SPECIALE: SOLO PER VENDETTA




A cura

di

Sabrina Russo


Autore: Tony Damiano

Editore: iDobloni

Genere: Noir

Pagine: 131

Anno di pubblicazione: 2025


SINOSSI. Il mestiere del giornalista non è più quello di una volta. Il lavoro sul campo è diventato solo un trascrivere veline della questura. Così la vede il protagonista di questa storia che decide di trasformarsi in un investigatore privato con l’ambizione di occuparsi solo di casi archiviati dalle forze inquirenti. La sua personale lotta contro il pressapochismo, l’inettitudine e la corruzione. Viene, così, ingaggiato dalla Signora Catone: ex diva delle passerelle. Vuole trovare il responsabile della morte del figlio Giovanni, ricercatore del CNR, caduto misteriosamente giù da un ponte. Caso chiuso frettolosamente dagli inquirenti come suicidio. Ma lei non ci crede, pensa che esista un movente e un carnefice: pensa che quello del figlio sia in realtà un omicidio. Il neo- investigatore accetta il caso e si ritroverà a condurre un’inchiesta molto singolare, a metà tra giustizia e vendetta, tra spie, servizi segreti esteri, mercanti d’armi e funzionari corrotti. Un’indagine dove ognuno ha un suo doppio; dove non esistono innocenti, ma solo colpevoli.

Sull’ormai famoso “divano giallo” presente al “Covo della ladra” in via Scutari a Milano, il giornalista e scrittore Gabriele Cantella ha intervistato Tony Damiano per l’uscita del suo nuovo romanzo dal titolo “Solo per vendetta”, iDobloni Edizioni. Ne approfitto per parlarvene, con vero piacere…

Personalmente, avendo già letto il tuo precedente libro “Il risveglio” sono a conoscenza delle tue capacità di scrittura, in grado di lasciare un messaggio al lettore, senza la pretesa di insegnare qualcosa o di imporre un tuo pensiero. Con “Solo per vendetta”, cosa hai voluto comunicare al lettore?

Innanzitutto ho voluto lavorare sul destrutturare e smitizzare alcune figure. Ne è un esempio il protagonista, ex giornalista che da un momento all’altro si improvvisa investigatore privato. Non più soddisfatto del suo ruolo di giornalista, in quanto relegato a trascrivere veline della questura, il protagonista decide, così, di sperimentare una nuova professione, mettendo alla prova sé stesso attraverso alcuni pensieri e tematiche che hanno sempre caratterizzato la sua vita. Al lettore ho voluto comunicare, attraverso una critica neanche tanto velata, la mancanza di etica professionale e una certa deresponsabilizzazione per quanto concerne varie categorie (dalle forze dell’ordine fino a professionisti vari) che rappresenta un po’ il male dei nostri tempi. È sempre stato un mio pensiero che, attraverso questo personaggio, ha trovato modo di emergere.

Per quanto concerne il protagonista di questa storia, come nasce?  Mi spiego meglio: da dove nasce l’idea di non dargli un nome, né una descrizione? 

È una scelta che nasce dal fatto di far sì che il lettore si immedesimi nel protagonista in base alla percezione delle vicissitudini che quest’ultimo attraversa. Mettersi in discussione ed empatizzare con quanto gli accade. Ho messo in luce, quindi, solo riferimenti psicologici, lasciando intuirne solamente l’età.

Per quanto concerne la trama, invece, potremmo dire che vi è un “ribaltamento di prospettiva”, del genere giallo che caratterizza il tuo romanzo, poiché vi è un modo di fare indagini qualunquista, pressappochista, a volte scorretto, al quale ci stiamo purtroppo abituando nella realtà. In poche parole: un ex giornalista che si improvvisa investigatore privato e che porta avanti un’indagine sostituendosi alle forze dell’ordine che non svolgono al meglio il loro lavoro. Cosa ritieni manchi nelle indagini e nelle forze dell’ordine atte a indagare?

Manca l’etica ma soprattutto manca la passione in quello che si fa. Spesso non c’è niente a motivare la scelta di una professione e quindi si tende a farla con superficialità, svogliatamante.

La ricerca della giustizia e della verità in quanto non fine ultimo all’interno delle indagini del nostro investigatore privato improvvisato, è un tema forte all’interno del libro. Non dimentichiamo poi il concetto di vendetta, del quale è alla ricerca la donna che lo ha ingaggiato. Come mai questa scelta?  

Il protagonista è scettico per quanto concerne il significato di giustizia, sia essa giustizia borghese (che asserisce di non voler discriminare per poi invece discriminare nel dispensare le pene) o giustizia di Stato (ma è davvero sempre giusta?). Questo è ciò da cui parte il nostro protagonista poiché verità e giustizia secondo il suo parere spesso non combaciano e si sente sollevato nel momento in cui la signora Catone (colei che lo ingaggia) rivelerà di essere alla ricerca di vendetta, pura e semplice, che egli si sente in grado di poter garantire e non giustizia, per la quale non si sente all’altezza.

Ad un certo punto della lettura ci addentriamo fin nell’anima di Giovanni, il ragazzo scomparso. L’investigatore, scavando in profondità nella sua vita al fine di trovare il colpevole, finirà con l’addentrarsi in altre vite. Hai scelto di comunicare l’intimità di Giovanni, il suo essere, attraverso l’arte. Un’idea a mio avviso molto originale. Come ti è venuta?

Ad essere sinceri, le idee mi vengono scrivendo. Inizio seguendo l’incipit e poi mi lascio trascinare, seguo il flusso. L’idea di rifarmi all’arte non era programmata, mentre lo era quella di indagare sul fatto che nella società siamo sempre tutti un po’ colpevoli e l’innocenza sembra piuttosto una chimera. Volevo, sicuramente, far sì che si percepisse questo passo narrativo, altri focus della trama, invece, come quello dell’arte ad esempio, sono nati al momento, poiché quando scrivo seguo un’idea di massima ma poi mi lascio sorprendere, così da potermi divertire. 

La metamorfosi è un altro, a mio avviso, dei concetti chiave del tuo romanzo, poiché tutti i personaggi ne vivono una sorta. Qui ci addentriamo in una “dicotomia” che esula dal significato classico poiché non così netta e ben definita ma, al contrario e volutamente, densa di sfumature.

Esatto. Un doppio che non si contrappone ma che si innesca pian piano nella stessa figura. Il doppio c’è ma non nella concezione di dicotomia o cartesiana di dualismo netto. Basandosi sul dualismo “puro” si rischierebbe di perdere le sfumature. Ci tenevo, invece, che ogni personaggio le possedesse entrambe, inscindibili, poiché appartengono a tutti noi, in quanto tutti abbiamo un doppio che scegliamo di accettare o isolare a seconda di quanto ne siamo coscienti.

Mi ha molto colpito “l’immagine” che hai utilizzato per rappresentare le forze dell’ordine attraverso un’idea di pressapochismo e sciatteria e che hai racchiuso in un personaggio in particolare.

L’ispettore Cagnotto è un po’ il catalizzatore di questi elementi negativi. Ovviamente è un iperbole, un’esasperazione della categoria, il contrario, se vogliamo di quello che si trova nel giallo classico dove colui che indaga incarna l’ideale di dedizione, passione, serietà sul lavoro.  Un’ estremizzazione voluta, partendo dal nome fino alle sue gesta, superficiali, con l’intento di voler chiudere un caso in poco tempo, o accontentandosi di un probabile colpevole o, addirittura archiviandolo, come succede in questo caso.

Nel romanzo il giornalista si ribella al ruolo passivo di cronista per diventare investigatore come atto di resistenza contro l’appiattimento dell’informazione. Quanto c’è di autobiografico in questa scelta e quanto invece è un grido che appartiene a tutta la nostra epoca?

Sicuramente vuole essere una critica al pressapochismo che ormai ci circonda. Sfido chiunque a riconoscere chi ha etica professionale poiché io, per esempio, faccio davvero fatica. Si vive di una forte deresponsabilizzazione. Ne è un esempio la nascita dei call center, dove l’assistenza clienti si è persa, abituando la gente a non avere più persone che si assumono le loro responsabilità, lavorativamente parlando, senza confronto diretto ma solo telefonicamente, partendo dalla sanità fino ad arrivare alla giustizia. Questa è, se vogliamo, la critica più forte sostenuta in questo romanzo.

Possiamo dire che il protagonista è il tuo alter ego? Attraverso le sue parole hai espresso il tuo pensiero contro il pressapochismo e una certa responsabilità e impegno civili.

Si, possiamo tranquillamente dire così. In una società che va a rotoli, se non partiamo dalla responsabilità personale, rischiamo di non trovare più il bandolo della matassa. È un cruccio che mi rappresenta da anni e che indubbiamente mi caratterizza.

Tutto ciò è, a mio avviso, descritto con una lucidità e una disillusione che mi hanno dato l’idea che ti sia trovato in prima persona a vivere circostanze simili. Il romanzo si rifà a qualcosa che hai vissuto, o a rimandi anche lontani?

Ho visto tante cose che non coincidevano con le mie idee, oltre a un background culturale legato al fare politica. In particolar modo non concepisco il piegare la verità ai propri interessi, alle proprie narrazioni e la cronaca attuale estera ne è un esempio (la guerra di Gaza, la Global Flotilla o anche il poter partecipare a una semplice manifestazione in piazza). Quanto narrato in un romanzo è sempre collegato, a mio avviso, a quello che è il sentire personale, che immancabilmente passa attraverso le righe di chi scrive, pur trattandosi di un noir o un giallo.

Nessuno è immune ai favori. Questa è una grande verità. La persona sulla quale sta indagando il nostro investigatore si troverà a dover fare dei favori per averne altri in cambio. Pensi che il “non indagare” in maniera adeguata dipenda magari dal fatto di dover contraccambiare dei favori? 

Si, esatto. Anche quando pensiamo di non essere in linea con una specifica logica, ci ritroviamo a fare o ricevere qualche favore. Quando ci ergiamo a giudici dell’altrui morale, pur cercando di essere equi nella società, dovremmo tenere in considerazione che, di tanto in tanto, abbiamo accettato dei favori e ne abbiamo fatti a nostra volta. Ne deriva che nessuno ne è immune, nessuno è davvero innocente.

Come sei passato dalla storia de “Il risveglio” a questa storia completamente diversa?Come è nata questa idea?

“Il risveglio” è nato dall’esigenza di scrivere del mio vissuto, volendo approfondire fatti che mi erano successi e di cui volevo parlare. Scrivendo quella storia mi sono reso conto di avere una vena mistery, che mi piace, e che ho voluto assecondare. Indagare l’animo umano è sempre stato una cosa che mi ha attratto e il noir è, in definitiva, anche questo. Cerco, però, di farlo attraverso una narrazione leggera, possibilmente scorrevole.

Il finale, geniale a mio avviso, è il classico “cliffhanger”, completamente inaspettato, capace di rimettere tutto in discussione. Il protagonista si chiede se riuscirà mai a mettere le mani sulla verità e a non essere un pressapochista. Un finale aperto che porta, comunque, a conclusione la storia. Come ci sei arrivato?

La scelta del finale non è stata decisa a priori, poiché, come accennato prima, parto da un’idea di fondo e poi mi lascio guidare dalla fantasia. La scrittura è un modo per evadere, e la fantasia che la caratterizza deve essere, a mio avviso, libera, a briglie sciolte, non preconfezionata.

Nell’augurarvi una buona lettura, ci terrei a ringraziare, come sempre, la casa de iDobloni Edizioni e Mariana Winch Marenghi per l’ospitalità e per l’originalissima copia in anteprima; Tony Damiano e Gabriele Cantella per l’intervista coinvolgente ed esaustiva.

A cura di Sabrina Russo

instagram.com/goooodmorningreaders

Tony Damiano


vive e lavora a Milano. Il risveglio è la sua prima pubblicazione (Dialoghi Edizioni 2024). Con iDobloni Edizioni (2025) pubblica Solo per vendetta.

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