Recensione di Marina Morassut
Autore: Jill Dawson
Traduzione: Matteo Curtoni e Maura Parolini
Editore: Carbonio Editore
Genere: Thriller
Pagine: 297
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Con questo romanzo Jill Dawson getta nuova luce sull’omicidio di Sandra Rivett rendendole finalmente quella giustizia che la stampa non le riservò mai. Nel novembre 1974 Londra fu sconvolta da un terribile omicidio, uno dei delitti più celebri della storia inglese. La stampa si occupò a lungo della vicenda, concentrandosi sullo scandalo di cui fu protagonista il conte Lord Lucan, affascinante, ricco e dissoluto, misteriosamente scomparso dopo l’assassinio della giovane tata di famiglia, Sandra Rivett, e condannato in contumacia. Jill Dawson si ispira a questo notissimo fatto di cronaca per raccontare la storia di Mandy, una giovane donna approdata a Londra da una provincia soffocante con il desiderio di riscattare un triste passato. La sua nuova vita fu invece orribilmente troncata in una lussuosa dimora del quartiere aristocratico di Belgravia dove lavorava come tata. Strani presagi, silenzi colpevoli, inquietanti indizi, segreti inconfessabili riemergono dal racconto dell’amica Rosemary, che ricostruisce una storia carica di tensione e per molti aspetti ancora oscura.
Recensione
“Non tutti sono capaci di uccidere, questa è un’idea fasulla. Tutti sono capaci di pensarci, naturalmente, e sono capaci di desiderarlo. Ma andare fino in fondo è un’altra cosa. È il crimine definitivo, un confine che in pochi attraversano” (Jill Dawson, “Il Talento del Crimine”)
Che cosa ha innescato il desiderio in Jill Dawson di riscrivere una pagina di cronaca nera, di scrivere un romanzo che ripercorre la vita – e soprattutto l’ultimo periodo di vita – di Sandra Eleanor Hensby (in seguito Rivett)?
Desiderio di una verità diversa rispetto a quella dichiarata all’epoca in cui sono avvenuti i fatti?
Lasciamo per il momento senza risposta questa domanda, anche se è un punto molto importante per il lettore che intraprende la lettura di questo romanzo, cui la Carbonio Editore nella traduzione ha dato un titolo diverso dall’originale e quanto mai – malinconicamente – aderente alla realtà. Forse ancora più in sintonia con la vicenda, rispetto al titolo originale che tradotto in italiano suonerebbe come “Il linguaggio degli uccelli”.
Che ha senso, ma che rimanda più all’amica della sfortunata protagonista, piuttosto che dare un’idea dell’assurdità di alcune morti violente. Alcune più di altre.
Altra domanda fondamentale in questa sorta di “libera” rivisitazione di fatti accaduti è sapere se quanto scritto della vita dei protagonisti, e per vita intendo le parti più nascoste, come il carattere o la vita matrimoniale del vero conte Lord Lucan e di sua moglie, oppure quanto raccontato da Sandra/Mandy e dalla sua amica tata ad esempio sull’infanzia, la loro famiglia o sul loro incontro nell’ospedale psichiatrico, siano parti fantasiosi scaturiti dalla sensibilità dell’autrice, che ha usato la sua immaginazione per dare forma completa e partecipata alle parti di vita sbandierate su giornali e televisione nel 1974, oppure basate anch’esse – tutte – su ricerche che hanno portato a recuperare dichiarazioni, interviste e quant’altro trovato all’epoca dei fatti. In poche parole: quanto è sensibile ricostruzione e quanto è realtà?
I fatti, appunto. E ancora una volta, come già accaduto nel passato, anche noi lettori siamo tentati di arrenderci alla curiosità della conoscenza della bella vita nella lussuosa Belgravia, piuttosto che della sola vita di questa ragazza ventinovenne che dalla campagna è approdata nei salotti lussuosi, ma forse parimenti problematici, di una sfavillante Londra dei mitici anni Settanta, anni di trasgressione, di libertà e di voglia di progresso a tutti i costi.
Due voci, quelle di Rosemary e di Mandy. Un unico tempo, il presente, perché per almeno una delle due amiche, tempo per il futuro non ce ne sarebbe mai stato e forse per questo aveva brillato più intensamente di una stella, nonostante i problemi familiari e dell’ambiente nel quale era cresciuta, che con la sfavillante capitale aveva poco da spartire.
Segreti, tanti, derivanti dall’infanzia per loro, scaturiti invece dall’ambiente in cui vivevano per Milord e Milady Lucan.
Ma in un modo o nell’altro, comunque ci siano arrivate (con un diploma come nanny l’una, su chiamata dell’amica l’altra), finalmente sono a Londra: giovani, indipendenti, con uno stipendio. E finalmente iniziano a vivere la propria vita.
E avrebbe potuto essere una vita qualsiasi, forse felice o forse anche no, ma non avrebbe avuto alcuna importanza per tutti gli altri. Solo per loro, solo per Rosemary e per Mandy avrebbe avuto una maledetta, vitale importanza.
E invece il destino nelle vesti di un omuncolo, ha decretato la fine di tutto, per entrambe, a quanto ci riporta Jill Dawson.
E mentre proseguiamo nella lettura del romanzo, noi lettori sappiamo benissimo come andrà a finire. Nessuna sorpresa, a differenza dei thrillers classici.
Abbiamo curiosato anzitempo in Internet per avere maggiori dettagli e goderci al meglio questo libro. Sappiamo benissimo che non ci sarà scampo per la giovane Mandy, che come tata si occupava dei figli di Milord… e forse un po’ anche della moglie divorziata. E nonostante tutto, speriamo ancora che l’autrice abbia deciso per una fine diversa, forse di far proseguire quell’amore che Mandy aveva appena conosciuto e che, insieme a lei, sentiamo che sarebbe stato l’unico e l’ultimo…
E mentre proseguiamo la lettura ci chiediamo come lo farà accadere, l’autrice?
Come ci farà arrivare all’incubo dell’Uomo Nero? Siamo immersi in una normalità tesa ed angosciante, ed all’improvviso mentre stiamo leggendo, siamo lì con lei, stiamo scendendo le scale per arrivare in cucina con Mandy. Per preparare un thè, mentre Milady sta guardando la televisione insieme al figlioletto. La luce non funziona e noi scendiamo a tentoni le scale insieme a Mandy. Con le décolleté blu che ticchettano gradino dopo gradino. L’aveva sentito anche lei quello strano rumore…?
A cosa stava pensando quella sera, dopo aver scambiato la serata libera per stare con il suo ragazzo?, trovandosi quindi inaspettatamente in casa la sera del giovedì? A cosa stava pensando?
E poi siamo insieme a Rosemary, nella casa poco distante dove anche lei è impiegata come tata, per Lady Jane. E negli istanti in cui la sua amica perde la vita, Rosemary fissando fuori dalla finestra “vede distintamente le scarpette blu scuro, vuote. Fu proprio quella la parola che le balenò in mente. E poi pensò: libera e spensierata”.
Dieci settimane. Tanto aveva lavorato questa ragazza per i conti Lucan, in una situazione familiare non semplice. Bersagliati da telefonate moleste, sorvegliati da detective privati ingaggiati dal conte stesso, separatosi dalla moglie.
E l’autrice, nella postfazione, risponde con la voce della zia di Sandra:
“ Tutta l’inchiesta si è concentrata sulla vita di Lord Lucan e la vita della povera Sandra è stata praticamente ignorata”.
Ed è stato come morire due volte.
E ancora ”E’ difficile raccontare la vita di una vittima sapendo che i suoi discendenti sono ancora in vita (lo stesso vale per la fam. Lucan) e c’e chi potrebbe ancora soffrirne”.
Ed è questa la risposta, l’unica che abbia un senso, alla nostra domanda iniziale, in questa tristissima storia accaduta nel 1974, di cui ringraziamo Jill Dawson per averla scritta e fatta rivivere in eterno e la Carbonio Editore per averla portata in Italia.
Perché, semplicemente, QUESTO ROMANZO E’ DEDICATO A SANDRA RIVETT, née HENSBY.
A cura di Marina Morassut
Jill Dawson
Jill Dawson è una poetessa e scrittrice inglese che è cresciuta a Durham, in Inghilterra. Iniziò a pubblicare le sue poesie in opuscoli e piccole riviste. Il suo primo libro, Trick of the Light, è stato pubblicato nel 1996. E’ considerata tra le voci più interessanti e acute dell’odierna letteratura inglese. Docente di scrittura creativa riconosciuta a livello internazionale, ha pubblicato dieci romanzi e curato diverse antologie di poesie e racconti. Le sue opere sono state tradotte in molte lingue. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui l’East Anglian Book Award per “Il talento del crimine”. “Un inutile delitto” è nella long-list del prestigioso Rathbones Folio prize 2020.
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