Recensione di Laura Salvadori
Autore: Karin Brynard
Traduttore: Silvia Montis
Editore: E/O
Genere: thriller
Pagine: 544
Anno di pubblicazione: 2018
Sinossi. Un omicidio alla fattoria di Huilwater ai confini del deserto in Sudafrica: una donna bianca e la figlia adottiva, ritrovate in un lago di sangue, massacrate. Il crimine, brutale e spietato, riporta alla mente e agli occhi l’efferatezza dei numerosi “assalti alle fattorie” perpetrati in Sudafrica all’indomani della fine dell’apartheid. Molti misteri, però, sembrano circondare la fattoria di Huilwater e i suoi abitanti: amuleti vudù alle porte, strani rituali e sacrifici celebrati da sciamani e stregoni, lo stretto rapporto che legava la vittima dell’omicidio, la bellissima pittrice Freddie Swarts, alle tribù del posto – Griqua e boscimani. Le indagini dell’ispettore Beeslaar e dei suoi uomini – affiancati dalla sorella della donna uccisa, sempre meno convinta che la morte di Freddie rientri nel quadro di un crimine occasionale – portano alla luce nuovi enigmi e strani personaggi che gravitano intorno alla pacifica comunità ai confini col Kalahari: chiese e movimenti di estrema destra che mirano a restituire il potere alla popolazione bianca, traffici di nuovi cercatori di fortuna – speculatori immobiliari con Rolex e BMW –, abili ladri di bestiame che depredano la regione per poi scomparire nel nulla e delitti sotto il cielo senza dio delle bidonville. Sullo sfondo di un Sudafrica dai tanti volti e dalle mille contraddizioni, ancora lacerato da un ingombrante passato coloniale e dalle ferite dell’apartheid, Karin Brynard trascina il lettore in un thriller serratissimo e ricco di colpi di scena, tenendolo col fiato sospeso fino all’ultimo. E racconta una terra aspra e intensissima, di dolente bellezza, alla difficile ricerca della propria identità.
Recensione
“Del loro passaggio era rimasto soltanto qualche segno, un indizio. La punta di una freccia nel terreno sabbioso, minuscoli frammenti di perline fatte con i gusci di uova di struzzo. E nessuno che piangesse per i San. Generazioni e generazioni, braccati per secoli come animali – da bianchi e neri in egual misura. Soltanto la terra aveva resistito, impassibile, a prescindere da a chi appartenesse il sangue che l’aveva attraversata. Erano rimasti le rocce e la sabbia e gli interminabili tramonti rosso fuoco, sempre uguali. Ma i popoli originali del veld erano scomparsi per sempre”.
Le oltre cinquecento imponenti e fragili pagine di questo romanzo sono incredibilmente leggere e pesanti allo stesso tempo e scorrono veloci immergendo il lettore in atmosfere davvero incantevoli e lontane, probabilmente sconosciute a molti, ma innegabilmente affascinanti per chiunque si accosti a conoscere Sara e la sua terra.
La storia recente dell’Africa è come l’Africa stessa: misteriosa, sconosciuta e magica, per certi versi.
Chi la conosce sa cosa significhi lottare per i sacrosanti diritti umani. Sa cosa significhi conciliare superstizione e magia con la dolorosa realtà e con il progresso, che da solo comprime e schiaccia il passato, lo trasforma, lo snatura e lo rende quasi inintellegibile.
Quando popoli interi scompaiono con un gesto di spugna, quando l’uomo fronteggia un suo simile per annientarlo, quando una credenza vale di più di un fatto inoppugnabile, quando la sensazione comanda la ragione sopra ogni cosa; questa è la storia recente dell’Africa, che richiederebbe una rilettura, perché senz’altro non ne sappiamo abbastanza.
Qui, dentro alla natura selvaggia, tra il caldo torrenziale e gli insetti che si insinuano in ogni crepa, dentro le strabilianti tradizioni popolari, nell’odio profondo e nell’ignoranza più truce, un impavido ispettore lotta contro la natura avversa, contro la superstizione e contro il mistero che avvolge una serie di omicidi efferati. Esso stesso è dilaniato internamente dai suoi fantasmi, ma non si scoraggia e lotta contro l’omertà che da sola copre ogni cosa, rendendola opaca e instabile.
Da un lato l’indagine, complessa e intrisa di accadimenti raccapriccianti, dall’altro la terra d’Africa, che a tratti è complice della legge, a tratti nasconde la verità come una madre gelosa protegge il suo cucciolo.
Chi avrà il soppravvento, dunque? L’indagine, il mistero? O la natura con le sue leggi?
Difficile a dirsi. Il romanzo, come detto, è sì un thriller magnificamente congegnato, che incolla il lettore alle pagine, ma è anche un racconto africano, denso di atmosfere, tramonti, impavidi animali selvaggi e scorci di incontaminata bellezza.
E come non inchinarsi a tanta bellezza?
Dunque, se Karin Brynard è considerata a dovere la “Stieg Larsson” del Sudafrica, vuol dire che la lettura di “Terra di sangue” non potrà deludervi. Ma se è la Natura a esercitare su di voi un inevitabile appeal, allora gettatevi dentro le pagine di questo romanzo senza indugiare! Perché troverete un mistero da sciogliere ma dovrete anche difendervi dai tentacoli dell’Africa, che vi attireranno a sé e non vi lasceranno andare fino alla fine.
Karin Brynard
Karin Brynard è nata a Koffiefontein, in Sudafrica, nel 1975. È autrice dei romanzi Plaasmoord (Terra di sangue) e Onse vaders (I nostri padri) e vincitrice di diversi premi letterari, tra cui il Debut Prize della University of Johannesburg e due M-Net Award. Giornalista politica e d’inchiesta ha lavorato a lungo per il settimanale Rapport come corrispondente per la politica estera. Vive a Stellenbosch. È oggi, uno dei più importanti autori di Penguin South Africa.
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