TORNARE DAL BOSCO
di Maddalena Vaglio Tanet
Marsilio 2023
narrativa contemporanea, pag.256
Sinossi. Il bosco è il bosco, la montagna è la montagna, il paese è il paese e la maestra Silvia è la maestra Silvia, ma è scomparsa. In una piccola comunità agitata dal vento della Storia che investe tutta l’Italia all’inizio degli anni Settanta, Silvia, la maestra, esce di casa una mattina e invece di andare a scuola entra nel bosco. Il motivo, o forse il movente, è la morte di una sua alunna. Non la morte: il suicidio. La comunità la cerca, ma teme che sia troppo tardi, per trovarla o per salvarla, e in qualche modo che queste due morti siano una maledizione. Il paese è di montagna e le paure e i sentimenti, che pure non possono essere negati, non possono nemmeno essere nominati. Teme il paese il contagio di una violenza tutta umana e mai sopita, una violenza che dopo due guerre mondiali si è trasfusa in una guerra civile, politica. La maestra però non si trova e il paese, per continuare a vivere e convivere con il lutto e l’incertezza, si distoglie. In questa distrazione, Martino, il bambino che non è nato nel paese e nemmeno è stato accolto, tagliando per il bosco incrocia un capanno abbandonato, e nel capanno, color della muffa e dorata come il cappello di un fungo, sta la maestra. Il bambino non dice di averla trovata, e la maestra non parla. Ma il bambino torna e la maestra, in fondo, lo aspetta. A partire da fatti reali e racconti di famiglia, articoli di giornali, dicerie e mitologie, Maddalena Vaglio Tanet racconta una storia di possibilità e di fantasmi, di esseri viventi che inciampano in vicende più grandi di loro, e di bambini dei quali – come scriveva Simona Vinci, al suo esordio – non si sa niente, se non che sono gli unici a conoscere quanta realtà ci sia nelle fiabe, quanto amore stia nella paura, e quante sorprese restino acquattate nel bosco.
Tornare dal bosco
A cura di Chiara Forlani
Recensione di Chiara Forlani
“Era troppo giovane per intravedere le conseguenze, per capire che non sarebbe più esistita, dopo il salto nel torrente, e non si sarebbe potuta issare a riva, non avrebbe camminato fino a casa e suonato il campanello sgocciolando sullo zerbino. Forse per questa incapacità si era gettata, perché non si rendeva conto di morire”.
C’è una tragedia all’origine di questo romanzo: la morte volontaria di una bambina, che dalla finestra della camera si butta nel torrente che scorre sotto la sua casa. Non è una scelta sensata, quella di morire, è quasi una necessità, una decisione improvvisa quanto fulminante, che forse ha lo scopo assurdo di punire i suoi genitori. Semplicemente, Giovanna sale in piedi sul davanzale e, dopo essersi tolta le scarpe, si lancia nel vuoto. In lei si cristallizza il disagio giovanile, la sofferenza insensata che spesso accompagna gli anni dell’infanzia e, molto più spesso, dell’adolescenza. Purtroppo c’è un’altra persona, oltre ai familiari, che paga un prezzo altissimo. È la maestra Silvia, che aveva telefonato ai genitori per l’assenza ingiustificata di Giovanna, e in qualche modo è stata la causa scatenante di quello che è successo. Silvia, dopo un’infanzia infelice trascorsa in collegio, è rimasta a sua volta un po’ bambina e non è in grado di affrontare quel dolore.
“Silvia si vergogna e subito dalla vergogna esce di peggio, escono le suore. Davanti ai loro sguardi abrasivi torna a essere una ragazzina sola e ostinata, a secco di affetto. Come un tonfo di riccio sulle lamiere, un pensiero la colpisce: non è mai cresciuta abbastanza. L’ha fatto apposta. Lei è Giovanna.”
La maestra è colta dal senso di colpa e allo stesso tempo si identifica con la sua alunna. La sofferenza che prova, la confusione mentale e lo sconforto la spingono nel profondo del bosco, unico luogo o non-luogo dove può rifugiarsi e non confrontarsi più con nessuno. I bambini fanno così, quando hanno un problema che non riescono a risolvere: si chiudono in se stessi, si nascondono. Al contempo, Silvia si identifica con la sua alunna, con i suoi problemi e le sue sofferenze, fino a scoprire che no, lei non è come Giovanna, perché è ancora più imperfetta, non è stata in grado di crescere e adesso si ritrova matura, ma quasi un po’ avariata.
“Per qualche istante Silvia considerò il suo aspetto, come non faceva da giorni, anzi come non faceva mai. Passò in rassegna le scarpe logore, i collant sbrindellati, la patina oleosa che sentiva sulla faccia, le unghie bordate di scuro, la pancia floscia. Non era affatto come Giovanna, bensì una ragazzona ormai vizza, tumefatta, con le rughe e i mutandoni, e la sua vita non era finita, ma passava e intanto andava in malora.”
È proprio l’imperfezione, forse, la vera protagonista di questo romanzo,
che unisce natura, bosco, umidità e sentimenti profondi. È il difetto che ci valorizza, la mancanza che ci colma, che ci rende più interessanti e profondi, che ci rende umani in seno alla natura, in particolare se ci sentiamo tutt’uno con gli umori del bosco:
“Silvia alita dentro la coppa gelata delle mani e pensa che nel bosco ogni mattino è un trionfo, essere avariati è uguale a essere vivi. Il danno ricevuto testimonia l’esistenza: i parassiti, la muffa, i graffi, le ulcere, i denti traballanti, i nodi di pelo infeltrito, le ali menomate, le sciancature. Non c’è nulla di integro se non, talvolta, l’embrione, la gemma dura e chiusa, la spora.”
E poi c’è Martino, un ragazzo che viene da fuori e non si è integrato in paese, che riesce a operare un riscatto e una specie di miracolo. Lui non parla, non rivela di avere scoperto dove si nasconde la maestra ma giorno dopo giorno, usando più il silenzio delle parole, prova a far scendere un po’ di pace nell’animo della sua insegnante, a placare la sua angoscia.
Maddalena Vaglio Tanet scrive in modo asciutto e preciso, le sue parole ci scavano dentro come lame sottili, portano alla luce le nostre inquietudini esistenziali, il nostro io bambino. La sua è una storia semplice ma complessa, tra le sue pagine scopriamo un mondo e la nostra stessa umanità confusa e sofferta. Ho apprezzato moltissimo questo romanzo.
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Maddalena Vaglio Tanet
Maddalena Vaglio Tanet (1985) ha studiato letteratura all’Università di Pisa e alla Scuola Normale. Si è poi trasferita a New York per un dottorato alla Columbia University. Adesso abita a Maastricht e lavora come scout letteraria. Ha pubblicato poesie in italiano e tedesco, oltre ai libri illustrati Il cavolo di Troia e altri miti sbagliati (Rizzoli 2020, finalista al premio Strega Ragazzi 2021 come miglior esordio) e Casa musica (come un papero innamorato) (Raum Italic 2022).