Recensione di Marina Morassut
Autore: Matsumoto Seichō
Traduzione: Gala Maria Follaco
Editore: Adelphi Edizioni
Genere: Poliziesco
Pagine: 169
Anno di pubblicazione: 2018
Sinossi. In una cala rocciosa della baia di Hakata, i corpi di un uomo e di una donna vengono rinvenuti all’alba. Entrambi sono giovani e belli. Il colorito acceso delle guance rivela che hanno assunto del cianuro. Un suicidio d’amore, non ci sono dubbi. La polizia di Fukuoka sembra quasi delusa: niente indagini, niente colpevole. Ma, almeno agli occhi di Torigai Jutaro, vecchio investigatore dall’aria indolente e dagli abiti logori, e del suo giovane collega di Tokyo, Mihara Kiichi, qualcosa non torna: se i due sono arrivati con il medesimo rapido da Tokyo, perché mai lui, Sayama Ken’ichi, funzionario di un ministero al centro di un grosso scandalo per corruzione, è rimasto cinque giorni chiuso in albergo in attesa di una telefonata? E perché poi se n’è andato precipitosamente lasciando una valigia? Ma soprattutto: dov’era intanto lei, l’amante, la seducente Otoki, che di professione intratteneva i clienti in un ristorante? Bizzarro comportamento per due che hanno deciso di farla finita. Per fortuna sia Torigai che Mihara diffidano delle idee preconcette, e sono dotati di una perseveranza e di un intuito fuori del comune. Perché chi ha ordito quella gelida, impeccabile macchinazione è una mente diabolica, capace di capovolgere la realtà. Non solo: è un genio nella gestione del tempo.
RECENSIONE
Un doppio suicidio d’amore di due giovani, che hanno preso del cianuro. Così si presentano a prima vista al vecchio investigatore Torigai Jūtarō i due cadaveri, in una fredda mattinata di gennaio sul promontorio affacciato sulla baia di Hakata, a Kashii.
Tra i dettagli visibili, l’orlo del kimono da viaggio color ruggine di lei che si solleva al vento freddo, con i piedi che calzano i classici “tabi” perfettamente puliti. Di lui invece si intravvedono i calzini blu a righe rosse.
Inizia più o meno così la vicenda, di cui per un certo periodo si occupa il commissariato di Kashii, di cui fa parte anche l’investigatore Torigai, insieme alla sezione investigativa della vicina Fukuoka.
Una volta trasferiti i cadaveri al commissariato, all’interno del taschino della giacca, grazie ai biglietti da visita presenti, risalgono all’identità dell’uomo: tale Sayama Ken’ichi, trentuno anni. Vice-capo del Ministero X. Proprio il Ministero che da un certo periodo è al centro di un grosso scandalo a Tokyo.
Scritto nel 1958 dal giornalista e scrittore Matsumoto Seichō, ritenuto uno tra i maggiori giallisti nipponicidello scorso secolo, possiamo ora leggere questo fascinoso ed ossessivo poliziesco grazie alla Casa Editrice Adelphi, che da due anni a questa parte sta pubblicando i gialli di questo autore, alcuni anche per la prima volta, in Italia.
E se è vero che essendo ambientato negli anni Sessanta del secolo scorso può incorrere in problematiche legate alla differenza di tecnologia (si pensi anche solo all’uso degli odierni cellulari che all’epoca non c’erano), dall’altra parte segna per quei tempi, soprattutto in Giappone, la possibilità di spostarsi da un capo all’altro dell’Isola a velocità sostenute, proprio con l’utilizzo dei treni che, a differenza di molti altri Paesi, Italia in classifica, lì nel Paese del Sol Levante sono di una puntualità inattaccabile. E proprio su questo fattore molto importante l’autore nipponico ha potuto congegnare un giallo di precisione temporale millimetrica, sul quale basare l’assunto di innocenza o colpevolezza dell’assassino.
Ed in realtà, in questo giallo psicologico dove ancora oggi la scrittura è assolutamente contemporanea, pur avendo già una sessantina d’anni sulle spalle, il punto fondamentale non è scoprire l’assassino, ma capire come e perché è stato commesso l’omicidio.
Tanto che sin dall’inizio il lettore viene portato dallo stesso autore a sospettare dell’assassino (viene in mente la caratteristica relazione che il detective Colombo instaurava con il colpevole, mentre ogni altra similitudine si ferma qui), che si rivelerà effettivamente tale, ma da qui a concatenare con esattezza e precisione i collegamenti, le relazioni interpersonali e il come l’omicidio sia stato realizzato, farà perdere notti di sonno ai lettori, senza peraltro arrivare a scoprire ciò che l’autore si riserverà di far sapere nella parte finale del romanzo. Che è sì un colpo di scena inaspettato, in un certo senso, ma che come in genere accade nei gialli nipponici, tende a stemperare la tensione che fino a quel momento era cresciuta.
Ci sono poi parecchie tematiche parimenti importanti, di cui è interessante parlare, al di là della parte principale riservata al giallo. La descrizione di paesi e stazioni ferroviarie, che se per un lettore italiano perdono un po’ di significato, hanno rappresentato per i primi lettori giapponesi del giallo una parte altamente interessante, per il motivo sopra detto e anche perché gli scambi ferroviari e gli orari rivestono in questo giallo un’importanza vitale. Per l’assassino, come per la polizia.
Altra cosa importante è il rapporto tra il vecchio e stanco investigatore Torigai Jūtarō di Kashii – ed il suo alter-ego, diciamo così, il giovane collega di Tokyo Mihara Kiichi, investigatore aggiunto della seconda sezione investigativa, che inizia ad indagare proprio perché l’uomo trovato morto insieme alla giovane donna lavorava al Ministero, fulcro di un enorme scandalo.
I due si conosceranno quando il giovane viene incaricato delle indagini a Tokyo, visto lo scandalo al Ministero dove il giovane morto lavorava – e arriva a Kashii per apprendere i dettagli che, contrariamente a quanto avviene molte volte pur se tra colleghi, il vecchio investigatore gli fornirà sul doppio “suicidio”.
Non solo questo. Gli fornirà anche dettagli di successive investigazioni e ragionamenti suoi, che però al commissariato non sono state tenute in considerazione.
Ci sarà anche uno scambio di lettere tra i due uomini: prima una lettera da parte del dimesso poliziotto di provincia al giovane, quando la caccia si prolunga senza dare risultati apprezzabili. E da ultimo,sette mesi più tardi e a caso concluso, il giovane poliziotto scriverà al suo alter-ego di Kashii una lunga, dettagliata e splendida lettera.
E ancora, ci sarebbe da parlare della società nipponica del tempo in cui Matsumoto ha scritto, che ci fa intravvedere usanze e tradizioni accanto a vicende più oscure legate a malversazioni. E per questi motivi, come anche per l’impronta che l’autore dà al suo romanzo, insieme alla brevità dello stesso, è riconoscibile il giornalista, oltre che lo scrittore.
“Questo caso mi ha lasciato davvero l’amaro in bocca. Stasera mentre rientrato a casa mi rilassavo bevendo la mia birra fresca, non riuscivo proprio a sentire quella soddisfazione che in genere provo quando chiudo un’indagine e spedisco i colpevoli dal procuratore”.
Come dire, nulla di nuovo, nemmeno sessant’anni dopo!
A cura di Marina Morassut
Matsumoto Seichō
(1909-1992) è stato un giornalista e scrittore giapponese. Autore molto conosciuto in patria e vincitore del premio Akutagawa nel 1953, ha scritto oltre 300 romanzi e diversi racconti. Da alcuni definito il “Simenon giapponese” è stato pubblicato per tre volte nel Giallo Mondadori: La Morte è in Orario del 1957 è l’opera più conosciuta, seguita da Come sabbia tra le dita del 1961 e Il palazzo dei matrimoni del 1998. Le tematiche dei suoi gialli affondano spesso le radici nei problemi sociali giapponesi, il tutto unito ad una predilezione per l’indagine strettamente logica ed intuitiva. Nel 2018 Adelphi ha pubblicato Tokyo Express, apparso nell’edizione originale nel 1958, da cui è stato tratto nel 2007 il film Ten to sen, con Takeshi Kitano.
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