SPECIALE STUART TURTON




STUART TURTON


Traduttore: Christian Pastore

Editore: Neri Pozza

Genere: Thriller

Pagine: 434

Anno edizione: 2024

Sinossi. Fuori dall’isola non c’è nulla: il mondo è stato distrutto da una fitta nebbia che ha invaso il pianeta, devastando ogni cosa e annientando ogni forma di vita. Sull’isola, invece, ogni cosa è idilliaca: la natura è rigogliosa, l’aria pulita e centoventidue persone vivono in perfetta armonia, sorvegliati da Niema, suo figlio Hephaestus e Thea, tre scienziati che sono stati in grado di proteggere quel luogo paradisiaco dalle insidie esterne. Gli abitanti del villaggio hanno poche pretese, si accontentano di pescare, coltivare i campi e godere dei frutti della terra e se hanno un dubbio possono appellarsi ad Abi, un’entità che ognuno di loro sente nella propria mente. L’importante è che rispettino sempre il coprifuoco e le regole imposte dagli scienziati. Fino al giorno in cui, con orrore degli isolani, Niema, la scienziata più anziana, viene trovata brutalmente uccisa. Oltre ad aver lasciato l’intera isola sotto shock, l’omicidio ha innescato un abbassamento del sistema di sicurezza intorno all’isola, l’unica cosa che teneva a bada la nebbia. Se il caso non verrà risolto entro 107 ore, la nebbia soffocherà l’isola e tutti i suoi abitanti. Ad aggravare la situazione c’è che il guasto nel sistema ha anche cancellato la memoria di tutti gli abitanti: nessuno ricorda più ciò che è accaduto la notte precedente, il che significa che qualcuno sull’isola è un assassino e non sa di esserlo. Nel frattempo, il tempo stringe.

 Recensione di Loredana Cescutti


“Da sempre le grandi conquiste comportano grandi rischi.”

Se non lo avesse scritto Turton, questo libro probabilmente non avrei mai valutato nemmeno di prenderlo in considerazione, perché non amo le storie a impronta distopica e fantascientifica.

Ma.

Ma il libro lo ha scritto veramente lui, per cui mi era impossibile lasciarlo a prendere la polvere.

Le trame, se vogliamo sono prevalentemente due e si intrecciano alla perfezione senza intralciarsi l’una con l’altra, bensì fondendosi alla perfezione.

Si accompagnano e guidano il lettore durante l’intera evoluzione di questa incredibile storia.

“La ricompensa per una buona vita sta nel viverla.”

Si parla di sopravvivenza che sarà un concetto fondamentale all’interno del romanzo, che, andrà a fondersi con un perfetto giallo come quelli di Agatha Christie o di Sherlock Holmes.

Sceglierà in corso d’opera il lettore chi lo aggrada di più.

E a catalizzare la vostra attenzione, fra i vari abitanti del villaggio e i Savi responsabili dell’isola, ci sarà lei, Emory, intrepida e determinata donna, che finalmente potrà mettersi alla prova rendendosi utile e, facendo l’unica cosa che le viene bene anche se tutti lo hanno sempre considerato solo un grande difetto: fare domande per rispondere alla sua curiosità, invece di prendere per oro colato qualsiasi cosa propinata dagli anziani.

“… i bambini provano a immaginare come sarebbe oggi il mondo se l’umanità, in passato, fosse stata in grado di affidarsi a una coscienza collettiva.”

Una personalità che più volte si è messa a rischio di guai, per questo suo non prostrarsi rispondendo sempre sì, che sarà fondamentale per risolvere un omicidio che ha messo a repentagli la vita di tutti gli abitanti dell’isola.

“A volte l’unico modo per vincere una partita è far credere alle pedine di essere loro a giocarla.”

Partendo dalla metafora dell’isola chiusa con un numero di abitanti quantificabile precisamente, poiché non ve ne potrà mai essere uno di più o uno di meno, Turton ci accompagna in un viaggio, con l’intento di raccontarci la storia di come la terra sia andata praticamente in tilt per l’abuso generale di ogni forma di sviluppo: dalle coltivazioni, alle scoperte, al troppo lavoro, alle invenzioni anche pericolose e ad uno stile di vita che ha finito per annullare e annullarci ogni possibilità di recupero.

Come se ad un certo punto fosse esploso un corale “Basta!”.

“L’amore è semplicemente una questione di bisogni, e di mancanze. Due cose rotte che per un po’ s’incastrano e dovere, ecco cos’è l’amore.”

Se vogliamo, una trama che richiama molto alla situazione attuale.

Ed è da lì, con una voce guida, che parlerà con noi e con i personaggi, che la storia assumerà corpo e si lascerà tingere di giallo e mistero.

“Perché una specie che può morire così facilmente dovrebbe inventarsi una cosa terribile come l’omicidio?”

Una corsa contro il tempo e, centosette ore per risolvere un delitto ed evitare l’oblio causato dalla nebbia.

Una scrittura ipnotica e ingannevole, di nuovo, quella di Turton che accalappia il lettore con una certa facilità, pur partendo da temi particolari, che però piano piano si lasciano scoprire mostrandoci il loro vero volto.

Perché Turton non ha inventato nulla, ha solo raccontato ciò che già esiste e, soprattutto, ci ha fornito pratici indizi su dove potremmo andare a finire, se non inizieremo concretamente a rispettarci maggiormente e a rispettare altresì ciò che ci circonda, a partire dagli esseri umani che quotidianamente abbiamo al nostro fianco.

Per quanto riguarda la parte mistery, invece, fino alla fine resteremo lì con il dubbio e, ci mancherà sempre il tassello conclusivo con cui chiudere l’indagine, che solo nelle ultimissime righe sarà svelata completamente.

Il ritmo è ovviamente incalzante e, la lettura, lascia il lettore appagato e contento.

Immaginati questo pianeta con milioni di persone che vivono secondo giustizia. Niente povertà, niente disuguaglianza, niente guerra, niente violenza. Immagina di svegliarti ogni giorno sentendoti al sicuro…”

Il finale, beh, non potrà che svelarsi e mostrarsi inaspettato, come nel miglior giallo che si rispetti.

E ricordatevi: “La gentilezza prima di tutto, sempre…”

E ora, aspettiamo il nuovo romanzo di Turton, che per il futuro promette qualcosa di più adrenalinico ed esplosivo.

Buona lettura!

INTERVISTA


La Feltrinelli di via Sabotino a Milano ha accolto, in data sei novembre, lo scrittore Stuart Turton per parlare, insieme a Valentina Ghetti, del suo ultimo libro” L’ultimo omicidio alla fine del mondo”.

Felicissima, quindi, di condividere con voi qualche aneddoto…

Un’isola è l’ambientazione di questo tuo ultimo libro, indubbiamente particolare, come anche le precedenti. Da cosa deriva questa scelta?

Dal fatto che volevo che succedesse tutto proprio su un’isola. In seguito ho dovuto pensare ad un buon motivo affinché i protagonisti vi rimanessero bloccati. Da qui l’idea della nebbia che uccide chi vi si avvicina, che costringe chiunque a non potersi muovere. Per poter proseguire nella narrazione mi sono poi posto delle domande alle quali ho cercato di dare delle risposte: quelli che non sono sull’isola sono finiti nella nebbia? Sono morti? Non c’è più nessun altro? Come si viveva in questa isola prima di questi accadimenti? Quindi ti poni delle domande, ti dai una risposta e il libro lentamente comincia a prendere forma. 

All’interno dei tuoi libri riesci sempre a includere delle tematiche sociali, in questo caso lo sfruttamento delle risorse terrestri e i cambiamenti climatici. Quanto è importante che la narrativa si occupi della nostra realtà? 

Non so se sia importante, so che nel mio caso, succede ogni volta in maniera accidentale. So che il mio lavoro è intrattenervi, farvi passare dei momenti piacevoli leggendo un mio libro e ci tengo molto che questo accada. Poi naturalmente succede che questi argomenti finiscano tra le pagine, dato che sono importanti per me, perché li ho in testa in quel momento, pur lungi da me il voler insegnare qualcosa o sostenere una tesi piuttosto che un’altra.

Emory è un personaggio che ha sete di verità e si oppone a delle tradizioni delle generazioni precedenti, facendo resistenza. Si tratta dello scontro generazionale che stiamo vivendo tutt’ora?

Il suo personaggio è ispirato a mia figlia quando aveva sei anni. Pensiamo anche al tipo di società in cui questo personaggio si muove poiché è una società in cui non si fanno domande, non ci sono risposte, non succede mai nulla di male, tantomeno un omicidio, violenze o preoccupazioni. Cosa comporta un’ambientazione di questo genere? Di avere come investigatore un outsider, che non volevo fosse cattivo, ma piuttosto capace di chiedere qualcosa in maniera semplice e spontanea, una sorta di innocenza, ed è successo in seguito ad un’intuizione che ho avuto grazie a mia figlia, per l’appunto. 

La narratrice di questo libro è particolare: si tratta di una sorta di “coscienza collettiva”. Come è nata questa idea?

Questa storia, ero cosciente fin dall’inizio, sarebbe stata diversa da tutte le altre per un motivo molto semplice: nessuno può raccontare bugie poiché nessuno si ricorda cosa è successo veramente. Non c’è un movente dato che non vi è malvagità o violenza sull’isola. La voce narrante, quindi, sa tutto fin dall’inizio e riconosco che sia strano, considerato che di solito è il contrario.

Rispetto ai tuoi precedenti libri questo ha solo quattrocento pagine. È stata una scelta ponderata o casuale?

Stiamo parlando della fine del mondo, di una minaccia che potrebbe ucciderci tutti; quindi, non può esserci troppo tempo a disposizione per potersene occupare, essendoci un countdown, giusto?

Parlando di numeri: i morti trovati dopo la prima notte sono 7, come altri 7 in una certa villa… Ritorna il numero 5 ben due volte e poi il numero degli abitanti che corrisponde a 122, che fa comunque 5. Hanno un significato specifico?

Ci sono stati nei miei vecchi libri e torneranno nei prossimi, quindi, non perdeteli di vista… non posso dirvi di più.

All’interno del libro c’è una rivelazione sugli abitanti del villaggio, che mi riporta ad un pensiero ricorrente: viviamo in un momento storico di estrema fioritura delle relazioni parasociali che in realtà si declinano un po’ all’interno del libro. Perché secondo te?

L’interazione a distanza è una possibilità, grazie alla tecnologia che abbiamo a disposizione, che ha avuto un riscontro molto positivo, permettendo di isolarsi e mantenere una certa distanza dagli altri. Tutti noi esseri umani abbiamo la necessità di creare contatti sociali e, nel caso in cui non si riesca a farlo naturalmente, si tende a crearli con persone estranee grazie a Internet, nonostante a volte possa essere pericoloso. 

Bia è una specie di forma di intelligenza artificiale che diventa man mano più indipendente, dimostrando una sua volontà. È il primo libro in cui vi è una visione positiva di intelligenza artificiale. Perché?

L’intelligenza artificiale è il modo in cui noi evolviamo come società, un modo per raggiungere degli obiettivi, semplicemente. Noi esseri umani siamo una specie incredibile, a mio avviso perché riusciamo a fare miracoli pazzeschi, spesso difficili anche solo da concepire, ma rimaniamo sempre vulnerabili, in preda alle nostre pulsioni, le peggiori che si possa pensare. Sono dell’idea che nel momento in cui ci sarà un’intelligenza artificiale vera, potente, noi la utilizzeremo nel peggior modo possibile. Quindi ho pensato di creare un mondo fittizio in cui l’utilizzo che viene perpetrato è positivo, poiché dubito che ciò avverrebbe nella realtà.

I capitoli sono brevissimi. C’è un motivo particolare?

Aiutano a mantenere l’attenzione e la tensione del lettore alta e attinente alla trama del libro: un countdown in cui si ha pochissimo tempo. La cosa più bella per quanto mi riguarda dello scrivere un libro è il giocare con la struttura, il formato vero e proprio, più che con i personaggi o la trama.

I tuoi libri hanno ambientazioni ben definite e un fattore temporale che prevede una scadenza. Come arrivano nella tua mente questi luoghi e questi tempi?

L’ispirazione mi arriva e non saprei dire come. Ne ho la testa piena, anzi quello che mi manca spesso è il tempo per poterle mettere nero su bianco. C’è un processo con la prima bozza che vede mille idee che poi devo scremare e ridurre drasticamente ed è forse il processo più doloroso.

Parlando di ambientazioni: tra la casa degli Hardcastle, la nave Saardam o l’isola, dove vorresti vivere?

Ovviamente sull’isola. Dove il modo di vivere è idilliaco, ed è facile raggiungere e perseguire la felicità.

Turton ci dona un libro che si preannuncia come un mistery, con un omicidio da risolvere, in chiave post apocalittica, mentalmente esplosivo, esattamente 64% brain explosive, per parafrasare l’autore. Quindi, miei cari lettori, non vi rimane che leggerlo.

Grazie a:

Feltrinelli librerie

Stuart Turton

Neri Pozza

A cura di Sabrina Russo

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Stuart Turton


Stuart Turton: si è laureato in filosofia, ha lavorato in una libreria di Darwin, insegnato inglese a Shanghai, collaborato per una rivista di tecnologia a Londra, scritto articoli di viaggio a Dubai. Ora è un giornalista freelance e, dopo Le sette morti di Evelyn Hardcastle, il suo primo romanzo, uno dei più acclamati scrittori inglesi. Il diavolo e l’acqua scura conferma la sua genialità.