Recensione di Fiorella Carta
Autore: John Williams
Traduttore: Stefano Tummolini
Genere: Narrativa
Pagine: 332
Editore: Fazi
Anno: 2020
Sinossi. William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato; mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita; per quasi quarant’anni è infelicemente sposato alla stessa donna; ha sporadici contatti con l’amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo; per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante.
Recensione
Otto anni, ci ho messo otto anni per acquistare questo libro. Un tempo lunghissimo da quando lo tradussero in Italia ed ebbe un grandissimo successo.
Solitamente aspetto per capire se si tratta di qualcosa di effimero o di un romanzo che consolida nel tempo la sua fama, ma non ho mai aspettato così tanto.
Così tanto per decidermi a farlo mio, così poco per leggerlo: meno di un giorno, perché, per quanto ci provassi, non riuscivo a lasciare Willy Stoner al suo destino.
La sua storia è semplice, quasi banale, triste e arrendevole. Stoner è un uomo qualunque con una storia qualunque eppure… Eppure l’autore riesce a renderla attraente, interessante, quanto mai vera. Ditemi se non è talento questo: raccontare l’insipido e renderlo una delle storie più indimenticabili mai lette.
Nel raccontarvi la trama sbadigliereste, nel leggerlo riuscireste a cogliere il punto in cui Stoner siete voi, la vostra vita, le vostre debolezze.
Nell’epifania finale del protagonista si raccolgono tutte le emozioni precedenti e domande ineluttabili sull’ esistenza, sul significato di felicità e appagamento, sul perdono. Stoner non è solo un romanzo di grande successo scritto perfettamente.
È una riflessione sull’ essere umano e come reagisce agli accadimenti, al destino, alla morte e alla nascita e su come, troppo spesso, neghiamo quando vorremmo ammettere e restiamo quando vorremmo fuggire.
Su come, troppo tardi, ci rendiamo conto di aver visto poco, di aver vissuto ma non proprio come vorremmo, pur restando fermi nelle nostre (in)volontà.
John Williams
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