Recensione di Salvatore Argiolas
Autore: Ellery Queen
Traduzione: Tina Honsel, Marcella Dellatorre, Hilia Brinis, altri
Editore: Mondadori
Genere: Giallo
Pagine: 1272
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. C’è l’ennesimo stereotipo che vuole che i racconti, per un autore che scrive romanzi, siano una produzione minore. Qualcosa che fai per forza perché te la chiedono per lo spazio ristretto di una rivista, o perché quell’anno non hai un’idea buona per qualcosa di più lungo, per cui tanto vale un’antologia, magari raschiando il proverbiale fondo del barile. Be’, non è vero. Per un autore i racconti sono la stanza dei giochi. Un posto libero in cui correre, proprio come fanno i bambini. Un posto in cui giocare. E soprattutto per gli scrittori di gialli, che a giocare ci sono più abituati degli scrittori cosiddetti seri, e quindi figurarsi uno come Ellery Queen. Nei racconti si sperimenta, si prova, si inventa e ci si diverte. Nei racconti si dà tutto subito, proprio perché il traguardo è vicino, come nei cento metri, e non puoi permetterti nessun cedimento, nessun errore. Sono meravigliosi, i racconti. Ellery Queen ha scritto una quarantina di romanzi, va bene, ma anche un gran bel numero di racconti, e se volete sapere quanti andate a contarli nell’indice, perché qui ci sono praticamente tutti. Ce n’è anche uno in più, che era inedito in Italia.» Carlo Lucarelli
Recensione
New York, al tramonto degli anni venti. Nel Roman Theatre, sulla Quarantesima Strada ad ovest di Broadway, mentre è in corso la rappresentazione della commedia “Il gangster” viene rinvenuto il corpo senza vita di quello che si rivelerà un ricattatore ed un spregevole individuo, Montz Field. Questo è lo scenario che vede l’inizio della carriera lunga e prestigiosa di Ellery Queen, un detective che, come il suo progenitore Sherlock Holmes, diventerà l’investigatore per antonomasia.
Il libro, pubblicato nel 1929, si intitola in italiano “La poltrona n° 30” ma il titolo inglese è particolare. Infatti “The Roman Hat Mystery” inaugura una serie definita dallo schema The +
aggettivo di nazionalità + sostantivo + mystery che ricorda lo schema caratteristico dei romanzi di S.S. Van Dine che hanno Philo Vance come protagonista che presentano The + sostantivo + murder case come marchio di fabbrica.
Non è questo il solo richiamo al sofisticato detective creato da Van Dine nei romanzi di Ellery Queen che è stato chiaramente plasmato sul modello creato tre anni prima nel libro “La strana morte del signor Benson”.
Avendo, come Vance, un antesignano diretto in Sherlock Holmes, Ellery Queen focalizza le sue indagini sul ragionamento logico deduttivo che porta a livelli eccelsi, lasciando il lavoro sporco, quello di fare le indagini materiali alla squadra coordinata dal padre, l’ispettore della polizia di New York Richard Queen.
Ellery Queen risulta sia investigatore sia autore ma in realtà furono due cugini ventiquattrenni, Manfred B. Lee e Frederic Dannay a creare questo detective così perspicace per partecipare ad un concorso letterario.
I due cugini sapevano che di solito i lettori distratti ricordavano il nome dell’investigatore ma dimenticavano quello dell’autore del libro e astutamente decisero di utilizzare lo stesso nome per entrambe le funzioni rendendolo così più facile da ricordare.
Attraverso romanzi, racconti, radiodrammi, che all’epoca furono dei veri campioni d’ascolto, fermando gli Stati Uniti per sentire le sue avventure, e gli splendidi telefilm, da quel clamoroso esordio Ellery Queen ha colorato di giallo la vita di tantissimi appassionati, mettendoli alla prova cone le sue sfide al lettore che erano i primi esperimenti di interattività perché trasportavano I lettori nella trama del libro.
Nella sterminata produzione letteraria di Ellery Queen, accanto ai grandi romanzi spicca un racconto di una perfezione unica, “La lampada di Dio” contenuto nella raccolta “Le nuove avventure di Ellery Queen”
Ellery Queen viene coinvolto da un avvocato in un’intricata questione che concerne l’eredità di uno strano individuo che attendeva la figlia emigrata in Inghilterra ma che muore misteriosamente prima di incontrarla.
Assieme ad uno strano medico i tre si recano in una località sperduta nei monti per cercare il tesoro lasciato in eredità alla giovane.
Dopo un primo infruttuoso sopralluogo alla casa del vecchio chiamata la “Casa Nera” decidono di passare la notte nella contigua “Casa Bianca” ma al risveglio, dopo una lunga nevicata la “Casa Nera” scompare come se fosse stata inghiottita dal terreno.
La vicenda pare soprannaturale e tanti indizi portano a pensare che le forze del demonio si siano materializzate per far sparire casa e tesoro.
Ma una mente logica come quella di Ellery Queen segue il dettato di Hegel che prescrive che ogni cosa reale è razionale e con un acuto ragionamento logico-deduttivo riesce a far evaporare ogni traccia di paura che il mondo sia diventato dominio delle forze diaboliche, riuscendo a definire lasoluzione in modo elegante e convincente, tracciando un ritorno all’ordine consueto secondo il compito classico del giallo, ristabilire l’ordine messo in pericolo dal caos e dal crimine per conservare la pace sociale.
Nel 1934 fu pubblicata la prima raccolta di racconti “Le avventure di Ellery Queen”, che già nel titolo richiama “Le avventure di Sherlock Holmes” che fu il libro che accese nel novenne Frederic Dannay la travolgente passione per il giallo.
In questo volume ci sono alcuni dei racconti migliori dell’intera produzione queeniana come “L’avventura della donna barbuta”, “L’avventura dell’orologio sotto la campana di vetro” e “L’avventura del tea-party da pazzi”, dove sono prefigurati tanti temi che in seguito saranno predominanti nei romanzi successivi come il messaggio in punto di morte, la manipolazione degli indizi per incolpare un innocente e l’ambientazione bizzarra in un mondo folle e senza logica.
Ora la Mondadori ha pubblicato “Tutti i racconti di Ellery Queen” che raggruppa tutti i numerosi racconti sicuramente scritti dai due cugini in un libro maestoso che conta quasi 1300 pagine e che presenta anche 14 tra i migliori radiodrammi, contenuti anche nel volume “Le falene assassinate e altri delitti”.
Come curatore di antologie, Queen da tempo sosteneva che un’antologia poliziesca non doveva essere una semplice raccolta di storie eterogenee, ma bensì un’unità organica caratterizzata da un tema centrale. Nelle sue prime raccolte tale tema centrale era risultato assente ma verso la fine degli anni Quaranta Queen concepì l’idea di una raccolta capace di reggersi intorno a un tema portante. I racconti furono pubblicati con intermittenza sulla Ellery Queen’s Mystery Magazine negli anni seguenti e, infine, nel 1952, riuniti sotto il titolo “Calendar of Crime” (Il calendario del delitto): un racconto per ogni mese dell’anno e imperniato su un evento relativo a quel mese. Alcune di queste associazioni sono tipicamente americane, ma la maggior parte sono di uso comune, e i racconti vanno dallo splendido al sufficiente.
Tra questi racconti c’è un autentico capolavoro “L’avventura della bambola del Delfino” dove Ellery, suo padre e numerosi uomini dell’ispettore combinano i loro sforzi per proteggere la bambola del titolo e la sua corona con un diamante di 49 carati da un moderno Lupin noto come Comus e che si è vantato di voler rubare la bambola alla sua esposizione in un importante magazzino la vigilia di Natale. Nonostante tutte le misure di sicurezza il ladro riesce splendidamente nella sua impresa, ma le ancora più splendide deduzioni di Ellery Queen sulle modalità del crimine impossibile permettono di recuperare la bambola e acciuffare il malandrino proprio mentre l’alba di Natale si schiude sulla città. Questo è senz’altro il miglior racconto del libro, riccamente condito con divagazioni alla Dorothy Sayers e con una graffiante evocazione della febbre del Natale.
Dovendo segnalare le perle assolute tra i racconti di Ellery, oltre quelli già citati, posso segnalare “L’avventura della finale di baseball”, “L’avventura del soprabito rubato”, “Palla di neve” e “L’indizio di Abramo Lincoln”.
La raccolta “Tutti i racconti di Ellery Queen”, inserita nella collana Oscar Moderni Baobab, è un vero regalo per gli amanti dei gialli perché consente di conoscere e seguire l’evoluzione nel tempo di questo grande investigatore che, nato avendo come modello l’algido Philo Vance, cambia carattere e si adegua allo spirito del tempo, tenendo conto che la prima raccolta di racconti è del 1934 e l’ultima “Esperimenti deduttivi di Ellery Queen” (QED- Queen’s Experiments in Detection” è del 1968 e durante questo lungo periodo troviamo sempre nuovi temi e spunti narrativi che si ripetono, si modificano e si intrecciano nella costruzione di un personaggio gigantesco nella storia del Mystery.
L’unica pecca che ho riscontrato consiste nelle traduzioni un pochino datate che conservano termini come negretta e mulatta stridenti con la sensibilità contemporanea ma bisogna anche pensare che vennero tradotti in tempi meno attenti al linguaggio politicamente corretto.
Il volume è arricchito dall’interessantissima postfazione di Mauro Boncompagni, mini saggio che consente di conoscere meglio retroscena e segreti della genesi e della lunghissima carriera di questo detective nato quasi per caso.
Ellery Queen
Ellery Queen: è lo pseudonimo dei due cugini scrittori Frederic Dannay (1905-1982) e Manfred B. Lee (1905-1971), riconosciuti come due degli autori più significativi della letteratura contemporanea e indiscussi maestri dei “misteri della camera chiusa”; ma è anche il nome del loro celebre eroe, il giallista-detective creato nel 1929.
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