo – diviene allora autoanalisi, confessione sfacciata e necessaria, nel tentativo goffo e tenero di prendersi cura di sé, di ascoltarsi davvero, come nessuno ha fatto mai.
Skyler lo zoppo, Skyler il primo tentativo malriuscito, Skyler l’imbarazzante, il deludente, ha finalmente modo di farsi sentire, di giudicare gli adulti e il loro mondo di tradimenti, ridicole soddisfazioni e piccole guerre, di accusare, assolvere, dimenticare, ripartire… giungendo a una conclusione impensabile: magari non è lui quello sbagliato.
Ma di questo, caro Sky, noi lettrici e noi lettori ci eravamo già accorti.
Leggerti è il solo mezzo che abbiamo per raggiungerti e stringerti, anche se gli abbracci non ti piacciono, di accompagnarti davanti allo specchio e mostrarti che il tuo viso (la tua anima) non è affatto male, anzi.
Ecco, con Sorella, mio unico amore la scrittrice è riuscita nel suo intento:
trasformarsi, cambiare pelle, sparire completamente per lasciare campo libero al proprio protagonista, dargli l’occasione che, nella realtà, non gli è stata concessa. Liberarsi, sfogarsi, rinascere anche soltanto tra le pagine di un romanzo inconsueto, sfidante, fortissimo.
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Joyce Carol Oates
ha ricevuto numerosi importanti riconoscimenti, tra i quali ricordiamo: la National Medal of Humanities, il National Book Critics Circle Ivan Sandrof Lifetime Achievement Award, il National Book Award e il PEN/Malamud Award for Excellence in Short Fiction. Autrice enormemente prolifica, ha scritto alcune delle opere più significative del nostro tempo. Per La nave di Teseo ha pubblicato Ho fatto la spia (2020), Pericoli di un viaggio nel tempo (2021), La notte, il sonno, la morte, e le stelle (2021) e le nuove edizioni di Una brava ragazza (2020), La figlia dello straniero (2020) e Blonde (2021). Ha insegnato alla Princeton University ed è membro dell’American Academy of Artsand Letters dal 1978.
A cura di Francesca Mogavero